Sono così definitive le misure attraverso le quali si dipana il concorso degli enti locali al risanamento (articolo 20):
A) modifiche al patto di stabilità interno, dove calano i criteri di virtuosità ed un aumento della manovra;
B) novità in tema di esercizio associato di funzioni fondamentali per i piccoli comuni e
C) ulteriori disposizioni tese a rafforzare l’efficacia dei vincoli di finanza pubblica.
Nella fase di conversione del decreto, poi, sono stati cancellati, con un tratto di penna, gli ulteriori tagli delle risorse statali devolute (ex trasferimenti) previsti nel testo iniziale.
A) Patto di stabilità interno
Gli obiettivi del patto sono ridistribuiti fra gli enti locali del comparto sulla base di nuovi indicatori di «virtuosità».
La versione definitiva della griglia dei parametri chiamati a dividere il comparto in quattro classi, abbraccia nove aspetti:
1) il rispetto del patto di stabilità,
2) l’autonomia finanziaria,
3) il tasso di copertura dei servizi a domanda individuale,
4) l’effettiva partecipazione alla lotta all’evasione fiscale,
5) l’incidenza della spesa di personale sulla spesa corrente, in relazione al numero di dipendenti sulla popolazione, alle funzioni svolte anche attraverso esternalizzazioni, all’ampiezza del territorio (la valutazione del parametro tiene conto delle variazioni rispetto all’inizio del mandato),
6) l’equilibrio di parte corrente,
7) la capacità di riscossione delle entrate correnti,
8) la convergenza fra spesa storica e costi e fabbisogni standard,
9) Le dismissioni delle partecipazioni societarie.
Nel riscrivere i parametri ne sono stati mandati in soffitta alcuni previsti nella stesura iniziale del decreto, ma subito apparsi inadeguati a misurare la virtuosità: la spesa in conto capitale, la situazione finanziaria dell’ente, le anticipazioni di cassa, le auto di servizio e le sedi di rappresentanza in Italia e all’estero.
Nel testo finale sono annunciati anche ulteriori indicatori qualitativi e quantitativi degli output dei servizi resi, basati sulle migliori esperienze dal punto di vista del rapporto qualità-costi, e coefficienti di correzione per tener conto della dinamica del miglioramento realizzato nel corso di ogni mandato. Tutto ciò rende estremamente complicato ipotizzare come funzionerà in concreto la scala della virtuosità e alla singola amministrazione non resta che aspettare le elaborazioni ufficiali, per capire se avrà le pagelle migliori rispetto agli altri competitor del comparto.
Agli enti supervirtuosi sarà concesso un bonus di 200 milioni nel 2012 e l’esclusione dal contributo alla manovra dal 2013 (sia quella aggiuntiva che arriva ora, sia quella già decisa con il correttivo estivo dello scorso anno).
I premi concessi ai “primi della classe” saranno scaricati, però, sugli altri enti del comparto sui quali andrà a gravare tutto il peso della manovra. In effetti un altro tema del patto di stabilità è l’aumento della manovra, attraverso l’estensione, anche agli anni 2014 e successivi, delle misure di contenimento finanziario già previste per l’anno 2013 e, in aggiunta, la previsione di un ulteriore concorso di miglioramento dei saldi di 1 miliardo nel 2013 e di 2 miliardi a partire dal 2014 per il comparto dei comuni (per le province i nuovi sacrifici ammontano, rispettivamente, 400 e 800 milioni).
L’intervento sul patto di stabilità si declina poi su due direttrici, che puntano a rafforzare il ruolo di quello territoriale e le misure antielusive.
A decorrere dal prossimo anno, le modalità di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica delle regioni, delle province autonome, degli enti locali del territorio, degli enti e organismi strumentali o il cui funzionamento è posto a carico dei predetti enti, possono essere concordate tra lo Stato e le regioni (comprese le province autonome), previo accordo in sede di Cal (Consiglio delle autonomie locali) e, ove non istituito, con i rappresentanti dell’Anci e dell’Upi regionali.
Le regole del patto regionalizzato richiedono di rispettare i criteri europei nella individuazione delle entrate e delle spese da considerazione ai fini del saldo; la regione risponde del mancato raggiungimento dell’obiettivo, attraverso un maggiore concorso alla manovra nell’anno successivo, in misura pari all’importo sforato. Sono altresì confermate le sanzioni vigenti a carico degli enti inadempienti e il monitoraggio a livello centrale, nonché il termine perentorio del 31 ottobre per la comunicazione degli obiettivi “regionalizzati”.
Sarà un decreto del Ministro dell’Economia, d’intesa con la Conferenza unificata, entro il 30 novembre 2011, a definire le modalità di attuazione delle nuove regole e sulla eventuale esclusione (che prima era certa) delle regioni che in uno dei tre anni precedenti non abbiano rispettato il patto di stabilità interno o siano state sottoposte ai piani di rientro dai deficit sanitari.
Fra le misure antielusive debutta la sanzione pecuniaria a carico degli amministratori e del responsabile del servizio economico-finanziario, di ammontare pari fino a dieci volte l’indennità di carica, per i primi, e fino a tre volte la mensilità (al netto degli oneri), per i secondi. Essa sarà stabilita dalle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti nei casi in cui accertino che il rispetto del patto è stato raggiunto mediante imputazioni contabili “scorrette” o altre forme elusive; si pensi, ad esempio, alla contabilizzazione delle entrate e delle spese alle cosiddette partite di giro, anziché ai pertinenti capitoli di bilancio.
Una ulteriore disposizione sancisce la nullità dei contratti e degli atti elusivi delle regole del patto di stabilità interno, posti in essere a partire dal 6 luglio, data di entrata in vigore del decreto legge.
B) Piccoli comuni
Un capitolo importante è riservato ai comuni esclusi dal patto di stabilità, che saranno costretti ad esercitare le funzioni fondamentali in
forma associata in modo da raggiungere la soglia di 5mila abitanti o il quadruplo dei residenti nel comune più piccolo fra gli associati.
Il processo era scritto nella manovra estiva dello scorso anno (articolo 14, commi 26-30, del decreto legge n. 78/2010), ma era rimasto sulla carta per via della mancata approvazione del DPCM attuativo.
La manovra fissa le tappe obbligate per razionalizzare le risorse, per cui i comuni dovranno completare il percorso per due funzioni fondamentali entro il 31 dicembre 2011, per quattro funzioni entro il 2012, per arrivare a completare il tutto a fine 2013, quando saranno gestite in forma associata le sei funzioni fondamentali.
Si ricorda che le funzioni fondamentali individuate provvisoriamente nell’ambito della riforma federalista sono:
– amministrazione generale (per il 70% della spesa),
– polizia municipale,
– istruzione (compresi asili nido, refezione ed edilizia scolastica),
– viabilità e trasporti,
– gestione del territorio e dell’ambiente (eccetto l’edilizia residenziale pubblica e il servizio idrico integrato),
– settore sociale.
C) Disposizioni tese a rafforzare l’efficacia dei vincoli di finanza pubblica
Tre ulteriori disposizioni, infine, completano il quadro delle misure rivolte agli enti locali.
In materia di assunzioni di personale la manovra modifica le modalità di calcolo del rapporto relativo all’incidenza del personale sulla spesa corrente, che dovrà abbracciare anche le spese sostenute dalle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo (escluse le quotate), che abbiamo le seguenti caratteristiche:
– siano titolari di affidamento diretto di servizi pubblici locali senza gara;
– svolgano funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale né commerciale;
– svolgano attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica.
La seconda interessa gli effetti della soppressione dei trasferimenti statali operata con il federalismo fiscale, a seguito della quale le sanzioni riferite agli assegni statali sono attribuite anche alle “nuove” entrate del fondo sperimentale di riequilibrio; in caso di incapienza, gli enti locali sono tenuti a versare la differenza allo Stato.
Un ulteriore tema riguarda l’obbligo, previsto dalla manovra estiva dello scorso anno, di sciogliere (entro il 2013) le società comunali in perdita: è eliminata la norma che rinviava ad un decreto interministeriale l’attuazione del divieto di costituire società per i comuni sotto i 30 mila abitanti e il correlato vincolo di scioglimento, per cui l’obbligo ora ha effetto immediato.
Sempre in tema di partecipate, infine, l’articolo 8 introduce ulteriori “obblighi di trasparenza per le società a partecipazione pubblica”, per cui, entro tre mesi dall’entrata in vigore del decreto, tutti gli enti sono costretti a pubblicare sul proprio sito l’elenco delle società partecipate, anche indirette, indicando se negli ultimi tre anni hanno raggiunto il pareggio di bilancio.
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