La variabile “compenso” non può e non deve influenzare il lavoro dell’organo di revisione degli enti locali. I consigli comunali, però, da quando è stato loro sottratto il potere di scegliere i componenti dell’organo di revisione hanno iniziato a volere intervenire sul compenso.
Lascia perplessi il fatto che la voglia di risparmiare sul compenso dei revisori è scattata dal momento in cui i professionisti sono scelti per sorteggio.
L’art. 241 del D.Lgs. n. 267 del 18 agosto 2000 sancisce che la retribuzione stabilita con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro Economia e Finanza, è quella massima per ogni membro dell’organo di revisione e, pertanto, è soggetta a possibile ribasso.
I consiglieri comunali hanno, quindi, avanzato proposte di riduzioni percentuali dei compensi o di inserire clausole di onnicomprensività della retribuzione con l’esclusione del rimborso delle spese di viaggio.
Alcuni enti hanno previsto, addirittura, la gestione in forma associata dell’organo di revisione con una sorta di pago uno ma ne controlli due (o tre).
Il potere d’intervento non è, però, così esteso come alcuni consiglieri pensavano.
A porre degli argini al consiglio comunale in questa materia è stata la sezione di controllo della Corte dei conti della Lombardia (deliberazione n. 103/2017/QMIG).
Secondo i magistrati contabili, il compenso di ciascun componente dell’organo di revisione oltre ad avere un limite massimo ne ha anche uno minimo, di sotto al quale non è possibile scendere, per evitare di svilire la funzione di controllo e compromettere l’autonomia dei revisori sorteggiati.
A maggior ragione se il compenso fosse deciso, come pure avviene, dopo avere conosciuto i nominativi dei componenti estratti per fare parte dell’organo di revisione.
Secondo la sezione di controllo della Corte dei Conti, se prima era logico fissare un limite massimo per evitare che ai prescelti dalla politica fosse concessa una retribuzione troppo elevata, adesso non si può pensare di punire coloro che la sorte destina alla revisione dei conti del comune, stabilendo un compenso molto basso.
La misura del compenso dev’essere, comunque, sempre adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione, anche alla luce di quanto previsto dall’art. 2233, comma 2, del codice civile (sezione regionale di controllo della Corte dei Conti per la Liguria, deliberazione n. 95/2016/PAR).
Occorre, quindi, che la legge fissi, oltre al limite massimo, anche un limite minimo, in vece dell’attuale lacuna normativa.
Secondo la Corte dei Conti della Lombardia, però, il margine minimo può già essere riconosciuto nel limite massimo del compenso determinato per la fascia demografica appena inferiore della griglia definita dal DM 20 maggio 2005.
Questo per evitare il paradosso di revisori nominati in un comune di maggiori dimensioni, quindi chiamati ad una maggiore responsabilità in fase di controllo, che percepiscono un compenso più basso di quello stabilito per comuni rientranti in fasce demografiche inferiori.
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