Secondo il giudice di ultima istanza, il superamento dei 10 mila euro annui, limite oltre il quale scatta la fattispecie penale, dev’essere verificato sulla base delle mensilità di scadenza dei versamenti contributivi: periodo 16 gennaio – 16 dicembre relativo alle retribuzioni corrisposte nel mese di dicembre dell’anno precedente e a novembre dell’anno in corso. Il criterio da adottarsi è perciò quello di cassa in cui si tiene conto del momento in cui le somme devono essere versate. Viceversa, adottando il criterio di competenza, si considera il periodo in cui le inadempienze sono sorte prescindendo dal termine di pagamento. In concreto, significa far riferimento alle mensilità di erogazione della retribuzione: considerare tutte le somme non versate dal 16 febbraio di un anno, perché relativo al mese di gennaio, sino al 16 gennaio dell’anno successivo perché afferente a dicembre.
La questione dibattuta in Cassazione è tutto fuorché irrilevante, considerando che dall’individuazione del criterio temporale (per cassa o competenza) derivano conseguenze diverse che determinano l’inclusione o meno di determinate mensilità dal computo necessario a stabilire il superamento dei 10 mila euro annui.
Come viene punito il reato di omesso versamento contributi
È utile ricordare che ex lege (Dlgs. 241/1997) i contributi devono essere versati entro il giorno 16 del mese successivo a quello cui si riferiscono. L’attuale formulazione dell’articolo 2 comma 1-bis del Decreto Legge 463/83 convertito in Legge 638/83 stabilisce che l’omesso versamento contributi Inps sulle retribuzioni dei dipendenti per un importo superiore a euro 10 mila annui è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 1.032. Viceversa, se l’importo è inferiore si applica la sanzione amministrativa da 10 mila a 50 mila euro. Inoltre, le disposizioni che sostituiscono le sanzioni penali con quelle amministrative si applicano anche alle condotte realizzatesi prima dell’entrata in vigore dell’ultimo intervento normativo ad opera del Dlgs. 8/2016 (6 febbraio 2016) a meno che non vi siano una sentenza o un decreto irrevocabili.
Prima del Dlgs. 8/2016 l’omesso versamento delle trattenute previdenziali era penalmente rilevante senza alcuna considerazione degli importi.
Considerando che la norma non specifica da quando iniziare a calcolare l’ammontare delle ritenute non versate, si è sviluppata negli anni una querelle giuridico – amministrativa. Da un lato l’INPS (con circolare n. 121/2016) e il Ministero del Lavoro (con le note n. 6995 del 6 aprile 2016 e n. 9099 del 3 maggio 2016) che interpretano il superamento dei 10 mila euro con riferimento alle scadenze relative all’anno civile (16 gennaio – 16 novembre) abbracciando il criterio di cassa. Di segno opposto le sentenze di Cassazione (in particolare la n. 22140 dell’11 gennaio 2017) e l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (nota n. 8376 del 25 settembre 2017) secondo cui la verifica va effettuata con il criterio della competenza contributiva, facendo riferimento al momento in cui le obbligazioni sono sorte, indipendentemente dalla scadenza: dalla mensilità di gennaio con scadenza 16 febbraio a quella di dicembre da versare entro il 16 gennaio dell’anno successivo.
La sentenza in parola delle Sezioni Unite, nel sottolineare che le disposizioni impartite da INPS, Ministero del Lavoro ed Ispettorato “hanno carattere assolutamente non vincolante” trattandosi di “atti interni con finalità di mero ausilio interpretativo”, risolve il contrasto sulla soglia di punibilità, partendo dal presupposto che se la condotta penalmente rilevante del mancato versamento sorge solo con lo spirare del termine fissato dalla legge (il giorno 16 del mese successivo), il calcolo deve necessariamente prendere in considerazione il periodo intercorrente tra la prima scadenza dell’anno (16 gennaio) e l’ultima (16 dicembre).
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento