Si aggiunge quindi la riforma del titolo V, la ridefinizione delle competenze regionali e la sorte delle autonomie locali che saranno oggetto di una successiva trattazione.
LA COMPOSIZIONE DEL NUOVO SENATO
Il nuovo art. 57 della Costituzione prevede:
- “Il Senato della Repubblica è composto da novantacinque senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali e da cinque senatori che possono essere nominati dal Presidente della Repubblica.
- I Consigli regionali e i Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano eleggono, con metodo proporzionale, i senatori tra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno, tra i sindaci dei Comuni dei rispettivi territori.
- Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a due; ciascuna delle Province autonome di Trento e di Bolzano ne ha due.
- La ripartizione dei seggi tra le Regioni si effettua, previa applicazione delle disposizioni del precedente comma, in proporzione alla loro popolazione, quale risulta dall’ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.
- La durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti, in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi, secondo le modalità stabilite dalla legge di cui al sesto comma.
- Con legge approvata da entrambe le Camere sono regolate le modalità di attribuzione dei seggi e di elezione dei membri del Senato della Repubblica tra i consiglieri e i sindaci, nonché quelle per la loro sostituzione, in caso di cessazione dalla carica elettiva regionale o locale. I seggi sono attribuiti in ragione dei voti espressi e della composizione di ciascun Consiglio”.
ALCUNE CERTEZZE (poche)
Nella composizione del nuovo Senato, la quota certa è quella di 95 componenti indicati dalle Regioni: 21 sindaci, uno per ogni Consiglio Regionale (19) e Provinciale (2), e 74 Consiglieri Regionali, scelti da ciascuna Regione in relazione alla popolazione residente, con un minimo di due per Regione.
L’elezione popolare diretta dei Senatori è dunque sostituita con l’elezione degli stessi da parte dei Consigli Regionali e dei Consigli Provinciali di Trento e di Bolzano.
Ciascun Consiglio Regionale (nonché i Consigli Provinciali di Trento e di Bolzano) sceglie un componente fra i Sindaci dei rispettivi territori.
Sono così ventuno i Senatori Sindaci.
Gli altri settantaquattro Senatori sono Consiglieri Regionali (e provinciali autonomi). Infatti essi sono scelti dai Consigli al proprio interno.
Nessuna Regione può avere meno di due Senatori.
La Provincia autonoma di Trento e la Provincia autonoma di Bolzano hanno ciascuna due Senatori. La ripartizione dei rimanenti seggi tra le Regioni si effettua in proporzione alla loro popolazione, quale risulta dall’ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.
Ne consegue una ripartizione non equa rispetto alla rappresentanza della popolazione.
Con riferimento ai dati del censimento della popolazione del 2011, ne deriverebbe, solo per fare qualche esempio, che la Regione Veneto eleggerebbe sette Senatori (sei Consiglieri Regionali ed un Sindaco) pari ad un senatore ogni 693.887 abitanti, mentre la Provincia di Bolzano eleggerebbe due Senatori (un Consigliere Provinciale ed un Sindaco) pari ad un Senatore ogni 252.322 abitanti oppure la Regione Valle d’Aosta eleggerebbe due Senatori (un Consigliere Regionale ed un Sindaco) pari ad un Senatore ogni 63.403 abitanti, con una rappresentanza di oltre dieci volte più elevata rispetto al Veneto, o la Basilicata con un Senatore ogni 289.018 abitanti.
MODALITA’ DI ELEZIONE
Sulle modalità di elezione /nomina dei senatori non vi è alcuna chiarezza.
Il secondo comma si limita a precisare che i Consigli Regionali eleggono tra i propri componenti, con metodo proporzionale, i Senatori.
Le modalità di elezione sono rinviate ad una legge approvata da entrambe le Camere con la precisazione che “i seggi sono attribuiti in ragione dei voti espressi e della composizione di ciascun Consiglio”.
Fino all’approvazione della legge, che dovrà regolare le modalità di elezione dei Senatori e che dovrebbe essere promulgata entro sei mesi dalla data di svolgimento delle elezioni della Camera dei deputati, secondo quanto previsto dalle disposizioni transitorie, la prima costituzione del Senato della Repubblica ha luogo entro dieci giorni dalla data della prima riunione della Camera dei deputati successiva alle elezioni svolte dopo la data di entrata in vigore della riforma costituzionale.
In prima applicazione, per l’elezione del Senato della Repubblica, nei Consigli Regionali e della Provincia autonoma di Trento, ogni Consigliere può votare per una sola lista di candidati, formata da Consiglieri e da Sindaci dei rispettivi territori e i seggi sono attribuiti con il sistema proporzionale secondo il metodo d’Hondt.
Per la lista che ha ottenuto il maggior numero di voti, può essere esercitata l’opzione per l’elezione del Sindaco o, in alternativa, di un Consigliere, nell’ambito dei seggi spettanti. In caso di cessazione di un Senatore dalla carica di Consigliere o di Sindaco, è proclamato eletto rispettivamente il Consigliere o Sindaco primo tra i non eletti della stessa lista.
I Senatori a vita in carica alla data di entrata in vigore della riforma costituzionale permangono nella stessa carica, ad ogni effetto, quali membri del Senato della Repubblica.
LIMITE DI ETA’
Non è più previsto alcun limite di età. Quindi è sufficiente aver compiuto il diciottesimo anno di età per essere eletto Senatore.
Con la Costituzione vigente occorre avere compiuto il quarantesimo anno di età.
Per la Camera dei Deputati occorre avere compiuto il venticinquesimo anno di età.
CRITICITA’
La formulazione del nuovo art. 57, per molti aspetti, risulta di difficile comprensione, frutto delle modifiche intervenute nel corso del dibattito parlamentare, non chiaramente definite nella ratio e nel coordinamento complessivo del testo.
Lo stesso articolo afferma:
- I Senatori sono eletti dai Consigli Regionali, tra i propri componenti, con metodo proporzionale (oltre ai Sindaci, uno per Regione);
- La ripartizione dei seggi tra le Regioni si effettua in proporzione alla loro popolazione (fermo restando che nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a due; ciascuna delle Province autonome di Trento e di Bolzano ne ha due);
- I seggi sono attribuiti in ragione dei voti espressi e della composizione di ciascun Consiglio;
- La durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti, in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi.
Se i Senatori sono eletti con metodo proporzionale (secondo comma), cosa si intende con la previsione che i “seggi sono attribuito in ragione dei voti espressi (da chi? dai cittadini elettori o dai Consiglieri Regionali?) e della composizione di ciascun Consiglio (sesto comma)”?
In gran parte delle Regioni vige un sistema elettorale con premio di maggioranza; pertanto, se si tiene conto della composizione del Consiglio, i seggi non possono essere rappresentazione dei voti espressi dai cittadini in misura proporzionale.
In questo contesto, ancora più criptica appare la previsione del quinto comma allorché precisa che la durata del mandato dei Senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti, “in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi”.
Posto che gli elettori non hanno alcuna possibilità di scelta rispetto alla durata degli organi territoriali (Sindaci e Consigli Regionali), fissata dalla legge, bisognerebbe comprendere in cosa consista la conformità con le scelte espresse dagli elettori per i candidati Consiglieri in occasione del rinnovo degli organi.
Esclusa ogni possibile connessione con l’elezione dei Sindaci – la norma parla di Consiglieri -, cosa possono esprimere gli elettori, in occasione del rinnovo dei Consigli Regionali, in ordine alla durata del mandato dei Senatori?
Se l’intento del legislatore costituente possa essere quello di valorizzare la volontà dei cittadini elettori anche nella scelta dei Senatori, allora non si comprende perché tale inciso sia stato inserito nel comma che tratta della durata del mandato e non in quello che si occupa dell’elezione dei Senatori.
Come formulata, la norma costituzionale appare incomprensibile e inapplicabile.
Altrettanto nebulosa appare le previsione del nuovo art. 63 allorché precisa che “Il regolamento stabilisce in quali casi l’elezione o la nomina alle cariche negli organi del Senato della Repubblica possono essere limitate in ragione dell’esercizio di funzioni di governo regionali o locali”.
In cosa consiste questa possibile limitazione? Non tutti i Senatori avranno le medesime prerogative? Non tutti possono assumere la carica di Presidente del Senato?
DURATA DEL SENATO
Non è prevista alcuna durata del mandato del Senato né è prevista l’ipotesi di scioglimento dello stesso da parte del Presidente della Repubblica.
L’art. 57, quinto comma, prevede infatti che la durata del mandato dei Senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti.
Pertanto, i singoli Consiglieri Regionali, eletti Senatori, decadono dalla carica di Senatore alla scadenza del mandato del Consiglio Regionale dal quale sono stati eletti.
Fino all’approvazione della legge che dovrà disciplinare le elezioni del Senato, i Consigli Regionali sono convocati in collegio elettorale entro tre giorni dal loro insediamento.
Potrebbe verificarsi un periodo, anche lungo, coincidente con le scadenze elettorali regionali, nel quale il Senato potrebbe trovarsi in una condizione di non completa costituzione, con possibile paralisi dell’attività legislativa per le materie di competenza.
Inoltre, la formulazione, ancora una volta poco felice, pone dei dubbi sulla durata del mandato di Senatore attribuito ai Sindaci eletti dai Consigli Regionali.
La norma costituzionale prevede che la durata del mandato dei Senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti. Pertanto, poiché il Sindaco è eletto Senatore dal Consiglio Regionale, sulla base di tale formulazione, manterrebbe tale carica anche dopo la decadenza dalla carica di Sindaco.
La norma costituzionale, infatti, non fa coincidere la durata del mandato con quella della carica ricoperta dal Senatore eletto ma con la durata del mandato degli organi territoriali – Consigli Regionali e Provinciali – dai quali i Senatori sono stati eletti.
E se un Consigliere Regionale si dimette dal Consiglio resterebbe Senatore?
Anche in questo caso la formulazione del testo non è chiara.
Per essere eletti Senatori, occorre che i Consiglieri Regionali siano in carica – “I Consigli Regionali e i eleggono (…) i Senatori tra i propri componenti”. Nulla dice la norma in caso di cessazione dalla carica, limitandosi a collegare la durata del mandato di Senatore con quella dell’organo dal quale è stato eletto.
Sembra fare maggiore chiarezza il nuovo art. 66 allorché precisa che: “Il Senato della Repubblica prende atto della cessazione dalla carica elettiva regionale o locale e della conseguente decadenza da Senatore”, facendo così presumere la decadenza del singolo Senatore – sia esso Consigliere Regionale o Sindaco – con la cessazione dalla carica elettiva.
Tuttavia un maggiore coordinamento tra le due norme sarebbe stato certamente auspicabile ed avrebbe evitato questioni interpretative.
VINCOLO DI MANDATO
Altra evidente contraddittorietà del nuovo testo costituzionale.
Il nuovo art. 55 proclama: “Il Senato della Repubblica rappresenta le istituzioni territoriali”.
Ma il nuovo art. 67 precisa: “I membri del Parlamento esercitano le loro funzioni senza vincolo di mandato”.
Quindi anche i Senatori.
Delle due l’una: se i Senatori devono rappresentare le istituzioni territoriali da cui sono stati eletti, devono agire con vincolo di mandato; l’assenza di vincolo di mandato, sin dal dibattito in assemblea costituente, è stato sempre collegato al principio secondo il quale il Parlamentare rappresenta la Nazione e sottrarlo alla rappresentanza di interessi particolari significa che esso non rappresenta il suo partito o la sua categoria, ma la Nazione nel suo insieme.
Se il singolo Senatore non ha alcun vincolo, non si vede come il Senato possa configurarsi come Camera delle Autonomie o come vengono rappresentati gli interessi delle istituzioni territoriali.
Ne consegue altresì che – anche laddove si ritenesse che il sistema di elezione dei Senatori, in concreto prescelto, produca un’elezione indiretta o di secondo grado basata su uno specifico rapporto tra maggioranza (o minoranza) del Consiglio Regionale ed eletto – non vi sia revocabilità dell’incarico ove venga meno il rapporto di rappresentatività fra il Senatore-Consigliere Regionale e la parte consiliare che lo ha espresso.
SENATORI DI DIRITTO E A VITA – SENATORI NOMINATI DAL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
I Senatori a vita, in carica alla data di entrata in vigore della riforma costituzionale, permangono nella stessa carica, ad ogni effetto, quali membri del Senato della Repubblica.
Il Presidente della Repubblica può inoltre nominare Senatori cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario. Tali Senatori durano in carica sette anni e non possono essere nuovamente nominati.
Fermo restando il principio che sono Senatori di diritto e a vita gli ex Presidenti della Repubblica, i Senatori nominati dal Presidente della Repubblica non possono eccedere, in ogni caso, il numero complessivo di cinque, tenuto conto della permanenza in carica dei Senatori a vita già nominati alla data di entrata in vigore della riforma costituzionale.
Lo stato e le prerogative dei senatori di diritto e a vita restano regolati secondo le disposizioni già vigenti alla data di entrata in vigore della riforma costituzionale.
Questo significa che gli attuali Senatori di diritto (ex Presidenti della Repubblica, oggi soltanto Napolitano) e gli attuali Senatori a vita (Mario Monti, Elena Cattaneo, Renzo Piano e Carlo Rubbia) mantengono tutte le attuali prerogative, comprese le indennità (non più previste per i nuovi Senatori).
Va rilevato altresì che il numero dei Senatori nominati rappresenta una percentuale molto più rilevante rispetto all’attuale situazione, raggiungendo (e potendo superare con i Senatori di diritto) il 5% dell’assemblea, mentre oggi rappresentano soltanto l’1,86%.
IMMUNITA’
Non viene modificato l’attuale art. 68 della Costituzione. Pertanto anche i nuovi Senatori godranno della cosiddetta immunità parlamentare.
Quando l’autorità inquirente ha intenzione di applicare un provvedimento di restrizione per motivi cautelari della libertà personale di un Senatore, sia esso Sindaco o Consigliere Regionale o nominato dal Presidente della Repubblica (perquisizioni, intercettazioni delle comunicazione o arresto), è necessaria l’autorizzazione a procedere da parte del Senato.
OBBLIGO DI SVOLGERE IL MANDATO
Il nuovo art. 64 prevede che “I membri del Parlamento hanno il dovere di partecipare alle sedute dell’Assemblea e ai lavori delle Commissioni”.
I Senatori – Sindaci e Consiglieri Regionali – hanno dunque il dovere costituzionale di partecipare a tutti i lavori di aula e di commissione.
Come quest’obbligo possa conciliarsi con le incombenze derivanti dal mandato elettivo ricoperto è difficile da definire.
Malgrado quanto diffusamente divulgato sul ruolo limitato del nuovo Senato, basta considerare le innumerevoli prerogative ad esso attribuite dall’art. 70 per essere ampiamente smentiti.
Appare evidente che il nuovo Senato, con una composizione lontana da qualunque effettiva rappresentanza democratica e con la molto probabile incapacità di esercitare effettivamente i poteri attribuitigli, esalta i limiti e le incongruenze della riforma.
BREVI CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Dalle breve analisi che precede, risultano molti aspetti non chiari.
Nessuno sa come saranno scelti, dopo la prima fase transitoria, i nuovi Senatori.
Non esiste una legge elettorale per il nuovo Senato né il Governo si è mai espresso chiaramente sulle modalità che intende proporre.
Non si comprende in che modo il nuovo Senato e i singoli Senatori possano rappresentare le istituzioni territoriali.
Non si ravvisa con quali modalità possa essere garantita la coerenza tra la composizione del Senato e le scelte espresse dagli elettori.
Non si vede come possa ragionevolmente essere assicurata la piena funzionalità del nuovo Senato in rapporto alle esigenze di governo territoriale dei suoi componenti.
Non è garantito alcun serio principio di rappresentatività, nemmeno territoriale, e si fa fatica a comprendere perché fra una Regione e l’altra vi sia sproporzione, anche di oltre dieci volte, nella rappresentanza, anche semplicemente per numero di abitanti.
Non si comprende secondo quale modalità i Consigli Regionali possano individuare un Sindaco del territorio regionale a rappresentare in Senato il territorio. Tale Sindaco sarà portatore di quali istanze? Quale legittimazione ha il Consiglio Regionale per scegliere un Sindaco che dovrebbe rappresentare le istanze di tutti gli altri Sindaci della Regione (pur senza vincolo di mandato)? Non prevarranno forse le appartenenze politico-partitiche o le maggioranze dei Consigli Regionali che possono certamente non corrispondere con quelle delle autonomie locali?
Secondo quale principio di rappresentanza il Consiglio Regionale del Piemonte sceglie un Sindaco tra i 1.202 Comuni del proprio territorio o il Consiglio Regionale della Lombardia tra i 1.527 Sindaci lombardi?
Forse, anche senza ricorrere ad una consultazione di tutti i Sindaci che eleggano il loro rappresentante, poteva farsi riferimento ai Consigli delle Autonomie Locali per la designazione del Sindaco-Senatore, previsti dall’art. 123 della Costituzione.
Il nuovo assetto costituzionale risulta il frutto di una riforma mal ponderata e poco coordinata in molte sue parti, con il rischio di vanificare gli aspetti positivi che pure la stessa contiene, esaltando invece contraddizioni e criticità che peggioreranno, e non poco, il funzionamento delle nostre Istituzioni oltre a contrastare, per molti versi, i principi di sovranità popolare e di rappresentanza democratica.
L’esame della riforma del titolo V, che sarà oggetto del prossimo intervento, certificherà ulteriormente la sempre più evidente cesura tra i principi cardine della prima parte della Costituzione e l’ordinamento della Repubblica come definito dalla riscrittura della seconda parte.
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