Una minore, figlia di genitori separati, diviene in concreto ‘’vittima’’ della madre collocataria. Quest’ultima arriva a suggestionare e spingere la figlia al rancore verso il padre; la bambina diviene, dunque, uno ‘strumento’’ della madre, idoneo per esternare la propria ostilità all’ex marito. Tale comportamento, nel suo complesso, provoca un concreto danno alla minore, considerato che da parte della donna, madre in primis ed ex coniuge in secundis, non vi è stata la minima disponibilità a condividere la genitorialità con il marito.
Pertanto, il giudice, una volta accertati e valutati i presupposti dell’alienazione genitoriale nel loro concreto, decide di affidare la minore al padre, con incontri settimanali regolati con la madre. Il giudice incaricato, per ovvie ragioni, dispone, in extrema ratio, la decisione più gravosa nei confronti del genitore affidatario; decisione che appare l’unica idonea a ‘’salvare’’ la bambina dall’avvenuta alienazione.
È un caso deciso di recente dal Tribunale di Matera.
Ma che cos’è l’alienazione genitoriale di cui tanto si parla?
Essa risulta essere ‘’una forma di abuso’’, identificata e descritta da molti come una vera e propria sindrome (cd. sindrome di Pas).
In questo disturbo, il genitore affidatario (cd. genitore alienatore) attiva un programma di denigrazione contro l’altro genitore (cd. genitore alienato).
Si tratta di una specie di ‘’lavaggio di cervello’’ nei confronti del figlio, che è così portato a perdere il contatto con la realtà degli affetti e ad esibire astio e dispetto ingiustificato e continuo verso l’altro genitore alienato.
In tale circostanze, viene costruita ‘’una realtà familiare meramente virtuale’’ di terrore e vessazione che genera, nei figli, profondi sentimenti di paura, diffidenza e odio verso il genitore non collocatario. Il tutto arriva, dunque, a distruggere il naturale legame tra figlio e genitore non affidatario (legame costituzionalmente garantito).
L’art. 9.3 della Convenzione Internazionale sui diritti dell’infanzia (New York, 20 novembre 1989) prevede espressamente che: ‘’gli Stati parti rispettano il diritto del fanciullo, separato da entrambi i genitori o da uno di essi, di intrattenere regolarmente rapporti personali e contatti diretti con entrambi i genitori, a meno che ciò non sia contrario all’interesse preminente del fanciullo’’.
La norma sovranazionale, appena richiamata, è stata trasposta nella normativa interna, L. 8 febbraio 2006 n. 54, segnatamente con lo statuire ‘’il diritto del figlio minore a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascun genitore’’.
In parole semplici, il minore ”non dev’essere privato del genitore non affidatario”! (ex art. 155 c.c.)
La normativa interna, nella sua ratio, tende ad attuare ”l’ottimale realizzazione dell’interesse dei figli con l’affido condiviso ad entrambi i genitori”; se tale affido risulti in qualche modo pregiudizievole, si andrà a disporre l’affidamento monogenitoriale od a soggetto diverso dai genitori.
In parallelo, la normativa europea indica espressamente che ”padre e madre debbono continuare ad esercitare l’attività parentale anche dopo la separazione, ciascuno avendo l’impegno di coltivare le relazioni personali del minore con l’altro coniuge”.
Il Tribunale di Matera si è espresso non disponendo l’affidamento condiviso, ma ripetendo quello monogenitoriale a carico/ favore dell’altro ex coniuge. Permanendo le difficoltà della minore di distaccarsi dalla madre, nonché l’assenza di collaborazione di costei al riavvicinamento della figlia con il ”genitore-bersaglio”, il Collegio è addivenuto alla decisione radicale di affidare il minore al padre, con l’ausilio del competente Servizio sociale.
La sentenza risulta peculiare soprattutto per ”l’accoglimento della domanda risarcitoria” proposta dal genitore non convivente, considerata la lesione dei diritti garantiti costituzionalmente.
La donna, madre collocataria, a dire del Tribunale, aveva infatti il dovere di intervenire attivamente, correggendo se dal caso eventuali errori e comportamenti sbagliati assunti in precedenza, nonostante il clima conflittuale derivante dalla separazione.
In conclusione, la giurisprudenza rileva espressamente che può aversi ”danno da lesione parentale” in conseguenza del mancato adempimento degli obblighi genitoriali.
Tale danno, derivando dal venir meno di un rapporto familiare ed affettivo, si sostanzia in una modificazione in peius della vita del soggetto, proiettata nel futuro, in quanto viene meno l’apporto, l’affetto, la cura e l’assistenza che sostengono l’individuo a ”realizzarsi nel suo complesso percorso esistenziale”.
Insomma, di fronte all’irresponsabilità, all’egoismo di numerosi genitori si auspica un incisivo intervento da parte del legislatore, per individuare ”le gravi inadempienze dei genitori (affidatari)”, così da garantire ai minori un’effettiva tutela, mediante l’esclusione dell’affidamento medesimo (ricorrendo al cd. ”cambio di affido”).
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