Autorizzazione paesaggistica, semplificazione che va e semplificazione che viene

Redazione 01/09/14
Tra i tanti decreti-legge emanati negli ultimi quattro anni con la finalità di semplificare le procedure per interventi edilizi, a volte con modifiche a norme poco prima modificate, dobbiamo includere anche quelli che hanno interessato l’autorizzazione paesaggistica disciplinata dall’art. 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.LGS. 22 gennaio 2004 n. 42) [1]. Ci illustra tutte le modifiche intervenute Valeria Tarroni, Responsabile del Servizio Edilizia Privata e Ambiente del Comune di Imola.

L’ultimo intervento all’art. 146 del Codice, all’incipit della semplificazione amministrativa e velocizzazione dei tempi di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, è contenuto all’art. 25, comma 3, del Decreto-Legge 12 settembre 2014, n. 133 meglio noto come Sblocca Italia, che segue di pochi mesi le modifiche contenute nell’art. 12, comma 1, del Decreto-Legge 31 maggio 2014, n. 83, recante “Disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo” convertito con modifiche dalla Legge 29 luglio 2014, n. 106, la quale ha cassato una modifica che ora viene esattamente riproposta, come si dirà in seguito.

Le ripetute modifiche riguardano il comma 4 che tratta dell’efficacia e validità dell’autorizzazione paesaggistica (nel solo ultimo anno è stato modificato tre volte, contando solo la versione finale cioè quella convertita in legge) ed il comma 9 relativo alla modalità di conclusione del procedimento nel caso in cui il soprintendente non esprima il proprio parere e decorrano inutilmente sessanta giorni (la modifica del decreto in vigore dal 13 settembre è riproposta per la terza volta).

Il comma 4 dell’art. 146 del Codice conta le seguenti modifiche:

Prima modifica: il D.L. n. 69 del 21 giugno 2013, c.d. “decreto del fare”, con l’art. 39, comma 1, aggiungeva al comma 4 dell’art. 146 il seguente ultimo periodo “Qualora i lavori siano iniziati nel quinquennio, l’autorizzazione si considera efficace per tutta la durata degli stessi e, comunque, per un periodo non superiore a dodici mesi”. Con la legge di conversione n. 98 del 9 agosto 2013 il periodo veniva modificato e stabiliva che “Qualora i lavori siano iniziati nel quinquennio, l’autorizzazione si considera efficace per tutta la durata degli stessi”.

Seconda modifica: a distanza di due mesi dalla predetta legge del 9 agosto 2013, la durata dell’autorizzazione paesaggistica veniva nuovamente modificata dalla Legge n. 112 del 7 ottobre 2013 “c.d. Valore Cultura” che all’art. 3-quater e dunque la durata dell’autorizzazione è di cinque anni dal suo rilascio, con un anno di ulteriore validità per i lavori iniziati entro il quinquennio.
Ridimensionata la validità dell’autorizzazione, si tornava alla versione del c.d. “decreto del fare”, prima della sua conversione con modifiche in legge.

Terza modifica: il Decreto-Legge 31 maggio 2014, n. 83 c.d. “Art Bonus” convertito in Legge 29 luglio 2014, n. 106, con l’art. 12, comma 1, lett. a), ha modificato di nuovo il comma 4 dell’art. 146 del Codice con l’aggiunta di un ultimo periodo che fa decorrere il termine di efficacia dell’autorizzazione paesaggistica dal giorno in cui acquista efficacia il titolo edilizio eventualmente necessario per realizzare l’intervento, a meno che il ritardo in ordine al rilascio e alla conseguente efficacia di quest’ultimo non sia dipeso da circostanze imputabili all’interessato.
La semplificazione di questa terza modifica sta nell’aver collegato il termine dal quale inizia a decorrere la validità dell’autorizzazione con il termine in cui acquista efficacia il titolo edilizio, evitando così che l’autorizzazione consumi parte della sua validità quando manca ancora il titolo edilizio necessario a dare avvio all’intervento e che inoltre venga a scadenza quando il titolo edilizio è ancora valido.
Quali poi possano essere le circostanze imputabili al privato che hanno originato ritardo nel rilascio del titolo, andranno valutate caso per caso stante che la legge non reca indicazioni.

Ad oggi dunque la validità dell’autorizzazione paesaggistica ordinaria è di cinque anni che decorrono dal giorno in cui è efficace il titolo edilizio eventualmente necessario per effettuare l’intervento. I lavori iniziati nel quinquennio di validità dell’autorizzazione possono essere conclusi entro, e non oltre, l’anno successivo la scadenza del quinquennio medesimo.

Al comma 9 dell’art. 146 del Codice sono state apportate le seguenti modiche:

Prima modifica: il D.L. n. 69 del 2013 art. 39, comma 3, disponeva la sostituzione dei primi tre periodi del comma 9, con il seguente: “Decorso inutilmente il termine di cui al primo periodo del comma 8 senza che il soprintendente abbia reso il prescritto parere, l’amministrazione competente provvede sulla domanda di autorizzazione”. La modifica è stata cancellata dalla legge di conversione n. 98 del 2013.

Seconda modifica: il D.L. n. 83 del 2014 art. 12, comma 1, lett. b), lettera poi cassata dalla Legge n. 106 del 2014 di conversione, riproponeva l’identica formulazione della prima modifica.

Terza modifica: il D.L. 133 del 12 settembre, all’art. 25 comma 3, ripropone per la terza volta, la stessa identica modifica al comma 9.
La tormentata modifica è volta a rendere più certo e più celere il rilascio dell’autorizzazione, attraverso l’eliminazione dal comma 9 dell’art. 146 della facoltà per l’Amministrazione competente [2] di convocare la Conferenza di servizi in caso di mancato rilascio del parere da parte del Soprintendente nei termini a lui assegnati, e dispone che decorsi 60 giorni dal ricevimento degli atti da parte del Soprintendente, l’Amministrazione ha l’obbligo di provvedere sulla domanda di autorizzazione

Il comma 9 del Codice ha generato dubbi applicativi e rimesso la parola più volte alla giurisprudenza che non si è pronunciata in maniera univoca.
Il Decreto-Legge oggi in vigore e che dovrà essere convertito in legge entro l’11 novembre, non ha comunque sciolto i dubbi generati dalla formulazione vigente fino al 12 settembre vigente.
Il punto è così sintetizzabile: in mancanza del parere del Soprintendente, l’Amministrazione competente decorsi sessanta giorni deve comunque decidere sull’istanza, ma, stante che tale parere è qualificato dalla legge come obbligatorio e vincolante [3], quale effetto va attribuito al silenzio del Soprintendente e quale valenza deve avere l’eventuale parere tardivo? Due sono gli orientamenti.

Parte della giurisprudenza sostiene che anche superato il termine il potere del Soprintendente continua a sussistere in quanto la perentorietà del termine è riferita esclusivamente all’obbligo in capo all’Amministrazione competente di portare a conclusione il procedimento [4]. Si tratterebbe dell’obbligo stabilito dall’art. 2, comma 1, della legge n. 241 del 1990 ed il procedimento dovrebbe concludersi con l’assunzione di un provvedimento di dichiarazione di improcedibilità motivato sul mancato rilascio del parere vincolante. L’interessato avrebbe così modo d’impugnare l’atto al fine di ottenere una pronuncia dichiarativa dell’obbligo di provvedere, con richiesta di risarcimento dei danni causati dall’illegittimo silenzio-inadempimento dell’organo statale.
Altra giurisprudenza sostiene invece che decorso il termine il parere del Soprintendente viene ad essere degradato da vincolante a non più vincolante e perde la sua valenza obbligatoria. L’Amministrazione competente deve, scaduto il termine, procedere con il rilascio oppure con il diniego dell’autorizzazione prescindendo dallo stesso [5]. Le valutazioni espresse nel parere emesso tardivamente non possono essere le uniche motivazioni a fondamento di un eventuale provvedimento di diniego.
Giocando sulle parole si può dire che la certezza del procedimento ancora certa non è.

Il procedimento di riesame

Una ulteriore novità è il procedimento di riesame [6] ammesso per tutti i pareri, nulla osta o atti di assenso comunque denominati espressi dagli organi periferici del Ministero beni e attività culturali e che trova applicazione quindi anche per il procedimento di autorizzazione paesaggistica. La finalità della norma è quella di controllare a livello centrale gli atti adottati dalle Soprintendenze, nell’intento di ridurre i ricorsi amministrativi.
Il riesame è affidato ad apposite Commissioni di garanzia composte esclusivamente da personale appartenente ai ruoli del Ministero e può avvenire d’ufficio o su o su richiesta di una delle amministrazioni pubbliche coinvolte nel procedimento nell’ambito del quale è stato espresso il parere. Fino alla costituzione delle Commissioni il potere è attribuito ai comitati regionali di coordinamento di cui all’art. 19 D.P.R. 233/2007 [7].
L’atto contestualmente alla sua adozione deve essere trasmesso alla Commissione la quale ha dieci giorni di tempo dalla ricezione per attivarsi in proprio per il riesame. L’Amministrazione interessata invece ha tempo tre giorni dalla ricezione del parere per presentare richiesta di riesame alla Commissione la quale deve pronunciarsi entro dieci giorni dal ricevimento della richiesta. Un termine perentorio di soli tre giorni, giustificato evidentemente dalla necessità di contenere i tempi di un ulteriore esame, nella pratica renderà assai difficile il ricorso a questo strumento.
Decorso inutilmente il termine perentorio fissato per il riesame l’atto risulterà confermato. Quali siano i poteri attribuiti alla Commissione nei confronti dell’organo periferico in caso di rilievi, di intervento sostitutivo o di mero invito, dalla norma non si evince.

L’autorizzazione paesaggistica semplificata

Da ultimo un cenno all’autorizzazione paesaggistica semplificata disciplinata da un proprio regolamento, il D.P.R. 9 luglio 2010, n. 139.
L’art. 4, comma 11, stabilisce che l’autorizzazione paesaggistica semplificata è immediatamente efficace ed è valida cinque anni. L’efficacia dell’autorizzazione paesaggistica ordinaria a seguito delle recenti modifiche sopra illustrate, decorre da quella del titolo edilizio per effettuare l’intervento. Sarebbe bene che efficacia e durata dell’autorizzazione semplificata fosse uniformata a quella ordinaria.
Il regolamento risulta già in fase di modifiche [8] e dovrebbe essere emanato entro il prossimo primo dicembre (ma il termine non perentorio). Le modifiche dovranno ampliare e precisare gli interventi di lieve entità, individuare tipologie di intervento di modesta entità per le quali l’autorizzazione non è richiesta o che possono essere regolate con accordi di collaborazione tra Ministero, Regione ed enti locali.


[1] Art. 146. Autorizzazione

1. I proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico, tutelati dalla legge, a termini dell’articolo 142, o in base alla legge, a termini degli articoli 136, 143, comma 1, lettera d), e 157, non possono distruggerli, né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione.

2. I soggetti di cui al comma 1 hanno l’obbligo di presentare alle amministrazioni competenti il progetto degli interventi che intendano intraprendere, corredato della prescritta documentazione, ed astenersi dall’avviare i lavori fino a quando non ne abbiano ottenuta l’autorizzazione.

3. La documentazione a corredo del progetto è preordinata alla verifica della compatibilità fra interesse paesaggistico tutelato ed intervento progettato. Essa è individuata, su proposta del Ministro, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, e può essere aggiornata o integrata con il medesimo procedimento.

4. L’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio. Fuori dai casi di cui all’articolo 167, commi 4 e 5, l’autorizzazione non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi. L’autorizzazione è efficace per un periodo di cinque anni, scaduto il quale l’esecuzione dei progettati lavori deve essere sottoposta a nuova autorizzazione. I lavori iniziati nel corso del quinquennio di efficacia dell’autorizzazione possono essere conclusi entro, e non oltre, l’anno successivo la scadenza del quinquennio medesimo. Il termine di efficacia dell’autorizzazione decorre dal giorno in cui acquista efficacia il titolo edilizio eventualmente necessario per la realizzazione dell’intervento, a meno che il ritardo in ordine al rilascio e alla conseguente efficacia di quest’ultimo non sia dipeso da circostanze imputabili all’interessato. (comma modificato dall’art. 4, comma 16, legge n. 106 del 2011, poi dall’art. 39, comma 1, lettera b), legge n. 98 del 2013, poi dall’art. 3-quater, comma 1, legge n. 112 del 2013, poi modificato dall’art. 12, comma 1, lettera a), legge n. 106 del 2014)

5. Sull’istanza di autorizzazione paesaggistica si pronuncia la regione, dopo avere acquisito il parere vincolante del soprintendente in relazione agli interventi da eseguirsi su immobili ed aree sottoposti a tutela dalla legge o in base alla legge, ai sensi del comma 1, salvo quanto disposto all’articolo 143, commi 4 e 5. Il parere del Soprintendente, all’esito dell’approvazione delle prescrizioni d’uso dei beni paesaggistici tutelati, predisposte ai sensi degli articoli 140, comma 2, 141, comma 1, 141-bis e 143, comma 1, lettere b), c) e d), nonché della positiva verifica da parte del Ministero su richiesta della regione interessata dell’avvenuto adeguamento degli strumenti urbanistici, assume natura obbligatoria non vincolante ed è reso nel rispetto delle previsioni e delle prescrizioni del piano paesaggistico, entro il termine di quarantacinque giorni dalla ricezione degli atti, decorsi i quali l’amministrazione competente provvede sulla domanda di autorizzazione. (comma modificato dall’art. 4, comma 16, legge n. 106 del 2011, poi così modificato dall’art. 39, comma 1, lettera b), legge n. 98 del 2013)

6. La regione esercita la funzione autorizzatoria in materia di paesaggio avvalendosi di propri uffici dotati di adeguate competenze tecnico-scientifiche e idonee risorse strumentali. Può tuttavia delegarne l’esercizio, per i rispettivi territori, a province, a forme associative e di cooperazione fra enti locali come definite dalle vigenti disposizioni sull’ordinamento degli enti locali, agli enti parco, ovvero a comuni, purché gli enti destinatari della delega dispongano di strutture in grado di assicurare un adeguato livello di competenze tecnico-scientifiche nonché di garantire la differenziazione tra attività di tutela paesaggistica ed esercizio di funzioni amministrative in materia urbanistico-edilizia. (comma così modificato dall’art. 4, comma 16, legge n. 106 del 2011)

7. L’amministrazione competente al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, ricevuta l’istanza dell’interessato, verifica se ricorrono i presupposti per l’applicazione dell’articolo 149, comma 1, alla stregua dei criteri fissati ai sensi degli articoli 140, comma 2, 141, comma 1, 141-bis e 143, comma 1 lettere b), c) e d). Qualora detti presupposti non ricorrano, l’amministrazione verifica se l’istanza stessa sia corredata della documentazione di cui al comma 3, provvedendo, ove necessario, a richiedere le opportune integrazioni e a svolgere gli accertamenti del caso. Entro quaranta giorni dalla ricezione dell’istanza, l’amministrazione effettua gli accertamenti circa la conformità dell’intervento proposto con le prescrizioni contenute nei provvedimenti di dichiarazione di interesse pubblico e nei piani paesaggistici e trasmette al soprintendente la documentazione presentata dall’interessato, accompagnandola con una relazione tecnica illustrativa nonché con una proposta di provvedimento, e dà comunicazione all’interessato dell’inizio del procedimento e dell’avvenuta trasmissione degli atti al soprintendente, ai sensi delle vigenti disposizioni di legge in materia di procedimento amministrativo. (comma così modificato dall’art. 4, comma 16, legge n. 106 del 2011)

8. Il soprintendente rende il parere di cui al comma 5, limitatamente alla compatibilità paesaggistica del progettato intervento nel suo complesso ed alla conformità dello stesso alle disposizioni contenute nel piano paesaggistico ovvero alla specifica disciplina di cui all’articolo 140, comma 2, entro il termine di quarantacinque giorni dalla ricezione degli atti. Il soprintendente, in caso di parere negativo, comunica agli interessati il preavviso di provvedimento negativo ai sensi dell’articolo 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241. Entro venti giorni dalla ricezione del parere, l’amministrazione provvede in conformità. (comma così modificato dall’art. 4, comma 16, legge n. 106 del 2011)

9. Decorso inutilmente il termine di cui al primo periodo del comma 8 senza che il soprintendente abbia reso il prescritto parere, l’amministrazione competente può indire una conferenza di servizi, alla quale il soprintendente partecipa o fa pervenire il parere scritto. La conferenza si pronuncia entro il termine perentorio di quindici giorni. In ogni caso, decorsi sessanta giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente, l’amministrazione competente provvede sulla domanda di autorizzazione.)

Periodi 1 e 2 soppressi ed il terzo sostituito dall’art. 25 comma 3 del D.L. n. 133 del 2014 “Decorsi inutilmente sessanta giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente senza che questi abbia reso il prescritto parere, l’amministrazione competente provvede comunque sulla domanda di autorizzazione.”

Con regolamento da emanarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro il 31 dicembre 2008, su proposta del Ministro d’intesa con la Conferenza unificata, salvo quanto previsto dall’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono stabilite procedure semplificate per il rilascio dell’autorizzazione in relazione ad interventi di lieve entità in base a criteri di snellimento e concentrazione dei procedimenti, ferme, comunque, le esclusioni di cui agli articoli 19, comma 1 e 20, comma 4 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni.
omissis

[2] La funzione autorizzatoria in materia di paesaggio è esercitata dalla Regione art. 146, comma 6, D.Lgs. 42/2004, che può delegarne l’esercizio, per i rispettivi territori, a Province, a forme associative e di cooperazione fra enti locali come definite dalle vigenti disposizioni sull’ordinamento degli enti locali, ovvero a Comuni, purché gli enti destinatari della delega dispongano di strutture in grado di assicurare un adeguato livello di competenze tecnico-scientifiche nonché di garantire la differenziazione tra attività di tutela paesaggistica ed esercizio di funzioni amministrative in materia urbanistico-edilizia.

[3] Il comma 5 dell’art. 145 indica che il parere del Soprintendente è vincolante. Solo nel caso di piano paesistico redatto in accordo tra Regione e Ministro e di strumenti urbanistici adeguati al piano paesistico, il parere assume natura obbligatoria ma non vincolante (ma in nessuna Regione risulta per ora sia stata condivisa la pianificazione con il Ministero)

[4] In tal senso Consiglio di Stato n. 1561/2013; Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza n. 4914/2013. Il Ministero dei beni culturali con circolare 7 dicembre 2011, n. 27 si è espresso nel senso che il silenzio della Soprintendenza non è qualificato come silenzio/assenso e che nulla vieta che il Soprintendente si pronunci tardivamente. Il parere tardivo della Soprintendenza rimane vincolante se il Comune non ha già emesso l’atto conclusivo.

[5] In tal senso: TAR Puglia-Lecce sentenza n. 1739/2013; TAR Puglia-Lecce, sez. I, sentenza n. 321/2014; TAR Veneto, sez. II, sentenza n. 583/2014.

[6] Il procedimento di riesame è inserito all’art. 12, comma 1-bis, del D.L. 31 maggio 2014, n. 83 convertito con modificazioni dalla Legge n. 106 del 29 luglio 2014.

[7] È il regolamento di riorganizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali.

[8] Le modifiche sono disposte dall’art. 12, comma 2, del D.L. 83/2014 convertito con modifiche con Legge 106/2014 e dall’art. 25, comma 2, del D.L. 133/2014.

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