Dopo il passaggio lampo in Commissione Affari Costituzionali, infatti, è pronto al primo esame a Montecitorio il testo della nuova norma che dovrà regolare l’elezione dei parlamentari alle prossime politiche, in base all’accordo stipulato tra Partito democratico, Forza Italia e MoVimento 5 Stelle.
Di questo passo, è molto probabile che la data di nuove elezioni si stia avvicinando a grandi passi: nei corridoi romani, si vocifera già per domenica 24 settembre, o per una delle settimane immediatamente successive, come possibile ritorno alle urne.
Al momento, però, c’è una nuova legge elettorale da portare a casa e non è detto che tutto fili liscio, malgrado l’abbondante maggioranza che si appresta a dare il proprio assenso, con i tre principali partiti rappresentati sugli emicicli delle due Camere.
Già in una settimana, del resto, la natura di questa legge è cambiata due volte: prima, si è partiti dal cosiddetto “Rosatellum” – dal nome del primo firmatario Ettore Rosato – per passare poi al modello tedesco modificato, finendo, proprio ieri, con l’uscita dalla commissione di un testo ulteriormente rivisitato, frutto di vari subemendamenti che hanno ridefinito alcune caratteristiche del sistema precedentemente ipotizzato.
Cosa è cambiato nella legge elettorale
Rispetto al testo del maxiemendamento presentato qualche giorno fa da Emanuele Fiano – e approvato anch’esso ieri nella seduta conclusiva dell’esame preventivo – è avvenuta una sensibile riduzione dei collegi uninominali, che passano da 303 a 225. In aggiunta, viene cancellata la possibilità di ripresentare la propria candidatura in più listini e, soprattutto, saltano definitivamente i capilista bloccati, al fine di garantire l’elezione a coloro che si siano aggiudicati la competizione nell’uninominale.
Dunque, l’impianto generale della legge non cambia, con l’assegnazione dei seggi su base proporzionale rispetto ai voti ottenuti, ma si introduce il principio secondo cui il seggio viene assegnato anzitutto al vincitore della competizione diretta, e solo in seguito, in base alle percentuali, si passerà eventualmente ai nomi del listino bloccato.
Niente preferenze, però: un vulnus che potrebbe costare caro, dal momento che la Corte costituzionale si era pronunciata esplicitamente su questo punto, bocciando il Porcellum. Stessa musica per il voto disgiunto, il cuore del sistema tedesco, che nel caso italiano verrà comunque accantonato.
Intoccabile, invece, la soglia di sbarramento al 5%, una sfida ormai accettata anche dai partiti cosiddetti “minori”, che però potrebbero far sentire la propria voce in aula mettendo in difficoltà l’iter del provvedimento elettorale.
Da ultimo, è stato eliminato l’obbligo di raccolta firme per le candidature nei collegi: rimane la necessità delle sottoscrizioni solo per la lista. I partiti, in aggiunta, dovranno indicare il “capo della forza politica”, in sostanza il candidato premier.
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