All’articolo 2, dopo il comma 1 è stato infatti aggiunto dal Parlamento il seguente comma 1-bis: “Al fine di consentire l’avvio ordinato del processo amministrativo telematico, fino alla data del 31 marzo 2017 restano applicabili, congiuntamente alle disposizioni che disciplinano il processo telematico, le regole vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto”.
Acquisite queste scadenze temporali, a mio avviso sono ora auspicabili due ulteriori passaggi.
E’ innanzi tutto opportuno mettere mano alle regole tecniche, contenute nel DPCM 16 febbraio 2016 n. 40, per ovviare ad alcune lacune ed incongruità, tra le quali, ad esempio, il fragile coordinamento con la normativa in materia di notifiche via PEC.
Ma è ancor più importante che venga avviato da subito (al netto di agosto mancano solo quattro mesi) un nuovo percorso di sperimentazione, più approfondito ed avanzato.
Una “sperimentazione 2.0”, caratterizzata da almeno due novità rispetto alla prima fase tenutasi nel mese di maggio.
In primis, è auspicabile un coinvolgimento mirato dei soggetti che dovranno contribuire alla sperimentazione, che dovrebbero essere non solo attori abituali del processo amministrativo (giudici amministrativi, personale TAR ed avvocati amministrativisti), ma anche competenti in materia di PA digitale e processo telematico.
Inoltre, affinchè la sperimentazione possa fornirci le utilità sperate, è quanto mai opportuno che essa abbia pieno valore legale: in altri termini, i depositi telematici effettuati nell’ambito della sperimentazione entro il 31 dicembre 2016, dovranno produrre i medesimi effetti giuridici dei depositi cartacei.
Si tratterebbe di una deroga temporale, come detto limitata ai soli depositi sperimentali, peraltro in linea con l’accelerazione voluta del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, già pienamente operativa dal 18 luglio, che prevede la sottoscrizione con firma digitale delle sentenze e di tutti gli altri provvedimenti giurisdizionali.
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