Il Tribunale di Lodi respinge il ricorso di una ragazza di origini egiziane che lamenta di essere stata esclusa da una selezione per un lavoro di hostess per non esser stata disponibile a lavorare senza il velo.
La Società selezionatrice per conto di un suo cliente si difende affermando di aver cercato ragazze con i requisiti richiesti dal proprio cliente, che tra l’altro prevedevano capelli lunghi e vaporosi.
La ragazza ritiene che il Tribunale abbia sbagliato nel negare la discriminazione perché l’assenza del velo non era mai stata richiesta come requisito essenziale della prestazione, né dal selezionatore, né dal committente. Di conseguenza fa appello contro la sentenza di primo grado.
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La Corte d’Appello di Milano accoglie il ricorso della ragazza e spiega che:
– la ragazza egiziana, figlia di genitori egiziani naturalizzati e di religione musulmana, ha risposto ad una proposta di lavoro giunta tramite la mailing list della Società selezionante nella quale si chiedeva che le candidate avessero un certo numero di scarpa, una certa altezza, determinate misure, la conoscenza della lingua inglese, e nient’altro;
– possedendo i quattro requisiti richiesti, la ragazza ha presentato la propria candidatura accompagnata da una foto in cui indossava il velo ed è stata subito interpellata circa la sua disponibilità a toglierlo; avendo risposto negativamente le è stato detto che non avrebbe potuto partecipare alla selezione, nonostante dovesse solo distribuire dei volantini;
– il Tribunale in prima istanza aveva ritenuto che non ci fosse stata alcuna discriminazione dal momento che la Società selezionante non intendeva escludere la ragazza in quanto musulmana, ma solamente rispettare le esigenze del proprio cliente;
– la Corte d’Appello ritiene che la conclusione del precedente giudice non è condivisibile poiché una condotta è discriminatoria per gli effetti che produce, una concreta disparità di trattamento, e non per le intenzioni del soggetto e di fatto la ragazza ha subito uno svantaggio in relazione agli abiti che indossava, abiti che avevano una precisa connotazione religiosa;
– nel caso in questione l’obbligo della Società di selezione non era quella di stipulare un contratto di lavoro, ma quella di offrire al proprio cliente una preselezione di candidate, lasciandogli la scelta finale. La Società doveva cercare unicamente delle caratteristiche che rendevano le candidate idonee ad essere sottoposte alla successiva scelta del committente;
– poiché da nessun documento è emerso che il divieto di usare il velo fosse stato indicato come requisito essenziale e determinante della prestazione, la condotta della Società di selezione ha sicuramente leso il diritto alla parità di trattamento nell’accesso al lavoro della ragazza.
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