Nel 1995 il Tribunale di Milano ideò il “sistema a punto variabile”.
Cosa è il risarcimento del danno non patrimoniale?
Di cosa si trattava? Era un sistema in cui il risarcimento complessivo del danno alla salute si otteneva moltiplicando il grado di invalidità permanente per un somma di denaro, che esprimeva il valore del singolo “punto” di invalidità. Si trattava di un valore che aumentava con l’aumentare del grado di invalidità. Ed aumentava in progressione geometrica, sicché ad invalidità doppie corrispondevano risarcimenti più che doppi.
Fu un successo: per la praticità, la prevedibilità, la flessibilità, tale sistema venne adottato ben presto da molti altri Tribunali: primo fra tutti quello di Roma, che nel 1996 adottò puramente e semplicemente le tabelle milanesi.
Ma nel 1997 il Tribunale di Milano ritenne che quelle stesse tabelle da esso predisposte non fossero “soddisfacenti”, e ne ritoccò incisivamente i valori.
Il Tribunale di Roma però non si adeguò al cambiamento e disse no: spiegando in numerose sentenze che i criteri di liquidazione del danno devono servire a prevenire le liti, e per prevenire le liti devono essere prevedibili. Giocoforza se ogni anno si cambia il valore del punto, ben difficilmente creditore e debitore troveranno l’accordo stragiudiziale.
Iniziò così la “frattura” tra il criterio “romano” e quello “milanese”, che ben presto dilagò in tutta Italia: ritennero infatti di dotarsi di proprie tabelle per la liquidazione del danno alla persona, i tribunali di Ancona, Cagliari, Firenze, Genova, Napoli, Palermo.
In Veneto si diffusero le “Tabelle del Triveneto”, adottate solo da Padova e Vicenza, perché Verona e Venezia avevano proprie tabelle.
Insomma…un caos tutto italiano!
Le cose cambiano verso la fine degli anni Novanta.
Molti Tribunali si allineano a Milano. Resiste solo Roma come il villaggio di Asterix!
Nel 2001, arriva la Corte di cassazione che mise un po’ di ordine e stabilì che la liquidazione del danno biologico non poteva ritenersi “equitativa”, ex art. 1226 c.c., senza le tabelle milanesi. Non perché siano le più perfette, precisò la Cassazione, ma perché un criterio uniforme alla fine bisogna pur sempre stabilirlo, ed il criterio più equo è sempre quello più diffuso (Cass. civ. sez. III, 07/06/2011, n. 12408, in Corr. giur., 2011, 1075). E la Corte non giustifica tale operazione ritenendo la corrispondenza di quegli indici prescelti (tra i molti) al concetto di “equità generale” che pur si prodiga nel qualificare giuridicamente e ontologicamente. Fonda viceversa la propria scelta sul riconoscimento di una “prassi” giurisprudenziale ormai consolidata, così come dimostrato dal fatto che oltre sessanta uffici giudiziari, variamente distribuiti sul territorio della Repubblica e pertanto rappresentativi delle diversità economiche e sociali dei diversi contesti territoriali, già farebbero uso delle tabelle milanesi.
L’inusitata dirompenza con cui la pronuncia perviene a tale conclusione è la chiara dimostrazione di un vero e proprio potere disciplinare suppletivo del mancato esercizio del potere legislativo in materia .
La Corte di cassazione con sentenza del 28 febbraio 2017, n. 5013 conferma che anche per il danno non patrimoniale da lesione del rapporto parentale valida risposta alla difficoltà di dare concretezza alla nozione di liquidazione equitativa come adeguatezza e proporzione al caso concreto e, al contempo, trattamento uguale di casi uguali, deve ravvisarsi nell’adozione del sistema delle tabelle elaborate dal Tribunale di Milano.
Tale ricorso deve giustificarsi per il costante utilizzo nella metodologia degli operatori e nella stratificazione giurisprudenziale, quale strumento recante i parametri maggiormente idonei a consentire di tradurre il concetto dell’equità valutativa, e quindi a consentire l‘attuazione della clausola generale dell’art. 1226 cod. civ., ed evitare (o quanto meno attenuare) il pericolo di ingiustificate disparità di trattamento profilabili in termini di violazione del principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 della Costituzione.
E adesso?
L’Assemblea della Camera ha avviato il 13 marzo 2017 la trattazione del ddl n. 1063-A in tema di determinazione e risarcimento del danno non patrimoniale.
Ecco cosa prevede il nuovo d.d.l.:
- inserimento come allegato alle disposizioni di attuazione del codice civile di due tabelle che dovranno essere utilizzate dai giudici come parametri per la liquidazione, con valutazione equitativa, del danno non patrimoniale derivante dalla lesione temporanea o permanente dell’integrità psico-fisica e di quello derivante dalla perdita del rapporto di tipo familiare (tabelle elaborate dall’Osservatorio della Giustizia civile di Milano).
In sede di esame in Commissione si è aggiunto un richiamo alle parti dell’unione civile;
- si consente al giudice di aumentare il risarcimento fino al 50% della misura prevista dalle tabelle, in considerazione delle condizioni soggettive del danneggiato;
- le nuove disposizioni potranno essere applicate ai procedimenti in corso all’entrata in vigore della legge, qualora il risarcimento non sia stato ancora determinato in via transattiva oppure non sia già stato liquidato dal giudice con sentenza, anche non definitiva;
- i valori di liquidazione del danno stabiliti dalle tabelle dovranno essere aggiornati ogni anno, in misura corrispondente alle variazioni degli indici ISTAT dei prezzi al consumo;
- rimane ferma la vigente disciplina contenuta nel Codice delle assicurazioni private, che, in merito all’assicurazione obbligatoria per gli autoveicoli a motore e i natanti, rimette a regolamenti governativi la determinazione di una tabella unica nazionale per la quantificazione del danno biologico per lesioni di non lieve entità e per lesioni di lieve entità.
di Valeria Cianciolo
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