Se poi a questa diffidenza generale a richiedere il sussidio aggiungiamo anche coloro che dopo la presentazione dell’istanza intendono rinunciare al Reddito di Cittadinanza, ecco che la misura introdotta dal M5S rischia di accontentare solo pochi italiani. Infatti, dopo l’erogazione delle prime rate molti cittadini sono rimasti delusi circa l’esiguo importo riconosciuto agli stessi. La promozione in pompa magna della misura è finita per amplificare le aspettative, che purtroppo sono rimaste disattese. In alcuni casi, quindi, si preferisce rifiutare il Reddito di Cittadinanza perché – per pochi euro – il gioco non vale la candela, alla luce anche degli eccessivi vincoli burocratici e per paura dei successivi controlli.
A questo punto la domanda è: come posso fare per rinunciare al Reddito di Cittadinanza? Posso rifiutare il benefico se ho già ricevuto i soldi relativi al primo mese? Devo pagare qualcosa se decido di rifiutare il Reddito di Cittadinanza? Domande, queste, che preoccupano non pochi gli italiani. Ad oggi, però, non esiste ancora una procedura ben precisa che indichi come fare. Ma in attesa che l’INPS emani un documento di prassi in merito, vediamo cosa comporta la rinuncia del Reddito di Cittadinanza.
Rinuncia al Reddito di Cittadinanza: la procedura
Tra i potenziali rinunciatari del Reddito di Cittadinanza si stimano circa 100 mila richiedenti. Le motivazioni sono chiare: importi troppo bassi rispetto alle aspettative e controlli troppo serrati. Infatti, a seguito della presentazione della domanda, i beneficiari si sono visti caricare sulla RdC card somme esigue: basti pensare che 35 mila beneficiari ricevono importi mensili che variano tra i 40 ed i 50 euro. Importi, questi, ben lontani dai 780 euro mensili che molti italiani pensavano erroneamente di ricevere.
Ma come fare per rinunciare al Reddito di Cittadinanza?
Alla luce dell’amplia platea di beneficiari che vorrebbero tornare sui loro passi, l’INPS starebbe lavorando per predisporre la procedura di rinuncia al Reddito di Cittadinanza.
Attualmente, difatti, non esiste un iter ben preciso da seguire, ma con ogni probabilità la rinuncia non sarà gratuita. Si ipotizza che il rinunciatario sarà tenuto a restituire l’intero importo ricevuto e che la procedura di restituzione sarà gestita dagli stessi canali previsti per la presentazione della domanda, ossia:
- online, sul portale dedicato al Reddito di Cittadinanza, previo possesso di credenziali Spid;
- modalità cartacea, presentando il modello appositamente predisposto dall’INPS presso gli uffici postali;
- tramite funzionario di patronato o Caf.
Molto probabilmente la rinuncia comporta anche la restituzione della carta prepagata presso gli uffici di Poste italiane Spa, che provvederà a disabilitare la stessa al momento della richiesta di rinuncia.
Rinuncia al Reddito di Cittadinanza: controlli e sanzioni
Al di là di quella che potrebbe essere la procedura di restituzione del Reddito di Cittadinanza, vediamo quali potrebbero essere le varie cause che spingerebbero i potenziali beneficiari a rinunciare al beneficio economico.
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Partiamo dai controlli. Come anticipato, molti italiani tendono ad avere sempre più paura dei controlli. Paura, questa, alimentata anche dalle forze politiche di maggioranza per scongiurare casi di persone che ricevono soldi dallo Stato senza averne realmente diritto. Infatti, chiunque presenti dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere oppure ometta informazioni dovute è punito con la reclusione da due a sei anni. È prevista, invece, la reclusione da uno a tre anni nei casi in cui si ometta la comunicazione all’ente erogatore delle variazioni di reddito o patrimonio, nonché di altre informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio. In entrambi i casi, è prevista la decadenza dal beneficio con efficacia retroattiva e la restituzione di quanto indebitamente percepito.
Rinuncia al Reddito di Cittadinanza: accettazione Patto per il lavoro
Un’altra ragione che potrebbe spingere i beneficiari a rifiutare il RdC, riguarda l’obbligo imposto dai Centri per l’Impiego di firmare il cosiddetto Patto per il lavoro, ovvero il Patto per l’inclusione sociale (quando è difficile ricollocare il soggetto nel mercato del lavoro).
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Quindi, anche chi riceve – ad esempio – 50 euro al mese deve impegnarsi in un percorso di reinserimento che comporta l’espletamento di una serie di attività, tra cui la riqualificazione professionale, attività al servizio della comunità e altri impegni individuati dai soggetti competenti.
Inoltre, il beneficiario di RdC s’impegna ad accettare un’offerta congrua di lavoro, la quale è definita sulla base di tre principi:
- coerenza tra l’offerta di lavoro e le esperienze e competenze maturate;
- distanza del luogo di lavoro dal domicilio e tempi di trasferimento mediante mezzi di trasporto pubblico;
- durata dello stato di disoccupazione
In particolare, i requisiti da rispettare e che determinano la “congruità” dell’offerta di lavoro sono i seguenti:
- contratto a tempo indeterminato (o a termine o di somministrazione di almeno tre mesi);
- rapporto di lavoro a tempo pieno o con un orario non inferiore all’80% dell’ultimo contratto di lavoro;
- retribuzione non inferiore a 858 euro.
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Rinuncia al Reddito di Cittadinanza: importi bassi
Infine, ma non per importanza, la rinuncia del RdC è dettata senz’altro dal riconoscimento di importi troppo bassi. Come previsto dalla legge che istituisce il sussidio economico, l’importo va da un minimo di 480 euro fino ad un massimo di 9.360 euro annui. La variazione dell’importo dipende da diversi fattori, come ad esempio l’ISEE e dal numero dei componenti del nucleo familiare (cd. scala di equivalenza).
Si ricorda che la scala di equivalenza è uno strumento utile per moltiplicare sia il reddito massimo che l’importo del Reddito di Cittadinanza. La somma della scala di equivalenza deve essere moltiplicata per il reddito familiare, tenendo conto che:
- il richiedente vale 1,
- ogni familiare over 18 vale 0,4;
- ogni familiare under 18 vale 0,2.
Il tutto fino ad un massimo di 2,1.
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