La tassazione sui conti deposito

Redazione 22/03/18
Le analisi della Banca d’Italia sulla ricchezza delle famiglie italiane mostrano un’evidente preferenza delle famiglie italiane per strumenti di risparmio liquidi e di immediata comprensione.

In questo contesto, è comprensibile il grande interesse intorno al mondo dei conti deposito sui quali gli italiani stanno puntando una vera e propria fortuna che vale all’incirca 500 miliardi di euro.

In un mondo a tassi zero (soprattutto quelli dati dai conti correnti bancari) dove i rendimenti dei prodotti a capitale garantito e a tasso fisso sono ridotti al lumicino, l’imposizione fiscale pesa come un macigno negli estratti conto delle famiglie italiane.

I conti deposito, benché piuttosto semplici nel funzionamento, necessitano di una discreta conoscenza della normativa di settore se si vuole comprendere come agiscono le imposte alle quali sono soggetti.

La normativa di riferimento emanata dalla Agenzia delle Entrate è composta dalla circolare 48/E del 2012 e dalla 15/E del 2013. Questi documenti sono molto tecnici e risultano di difficile comprensione ai non addetti ai lavori. Inoltre, soprattutto l’applicazione dell’imposta di bollo nasconde una serie di caveat non banali.

Ma partiamo dall’inizio.

Gli interessi generati da un conto deposito sono soggetti ad una ritenuta fiscale del 26%.

Fin qui le cose sono semplici dicono: per calcolare gli interessi netti basterà moltiplicare gli interessi lordi per 1-26%.

Come anche analizzato dal team di BanksAbout.it , portale che fornisce informazioni chiare e dirette sull’offerta bancaria italiana, le cose diventano più complicate quando si tratta di applicare l’imposta di bollo.

Innanzitutto prima di indagare il “quanto” occorre tenere bene a mente il “quando”.

L’imposta di bollo viene calcolata al momento della rendicontazione del conto deposito. Imposta di bollo e rendicontazioni sono indissolubilmente legati. Alcuni conti deposito hanno rendicontazione annuale, il 31 dicembre. Altri conti deposito rendicontano trimestralmente, come i conti correnti ai quali sono appoggiati.

Il momento della rendicontazione è così importante perché l’imposta di bollo va pagata sulla base del valore del vincolo in questa data.

Se al momento della rendicontazione il conto deposito è attivo, l’imposta di bollo dovuta è pari allo 0,20% del nominale investito per la frazione di anno in cui è stata attiva.

Se al momento della rendicontazione il conto deposito è vuoto perché il vincolo è scaduto o è stato rimborsato anticipatamente, è dovuta l’imposta minima di 1 euro.

Il terzo aspetto che va considerato per comprendere come calcolare l’imposta di bollo è che, nel caso in cui nella data di rendicontazione il vincolo sia attivo, l’imposta di bollo verrà applicata tenendo in considerazione da quanto tempo il vincolo è attivo.

In altre parole, nel caso di un conto deposito con rendicontazione annuale al 31 dicembre, se alla fine dell’anno il vincolo è attivo da soli tre mesi (un quarto di anno) la banca dovrà applicare solo un quarto di imposta di bollo.

Compreso questo concetto, è facile capire perché rendicontazioni diverse, a parità delle caratteristiche del conto deposito, possono portare a valori di imposta di bollo sostanzialmente diversi.

In generale, vale il principio che tra due conti deposito con medesime caratteristiche (ammontare, data di emissione et) ma con due rendicontazioni diverse, quello con una rendicontazione meno frequente paga un ammontare di imposta di bollo minore dell’altro.

Basta pensare al caso di un vincolo di 10’000 euro a 6 mesi attivato il 1° gennaio. Se la rendicontazione è annuale al 31 dicembre, alla fine dell’anno, non essendo il vincolo attivo al momento della rendicontazione, si pagherà 1 euro di imposta minima.

Se invece la rendicontazione fosse trimestrale (31 marzo, 30 giugno, 30 settembre, 31 dicembre), al 31 marzo e al 30 giugno si pagherà un’imposta di bollo di 5 euro (=10’000€ (nominale) * 0,20% (aliquota) * ¼(frazione di anno)).

Redazione

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