Cosa sono i coefficienti e perché ci saranno pensioni più basse?
Il coefficiente trasforma il montante previdenziale accumulato dal lavoratore in pensione. Di conseguenza, più tardi si smette di lavorare, più conviene. Per fare un esempio, l’anno prossimo una persona di 60 anni avrà un coefficiente pari al 4,532%, mentre per una persona di 67 anni si arriva al 5,604%. Perciò, su un montante pari a 100 mila euro, per il 60 enne genererà una quota di pensione contributiva di 348 euro lordi mensili, mentre per il 67 enne la quota sarà di 431 euro mensili. Si tratta di un meccanismo che riguarda solo la parte contributiva della pensione: per coloro che avevano 18 anni di contributi versati alla fine del 1995, la quota contributiva riguarda gli anni lavorati dal 2012. Invece, per tutti gli altri, si applica agli anni di contributi dal 1996 in avanti.
I coefficienti, come già accennato, sono una diretta conseguenza dell’aumento della speranza di vita e vengono aggiornati per fronteggiare l’effetto dell’incremento dei requisiti anagrafici per andare in pensione. Già nel 2019, la pensione di vecchiaia come conseguenza dell’aumento della speranza di vita, si potrà raggiungere a 67 anni (con coefficiente al 5,604%), mentre attualmente occorrerebbero 66 anni e 7 mesi (con coefficiente al 5,169%).
Ipotizzando che età e contributi accumulati non varino, nel 2019 a 67 anni si matureranno pensioni più basse rispetto ad oggi, poiché il coefficiente dal 5,7% passerà al 5,604%. A parità di montante contributivo, diminuirà l’assegno mensile lordo: su un montante di 200 mila euro, integralmente convertito con il sistema contributivo, si produrrà un assegno mensile di 862 euro invece di 876 euro. Inoltre, l’aumento dell’aspettativa di vita, ha condotto all’introduzione del coefficiente relativo ai 71 anni di età. Il periodo di pensionamento considerato, quindi, dal prossimo anno passerà da 57 ai 71 anni e non più ai 70 attuali. A 57 anni il coefficiente è pari a 4,2% e arrivando a 71 anni, sarà di 6,513%.
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