Il Ministro Pier Carlo Padoan, durante la presentazione del Def, punta il dito contro lo stallo politico post-elettorale e le conseguenze che potrebbe suscitare: “L’eventuale protrarsi della fase di incertezza politica nel Paese è potenzialmente in grado di frenare in particolare la diffusa ripartenza degli investimenti”. Il Ministro dell’Economia, inoltre, evidenzia un altro punto critico: “il rischio più significativo per le previsioni di crescita arriva invece dai dazi posti dagli Stati Uniti” – e continua – “L’Italia è nelle condizioni per proseguire nell’irrobustimento strutturale della crescita, dell’aumento dell’occupazione, dell’inclusione sociale e nel rafforzamento delle finanze pubbliche e nella riduzione della pressione fiscale”. E a proposito del tanto discusso aumento dell’Iva, ammette davanti ai parlamentari: “Come già avvenuto negli anni scorsi il rialzo dell’Iva può essere evitato e il gettito atteso può essere sostituito da misure alternative mediante futuri interventi legislativi, per esempio con la Legge di Bilancio 2019”.
Anche il Presidente dell’Istat Giorgio Alleva, ha preso la parola davanti alle Commissioni speciali, asserendo che ad aprile si sono confermati “segnali di decelerazione, che prospettano uno scenario di minore intensità della crescita”. E si è mostrato particolarmente preoccupato in merito alla cosiddetta “guerra dei dazi”: “La dinamica più contenuta degli scambi internazionali influirebbe negativamente sulla crescita complessiva del sistema economico, determinando una diminuzione del Pil di 0,3 punti percentuali rispetto allo scenario base: le esportazioni registrerebbero un rallentamento significativo, diminuendo di 1,1 punti, le importazioni di 0,3 punti”.
Tutti i partiti si dicono concordi sulla necessità di disinnescare l’aumento dell’Iva al 24,2% e proprio su questo, il Vice Direttore generale di Bankitalia Luigi Signorini, ha voluto enunciare il suo punto di vista, mettendo in guardia chi sottovaluta il debito pubblico: “Per evitare gli aumenti Iva, bisogna trovare nuove entrate o ridurre la spesa. No a ricorso al deficit”, per poi ricordare che il debito pubblico italiano nell’eurozona è inferiore solo a quello greco.
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