In tale pronuncia, la Commissione ha precisato che le Linee Guida in questione costituiscono atto non regolamentare, mediante il quale l’ANAC chiarisce la portata applicativa e le ricadute organizzative degli adempimenti stabiliti dalla normativa di cui alla L. 190/2012 e al D.Lgs. 33/2013 (come novellato dal D.Lgs. 97/2016), a carico dei soggetti pubblici e privati sottoposti, al pari delle pubbliche amministrazioni, agli obblighi finalizzati a prevenire la corruzione e ad assicurare la trasparenza nell’azione amministrativa, rispetto ai quali l’ANAC ha una potestà di controllo. Come noto, tale potestà è desumibile sia da quanto previsto dall’art. 1, co. 2, lett. f), e co. 3, L.190/2012, sia dalla lettura sistematica delle norme di cui agli artt. 45, co. 1 e co. 4, 47 co. 3, e 48 del D.Lgs. 33/2013.
Nel suddetto parere, il Consiglio di Stato ha specificato che le Linee guida ANAC appaiano riconducibili al novero delle Linee guida non vincolanti, mediante le quali l’ANAC fornisce ai soggetti interessati, indicazioni sul corretto modo di adempiere agli obblighi previsti dalla normativa e sull’adempimento dei quali, ha poteri di vigilanza. Indicazioni che costituiranno parametro di valutazione per l’esercizio di tali poteri e l’adozione dei provvedimenti conseguenti.
Consequenzialmente, tali Linee Guida non sono immediatamente lesive, sopravvenendo l’eventuale lesività, solo all’esito del procedimento instaurato per l’adozione dei provvedimenti conseguenti.
Lo stesso Consiglio di Stato ha precisato, per la natura non vincolante delle stesse, che i destinatari ben possono discostarsi dalle Linee Guida mediante atti che contengano una adeguata e puntuale motivazione, anche a fini di trasparenza, idonea a dar conto delle ragioni della diversa scelta amministrativa.
Al di fuori di questa ipotesi, la violazione delle Linee Guida può essere considerata, in sede giurisdizionale, come elemento sintomatico dell’eccesso di potere, sulla falsariga dell’elaborazione che si è avuta con riguardo alla violazione delle circolari.
La formulazione delle Linee Guida ANAC assume finalità istruttiva, richiamando e non parafrasando i precetti normativi, al fine di evidenziare i precisi punti di essi che necessitano di una scelta interpretativa, secondo le soluzioni adottate.
Una tale lettura, peraltro è stata già esplicitamente affermata dal TAR Lazio stesso, in occasione della rimessione alla Corte Costituzionale della questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, co. 1-bis, D.Lgs. 33/2013, in riferimento ai titolari di incarichi dirigenziali. La Sezione Prima-quater del TAR capitolino, nella relativa ordinanza (n. 9828/2017 del 19.9.2017), ha preso in esame l’eccezione di inammissibilità di un ricorso, secondo cui i ricorrenti avrebbero dovuto provvedere alla previa impugnazione della delibera ANAC n. 241/17, di approvazione delle Linee guida attuative dell’art. 14 del d.lgs. 33/2013.
Il TAR Lazio ha avuto modo di chiarire già in quella occasione, che la favorevole
valutazione dell’eccezione non potrebbe che fondarsi sull’accertamento della natura
vincolante delle sopravvenute Linee guida ANAC n°241/2017. Solo in tal caso,
infatti, i ricorrenti avrebbero potuto ritenersi sforniti d’interesse alla coltivazione
dell’impugnazione degli atti impugnati, dal momento che, anche nel caso di annullamento degli stessi, gli obblighi troverebbero comunque fonte nelle Linee Guida, non fatte oggetto di impugnazione.
Tuttavia questo accertamento è escluso dal parere del Consiglio di Stato,
Commissione speciale, n. 1257 del 29 maggio 2017 sopra richiamato. In tale parere è stato chiaramente osservato come le Linee Guida in analisi costituiscano, atto di natura non regolamentare, che, nella misura in cui è volto a commentare la portata applicativa e le ricadute organizzative degli adempimenti stabiliti dalla normativa di cui trattasi (L. 190/2012 e D.Lgs. 33/2013, novellati dal D.Lgs. 97/2016), è per l’appunto riconducibile agli atti non vincolanti, che dunque possono essere “trasgrediti” mediante atti che contengano adeguata e puntuale argomentazione motivazionale, idonea a dar conto delle ragioni della “legittima”, diversa scelta amministrativa.
In assenza di adeguata parabola argomentativa, la violazione delle Linee
Guida può pertanto essere considerata, in sede giurisdizionale, come condizione indicativa di eccesso di potere, in perfetta analogia alla violazione delle circolari. Difatti, le circolari non hanno peso vincolante nella produzione di provvedimenti che ne fanno applicazione, dacché i soggetti destinatari non hanno alcun onere di impugnarle (ex plurimis, Consiglio di Stato, n°5506/2000 e n°720/1994).
In sostanza, che l’atto abbia portata generale non è presupposto per attribuirgli immediata lesività, esattamente come avviene per altri atti a diffusione generalizzata, quali le circolari, prive di carattere vincolante, che in quanto tali, non sono impugnabili.
Per altro verso, va anche scartata una lettura che possa qualificare di portata immediatamente precettiva le Linee Guida ANAC, dato che l’influenza diretta delle stesse è valutabile solo attraverso la relativa, concreta, applicazione ovvero attraverso la relativa, immotivata disapplicazione, le cui conseguenze sono previste dall’art. 47, co. 3, D.Lgs. 33/2013.
La circostanza stessa che l’ANAC abbia ritenuto di sospendere in autotutela l’applicazione del provvedimento nei confronti dei dirigenti, non ne attribuisce immediata precettività, ma risponde piuttosto a criteri di mera opportunità, discrezionalmente valutati dall’ANAC.
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