Dal centrosinistra al centrodestra, l’unico che sembra saldamente in sella per la premiership è Luigi Di Maio, che ha ottenuto l’investitura relativa delle primarie online lo scorso settembre, mentre negli altri schieramenti si brancola nel buio. O, forse, si lavora di tattica.
Già, perché se, come sembra dagli ultimi sondaggi per le Elezioni 2018 prima del blackout, dovesse emergere una situazione di stallo istituzionale, allora è assai probabile che possa diventare “papa” – leggasi “presidente del Consiglio” – una seconda linea, un personaggio di alto profilo, poco esposto a livello mediatico ma in grado di assumere il ruolo di garante in un esecutivo di larghe intese.
Ecco, dunque, che in un sol colpo sparirebbero dal campo i nomi degli attuali leader Salvini, Renzi e Berlusconi – il quale, ricordiamo, non è neppure candidabile – e ci ritroveremmo con una sfida aperta tra personalità quali l’attuale primo ministro Paolo Gentiloni, che pare l’unico in grado di rinvigorire il Pd in crisi di voti, oppure il presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani, supportato dal Cavaliere, o, ancora, un “uomo del fare” come l’uscente ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, che gode di simpatie trasversali.
Questi, al momento, sembrano i nomi più probabili in caso di una situazione di blocco in entrambi i rami del Parlamento. Quadro che fotografano con molta precisione i sondaggi per le Elezioni 2018, prima del silenzio.
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I sondaggi conclusivi delle Elezioni 2018
Ridda di percentuali su tg e quotidiani in questi ultimi giorni che hanno preceduto lo stop di legge alla divulgazione. Gli istituti demoscopici sono concordi: in vista delle Elezioni 2018 il centrodestra è in vantaggio, con Forza Italia e Lega che sommati valgono il 30%, più le briciole di Meloni & Co. La coalizione veleggia intorno al 38%, dieci punti sopra il centrosinistra, dove l’unica forza a superare il 3% sembra il Partito democratico – con qualche speranza per Emma Bonino – anche se Renzi pare doversi “accontentare” di un risultato tra il 22% e il 23%. Se così fosse, il risultato sarebbe quasi dimezzato dalle europee 2014.
Circa il MoVimento 5 Stelle, l’unica via per strappare l’incarico a Mattarella sarebbe un balzo al Nord che porti la creatura grillina alle percentuali riscontrate nelle regioni meridionali, dove arriva a superare addirittura il 38%. Su scala nazionale, infatti, i voti per Luigi Di Maio non dovrebbero andare oltre il 30%, troppo poco per governare da soli. Ma lo scandalo rimborsi e le ultime incertezze rendono assai improbabile questo scenario.
Liberi e Uguali, la formazione di sinistra nata dai vari movimenti e realtà fuoriusciti dal Pd, non ha problemi di quorum, ma rimane inchiodata alla soglia del 6% da ormai due mesi: segno di un elettorato impermeabile ai messaggi lanciati da Grasso e Boldrini, che hanno già radunato tutti i loro simpatizzanti attorno al nuovo simbolo.
E come finirà coi seggi per le Elezioni 2018
In base alla media di queste rilevazioni, pare che il centrodestra arriverà a poco meno di 300 seggi alla Camera, una ventina in meno della maggioranza, e 140 al Senato, con M5S di poco sopra i 180 a Montecitorio e 100 a palazzo Madama. Per il centrosinistra, i rappresentanti dovrebbero fermarsi sui 150 alla Camera e 70 al Senato.
Come si traduce tutto questo? In due soli modi possibili: ingovernabilità o “larghe intese”.
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