Essere presente sui social network: scelta o obbligo per le P.A.?

Sono milioni in Italia gli utenti iscritti ai diversi social network e la Pubblica Amministrazione è chiamata a confrontarsi con le nuove dinamiche relazionali e partecipative proprie di tali strumenti. Nel nostro ordinamento non esistono obblighi di legge che impongano alle Pubbliche Amministrazioni di essere presenti sui social network.

Ciascun Ente è dunque libero di scegliere se ricorrere a tali piattaforme, il cui impiego però, come indicato nel Vademecum del 2011 “Pubblica amministrazione e social Media” (1), può rientrare indubbiamente tra le attività di informazione e comunicazione istituzionali di cui alla Legge n. 150/2000 e consente una più compiuta attuazione dell’art. 3 del D.Lgs. n. 82/2005, che prevede un vero e proprio diritto all’uso delle tecnologie, da parte di cittadini e imprese, nelle comunicazioni con i pubblici uffici.

I principali profili normativi da considerare

Nel caso in cui l’Ente dovesse scegliere di aderire ai social network, dovrà tenere nella giusta considerazione alcuni profili per assicurare correttezza e legittimità alla propria presenza su tali piattaforme e non rischiare di violare le vigenti normative.

Un primo aspetto da valutare è legato alla fase di iscrizione al social network di interesse.

Al pari di qualsiasi utente, infatti, anche l’Ente che scelga di essere presente su un determinato social network, deve accettare i termini del servizio che disciplinano il rapporto contrattuale tra il soggetto interessato ad aderire e utilizzare la piattaforma e il suo fornitore, per cui si rende necessaria un’attenta valutazione del loro contenuto.

In particolare, l’Amministrazione non potrà trascurare di esaminare con cura le politiche del social network in ordine ai contenuti pubblicati dagli utenti, alle modalità di trattamento dei dati degli iscritti, alle condotte consentite e ai comportamenti che potrebbero comportare la cancellazione dell’account.

Nella gestione della sua presenza sui social, l’Ente dovrà prestare attenzione, al pari di ogni utente, a non violare le regole imposte dal fornitore della piattaforma nei termini di servizio aderiti, ma dovrà anche operare nel rispetto della normativa.

Il riferimento è sia alle leggi che trovano applicazione tanto per i privati quanto per le Pubbliche Amministrazioni – così per la disciplina in materia di protezione dei dati personali (D.lgs. 196/03) o per la legge sul diritto d’autore (Legge 633/41) – sia alle normative che trovano applicazione solo per le P.A. – si pensi ad esempio al Codice della amministrazione digitale (D.lgs. 82/2005) e alle disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici (Legge 4/04).

Proprio per evitare le conseguenze negative che potrebbero derivare dalla violazione delle diverse normative applicabili e, più in generale, le criticità legate ad una gestione superficiale dei canali social, l’Ente deve definire, attraverso una social media policy interna, le regole di comportamento dei dipendenti.

In tale documento andranno sicuramente definite le modalità di gestione dell’account social dell’Amministrazione da parte del personale incaricato (indicando, ad esempio, le tipologie di contenuti da poter pubblicare e il tipo di licenza, le procedure interne di approvazione dei post o dei messaggi, le politiche in termini di condivisione di contenuti diffusi da altri utenti …), ma andranno anche indicate le regole che dovranno essere seguite dal dipendente dell’Ente che utilizza i social network con un account personale per i propri interessi (precisando, ad esempio, che il personale, potendo essere identificato come dipendente della P.A., dovrà  astenersi dal parlare di problemi di lavoro o di tematiche che attengono la propria Amministrazione).

Inoltre, così come suggerito nel Vademecum del 2011 già citato, al fine di prevenire possibili contenziosi, è opportuno che l’Ente predisponga e renda pubblico un apposito documento (social media policy esterna), rivolta agli utenti iscritti al social che interagiscono con l’Amministrazione, in cui illustrare in modo chiaro alcuni aspetti, quali: l’Ente o ufficio che gestisce lo spazio, le finalità perseguite dalla P.A. sul social network, il tipo di contenuti che sono pubblicati, i comportamenti consentiti, gli argomenti accettati e la modalità di gestione dei commenti non coerenti con i temi trattati (off topic e spam) o che adottano un linguaggio inappropriato, l’informativa privacy, i contatti dell’Ente (come, per esempio, posta elettronica, numeri di telefono o indirizzo del sito internet istituzionale).

Gli account social delle PA non sostituiscono i siti istituzionali

Infine occorre rilevare che la presenza sui social network delle P.A. non può essere in nessun modo considerata sostitutiva del sito istituzionale dell’Ente, principale front office dell’Amministrazione e insostituibile strumento di trasparenza.

L’Ente deve garantire la comunicazione e il dialogo anche a coloro che scelgono di non iscriversi ai social network e per tale motivo, anche nel caso in cui dovesse scegliere di creare una pagina o un account social, dovrà comunque continuare a mantenere e aggiornare il sito istituzionale perché, in caso contrario, si determinerebbe una disparità di trattamento ingiustificata tra i cittadini, oltre che una violazione del principio della neutralità tecnologica sotteso all’intero impianto normativo in materia di digitalizzazione della PA (cfr. Vademecum del 2011 già citato).

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(1) Il Vademecum è stato realizzato nell’ambito delle attività finalizzate alla elaborazione delle Linee guida per i siti web delle Pubbliche Amministrazioni previste dalla Direttiva n. 8/2009 del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione ed è disponibile al seguente link

Roberta Rapicavoli

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