Pensione Anticipata a 63 anni? Ecco i lavoratori che ci andranno

Redazione 04/05/16
Nonostante la bozza del decreto che interverrà sulle pensioni, anche se solo parzialmente, modificando quando previsto dalla Riforma Fornero, ancora non ha nulla di definitivo, già trapelano le prime indiscrezioni.

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Tra queste, in particolare, il fatto che la possibilità di accedere alla pensione anticipata a 63 anni di età pare non sarà accessibile a tutti i lavoratori, ma soltanto ad alcune categorie (con, a loro volta, penalizzazioni diverse a seconda della categoria di appartenenza e del reddito).

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Vediamo di seguito chi potrà beneficiarne e che cosa cambierà con il nuovo, ennesimo, intervento di riforma sulle pensioni.

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1) DISOCCUPATI

Per quanto riguarda la categoria dei disoccupati, la nuova norma non soltanto prevede la possibilità del prestito pensionistico, vale a dire di poter accedere alla pensione anticipata con un prestito da restituire in basse rate una volta raggiunti i requisiti per la quiescenza, ma anche la possibilità di far andare in pensione i soggetti appartenenti alla categoria a 63 anni senza ricorrere ad un finanziamento, grazie a una decurtazione dell’importo pensionistico.

Tale decurtazione verrebbe calcolata sia sulla base degli anni che mancano alla maturazione dei requisiti (si parla di una contrazione dell’assegno che va dal 2% al 4% annuo), sia in base al reddito, con un sforbiciata minore per i redditi più bassi.

Una soluzione che, rispetto al prestito pensionistico, non presenta particolari divergenze dal momento che con entrambe le proposte sull’assegno verrebbero comunque fatte delle decurtazioni proporzionate all’anticipo nel collocamento a riposo.

La sola differenza sostanziale è che, a differenza della penalizzazione per il pensionamento a 63 anni che è permanente, la decurtazione legata al prestito pensionistico arriverebbe a cessare a rimborso avvenuto.

2) ESUBERI

Destinatari della pensione a 63 anni sarebbero anche gli esuberi, vale a dire i lavoratori interessati da licenziamenti collettivi. La decurtazione dell’assegno pensionistico previsto per ogni anno di anticipo nel collocamento a riposo non dovrebbe subirla il pensionato, bensì l’azienda, tenuta a sua volta a versare un’integrazione della pensione.

Ne conseguirebbe che, differentemente dall’attuale isopensione, l’INPS verrebbe ad assumere fin da subito l’onere del trattamento previdenziale, in cambio, però, il datore di lavoro assumerebbe a sua volta un onere per così dire a vita di integrazione della pensione del soggetto lavoratore.

Questo onere a vita, con ogni probabilità, verrà erogato all’INPS in un’unica soluzione: ciò che ne deriva è che l’esborso da parte dell’azienda arriverebbe ad equivalere a quello dell’isopensione dove, infatti, il datore di lavoro assume per 4 anni un onere che corrisponde alla futura pensione. Ecco perché sarebbero soltanto le aziende più grandi a poter disporre delle risorse necessarie ad affrontare un intervento di tale portata.

3) ALTRE CATEGORIE

Ai disoccupati ed agli esuberi, alle categorie che potranno andare in pensione a 63 anni dovrebbero aggiungersi anche altre categorie di lavoratori, in particolare, il riferimento va a coloro i quali possiedono redditi alti o che già hanno raggiunto una solida rendita pensionistica.

Attenzione, però, perché per quest’ultima categoria di lavoratori le penalizzazioni sull’assegno arriverebbero a toccare cifre piuttosto alte: sulla base, infatti, delle notizie trapelate nel merito, l’Esecutivo parrebbe intenzionato a stanziare, per l’intervento sulle pensioni, soltanto 1,4 miliardi di euro dei 6 necessari per consentire a tutti gli interessati, senza condizioni restrittive, di andare in pensione a 63 anni.

 

 

 

 

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