Con tale termine s’intende indicare una copertura previdenziale “fittizia”, ossia non versata dal datore di lavoro o dal lavoratore, per l’intero arco temporale di interruzione o riduzione del rapporto di lavoro. Poiché il lavoratore si trova in una situazione “debole”, meritevole di tutela previdenziale, la legge prevede che questi ultimi non debbano essere penalizzati ai fini pensionistici, evitando in questo modo di allontanare la data di pensionamento. Ma come funzionano e a chi spettano i contributi figurativi INPS? Ecco delle brevi linee guida per orientarsi al meglio.
Contributi figurativi Inps: cosa sono?
Come appena accennato, è possibile definire i contributi figurativi come quei periodi che vengono accreditati gratuitamente dall’INPS – vale a dire senza esborso economico da parte del datore di lavoro o del lavoratore – nei confronti dei lavoratori sia del settore pubblico che privato in caso di particolari eventi che hanno determinato l’interruzione o la riduzione dell’attività lavorativa.
Altro non è che una forma di tutela previdenziale in favore dei lavoratori, e si realizza in caso ad esempio di malattia, infortunio, disoccupazione, cassa integrazione, malattia, invalidità, ecc.
Grazie al versamento dei contributi figurativi per detti periodi, l’assicurato non perde alcun periodo contributivo e mantiene una storia lavorativa, sotto il profilo contributivo, lineare e senza interruzioni. Ciò fa sì che l’interruzione forzata non inficia in alcun modo la prima data di decorrenza utile per il pensionamento.
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Infatti, i contributi figurativi hanno un duplice vantaggio, sono utili:
- sia ai fini del diritto;
- che della misura della pensione.
Non bisogna confondere i contributi figurativi, con quelli da riscatto o con i contributi volontari. Questi ultimi, si differenziano per un semplice motivo: l’onere da sostenere per l’accreditamento dei corrispondenti periodo.
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Contributi figurativi: accreditamento
Ma per l’accreditamento dei contributi figurativi, l’interessato deve presentare apposita domanda all’INPS oppure vengono riconosciuti in maniera automatica, ossia d’ufficio? La risposta è: dipende. Esistono periodi per i quali non serve presentare alcuna domanda e periodi dove bisogna attivarsi direttamente per vedersi riconosciuti tali periodi.
A titolo esemplificativo, i periodi per i quali vige il riconoscimento d’ufficio – in quanto discende da una specifica disposizione di legge – sono:
- la disoccupazione in costanza di rapporto di lavoro (CIGO, CIGS, CdS e Fondi bilaterali);
- la disoccupazione a sostegno del reddito (NASpI, DIS-COLL, indennità di mobilità ordinaria, disoccupazione edile, disoccupazione agricola);
- le misure di accompagnamento alla pensione (isopensione e assegno straordinario al reddito);
- le prestazioni di invalidità di natura previdenziale (assegno ordinario di invalidità e pensione di inabilità);
- i periodi di assistenza antitubercolare;
- la malattia dei lavoratori socialmente utili (LSU) e di pubblica utilità (LPU).
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Al contrario, è necessario presentare apposita domanda all’INPS – a titolo esemplificativo – per i seguenti periodi:
- servizio militare e periodi equiparati;
- congedo per maternità e paternità ed il congedo parentale;
- congedo straordinario per assistenza ai disabili;
- permessi mensili per assistenza ai disabili;
- assenze retribuite per assistere i portatori di handicap;
- riposi giornalieri per allattamento;
- aspettative per cariche pubbliche o sindacali;
- assenze per donazione di sangue o per donazione del midollo osseo.
Tali tipologie di accrediti contributivi hanno natura facoltativa, nel senso che spetta al lavoratore decidere se chiedere l’accredito o meno di tali eventi. Infatti, potrebbe capitare che il lavoratore subisca una riduzione del trattamento previdenziale in caso di riconoscimento di tali periodi. Per questo motivo è possibile escludere parte di tali periodi dall’estratto conto e non chiederne il riconoscimento ai fini previdenziali.
È chiaro che la facoltà di “rinuncia” vige esclusivamente per i contributi richiedibili a domanda, non essendo possibile “evitare” contributi figurativi riconosciuti d’ufficio.
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I limiti di accreditamento
Ma quanti contributi figurativi possono essere accreditati dall’INPS? La legge, in tali casi, non prevede alcun limite massimo; tuttavia, ai sensi dell’art. 15 del D.Lgs. n. 503/1992, per chi non ha neanche un contributo accreditato alla data del 31 dicembre 1992, ai soli fini della pensione anticipata, è possibile accreditare al massimo 5 anni di contributi figurativi.
Con riferimento, invece, ai limiti di utilizzo dei periodi di malattia, il riconoscimento d’ufficio è fissato in 96 settimane nella vita assicurativa.
Contributi figurativi: gestione di accreditamento
In presenza di contribuzione versata e/o accreditata in più gestioni pensionistiche (FPLD, Gestioni autonome, Fondi speciali, ecc.) ovvero in corrispondenza di periodi di occupazione in diversi settori di attività (lavoro agricolo, lavoro domestico, apprendistato, pescatore autonomo, ecc.), prima di procedere alla valorizzazione del periodo figurativo va individuata la gestione/categoria a cui attribuire l’evento, verificandone la relativa riconoscibilità sulla base della normativa di riferimento e l’esistenza del requisito amministrativo necessario a convalidare l’accredito.
Qualora l’accredito figurativo sia richiesto per eventi verificatisi fuori dal rapporto di lavoro e i requisiti per il relativo riconoscimento risultino perfezionati in più gestioni, l’accredito sarà subordinato alla scelta formalizzata dall’interessato. Qualunque sia l’ordinamento pensionistico in cui avviene l’accredito – il periodo riconosciuto figurativamente deve essere in ogni caso privo di altra copertura assicurativa, non solo nella gestione interessata ma anche in tutte le gestioni nelle quali il soggetto risulta titolare di contribuzione.
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