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Stepchild adoption? Il sì della Cassazione
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La prima sezione civile della Corte di Cassazione, con la sentenza 12962/16, infatti, sul delicato tema della stepchild adoption, ha confermato la sentenza della Corte di Appello di Roma che aveva accolto la domanda di adozione di una minore proposta dalla partner della madre, il primo caso di adozione cogenitoriale in Italia.
Con la sentenza veniva garantita alla madre non biologica di una coppia lesbica la possibilità (anche se in forma limitata)di adottare la bambina della rispettiva compagna. La decisione dei giudici, riaffermata dalla Corte d’Appello nel dicembre scorso, aveva incontrato invece l’opposizione della Procura di Roma.
Adozione per genitori dello stesso sesso: nessun conflitto d’interessi tra genitore biologico e minore
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La Cassazione, ora, ha respinto in via definitiva il ricorso contrario, affermando come che questa adozione “non determina in astratto un conflitto d’interessi tra il genitore biologico e il minore adottando, ma richiede che l’eventuale conflitto sia accertato in concreto dal giudice”.
Per la Corte Suprema l’adozione “prescinde da un preesistente stato di abbandono del minore e può essere ammessa sempre che, alla luce di una rigorosa indagine di fatto svolta dal giudice, realizzi effettivamente il preminente interesse del minore”.
10 adozioni cogenitoriali già riconosciute
Sono almeno 10 le adozioni cogenitoriali che sono state riconosciute dal Tribunale di Roma. Analoga decisione è stata presa dalla Corte d’appello di Torino a fine maggio in un caso di un’adozione incrociata, dando la possibilità alle madri non biologiche di 2 coppie lesbiche della stepchild adoption dei bambini partoriti dalle rispettive partner.
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Il sì della Cassazione: la motivazione della sentenza
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Nella sentenza della Cassazione si legge che la nascita della bimba “è frutto di un progetto genitoriale maturato e realizzato con la propria compagna di vita; la decisione di scegliere la più giovane ai fini della gravidanza è stata dettata dalle maggiori probabilità di successo delle procedure di procreazione medicalmente assistite”.
La bambina, si legge, “ha vissuto sin dalla nascita con lei e la sua compagna, in un contesto familiare e di relazioni scolastiche e sociali analogo a quello delle altre bambine della sua età, nel quale sono presenti anche i nonni e alcuni alcuni familiari della ricorrente”.
La possibilità di considerare tale progetto di “bi-genitorialità” di per sé in conflitto con gli interessi della minore, come sostenuto dalla Procura di Roma, viene escluso dai magistrati secondo cui: “l’unica ragione posta a sostegno della denunciata incompatibilità di interessi è stata individuata nell’interesse della madre della minore al consolidamento giuridico del proprio progetto di vita relazionale e genitoriale”.
Per la Corte di Cassazione l’interesse del minore deve essere preminente rispetto a qualsiasi altro interesse dello Stato: in tal caso, dunque, questo interesse consiste nell’avere un legame giuridico a tutela del legame affettivo che lo lega dalla nascita con il secondo genitore sociale.
Come funziona l’adozione in casi particolari
I giudici hanno applicato la legge n. 184 del 1983, che, all’articolo 44, comma 1, lettera d, disciplina l’adozione in casi particolari. In pratica, è lo stesso istituto che, tolto dalla legge Cirinnà sulle Unioni civili, veniva comunque già garantito dai tribunali.
L’adozione in casi particolari, secondo l’interpretazione prevalente, limita i diritti e i doveri dei genitori e dei bambini in quanto, con questo tipo di adozione, il minore non acquista la parentela da parte del secondo genitore.
Cioè, pur diventando figlio del genitore sociale, non entra nella linea familiare non avendo così riconosciuto né i fratelli, né i nonni, né gli zii, né eventuali cugini dalla parte del genitore sociale.
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