Infatti il maxiemendamento alla manovra finanziaria di ferragosto, presentato dal Governo ed approvato con la fiducia dal Senato, recita all’art. 35 sexies: “All’articolo 8, comma 5, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall’articolo 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio».
Quindi, nelle materie in cui il tentativo di mediazione è previsto come condizione di procedibilità dell’azione, la parte che non si dovesse presentare davanti al mediatore senza giustificato motivo, in sede di giudizio verrà “sanzionata” con il pagamento di una somma pari al contributo unificato.
Il testo della norma non lascia spazio al libero apprezzamento del giudice se non nella valutazione della sussistenza o meno di un giustificato motivo. Alcuni stanno sollevando il dubbio se la norma sarà estesa anche alle controversie su sinistri stradali e condominio, comprese nei casi di cui all’art. 5 del d.lgs. 28, ma la cui obbligatorietà è stata “sospesa” fino al marzo 2012. Credo onestamente che la ratio della norma vada intesa nel sollecitare la parte convenuta a presentarsi davanti al mediatore nel casi già obbligatori e che prevederla anche per i sinistri stradali e per le liti condominiali sia illogico.
L’introduzione di questa norma in aggiunta alla “obbligatorietà” di cui all’art. 5 del d.lgs. n. 28/2010, viola uno dei principi fondamentali della conciliazione e mediazione, cioè la volontarietà?
E’ ravvisabile una violazione dei principi costituzionali in riferimento al D.Lgs. 28/10?
Questi sono i principali dubbi che attualmente dividono i sostenitori ed i detrattori della mediazione civile.
A modesto parere di chi scrive il principio di volontarietà della mediazione è riferito all’accettazione o meno di un accordo con la controparte. Mi spiego meglio: il mediatore non è un giudice, non è un arbitro, non può avere poteri decisionali. Spetta alle parti trovare un accordo o rifiutarlo anche in maniera aprioristica. La norma impone alla parte solo la presenza in mediazione, non fosse altro che per certificare l’indisponibilità ad un accordo.
Discorso diverso riguarda la costituzionalità della norma, in particolare sotto due profili (sollevati anche dall’Ordinanza del Tar Lazio n. 3202/2011): l’eccesso di delega in riferimento alla legge n. 69/2009 (art. 72 Cost.) ed il principio di accesso alla giustizia (art. 24 Cost.).
Credo che l’aspetto che deciderà le sorti della mediazione sia più legato al primo punto. Infatti non credo che la mediazione, anche se prevista come condizione di procedibilità, contrasti con l’art. 24 della Costituzione, in quanto non impedisce l’accesso alla giustizia, ma introduce un passaggio “propedeutico” come già previsto in alcuni casi nel nostro ordinamento. Devo tuttavia segnalare la tesi di molti, secondo cui i costi della mediazione configurano un aggravio delle “spese giudiziarie” a cui, per altro, sono sottoposti in forma obbligatoria solo alcuni cittadini, in base alle materia della controversia.
Il dibattito proseguirà acceso… almeno fino a quando non giungerà la pronuncia della Corte Costituzionale!
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