Consulta qui lo speciale sul Jobs Act
Obiettivo del Governo, si legge nella bozza per la cui entrata in vigore manca sola la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, è “introdurre misure per la tutela della dignità dei lavoratori, delle imprese e dei professionisti”. Tre gli istituti toccati dalla riforma:
- Contratti a termine;
- Licenziamenti illegittimi;
- Somministrazione di lavoro.
Senza ombra di dubbio la normativa su cui più si concentrano gli interventi del decreto è quella del contratto a tempo determinato, disciplinato da ultimo dal Decreto legislativo n. 81/15 nell’ambito della più ampia riforma del cosiddetto “Jobs Act”. Rispetto alla precedente formulazione si stabilisce che il rapporto a termine possa essere attivato senza alcuna causale per un periodo non superiore a 12 mesi (contro gli attuali trentasei). Per oltrepassare il limite dei 12 mesi, il contratto a tempo determinato dev’essere giustificato da:
- Esigenze temporanee ed oggettive, estranee all’ordinaria attività del datore di lavoro o sostitutive;
- Esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria.
In ogni caso, il contratto a termine non potrà superare i 24 mesi, rispetto agli odierni 36.
Scende anche il numero di proroghe che passa da 5 a 4.
Le nuove disposizioni del Decreto dignità si applicheranno ai contratti stipulati successivamente all’entrata in vigore del decreto nonché ai rinnovi e alle proroghe dei contratti in corso alla predetta data. Aziende e responsabili del personale dovranno valutare attentamente le ragioni che giustificano il ricorso al tempo determinato, soprattutto in un’ottica di possibile contenzioso o semplicemente di verifiche da parte degli organismi di vigilanza.
Non solo, il neo contratto a termine comporterà maggiori oneri per le imprese. Il Decreto dignità prevede infatti un aumento dell’aliquota INPS già in vigore per i normali rapporti a tempo determinato (pari all’1,40% carico azienda destinata al finanziamento della NASPI) dello 0,5% per ciascun rinnovo, anche se trattasi di un contratto di somministrazione.
Il Decreto dignità interviene anche sui licenziamenti illegittimi. L’indennizzo fissato dal Dlgs. 23/2015 per i casi in cui non risulti accertato il giustificato motivo oggettivo, sino ad oggi previsto in misura comunque non inferiore alle quattro e non superiore alle ventiquattro mensilità aumenta fino a raggiungere un minimo di sei ed un massimo di trentasei mesi dell’ultima di retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR.
Altra disposizione che impatta sul mondo del lavoro è quella riguardante i contratti di somministrazione. Si rammenta che nella formulazione attualmente in vigore ad opera del Dlgs. 81/15, il rapporto a termine tra lavoratore somministrato ed agenzia è regolato dal contratto collettivo applicato da quest’ultima ad eccezione di pochi rinvii ai normali contratti a tempo determinato. Con il decreto dignità la situazione si capovolge. Eccezion fatta per le disposizioni riguardanti i limiti numerici (art. 23 Dlgs. 81/15) e il diritto di precedenza (art. 24 Dlgs. 81/15) l’intero rapporto tra agenzia e somministrato è regolato dalle stesse norme che disciplinano il contratto a tempo determinato.
Di conseguenza, si applicheranno anche al contratto somministratore – lavoratore le modifiche sulla durata massima (24 mesi anziché 36) e le proroghe (4 e non più 5) introdotte dal decreto per i normali tempi determinati.
Consulta anche “Decreto dignità: le novità sulle misure fiscali”
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