Questo annoso dilemma è stato più volte richiamato da ordinanze prefettizie e sentenze dei giudici di Pace, che annullavano le sanzioni amministrative pecuniarie tutte le volte in cui la segnaletica stradale verticale, installata a seguito di esplicita ordinanza, non riportava, sul retro, gli estremi del provvedimento amministrativo di autorizzazione all’apposizione della segnaletica medesima.
Questo obbligo è contenuto all’art. 77. Regolamento di Attuazione (D.P.R. 495/92), Norme generali sui segnali verticali.
Esso prevede che i segnali stradali verticali da apporre sulle strade per segnalare agli utenti un pericolo, una prescrizione o una indicazione, devono avere, nella parte anteriore visibile dagli utenti, forma, dimensioni, colori e caratteristiche conformi alle norme del presente regolamento e alle relative figure e tabelle allegate che ne fanno parte integrante.
Le informazioni da fornire agli utenti sono stabilite dall’ente proprietario della strada secondo uno specifico progetto riferito ad una intera area o a singoli itinerari, redatto, se del caso, di concerto con gli enti proprietari delle strade limitrofe cointeressati, ai fini della costituzione di un sistema segnaletico armonico integrato ed efficace, a garanzia della sicurezza e della fluidità della circolazione pedonale e veicolare.
La medesima norma prevede che sul retro dei segnali stradali deve essere di colore neutro opaco. Su esso devono essere chiaramente indicati l’ente o l’amministrazione proprietari della strada, il marchio della ditta che ha fabbricato il segnale e l’anno di fabbricazione nonché il numero della autorizzazione concessa dal ministero dei Lavori pubblici alla ditta medesima per la fabbricazione dei segnali stradali. L’insieme delle predette annotazioni non può superare la superficie di 200 cm quadrati. Per i segnali di prescrizione, ad eccezione di quelli utilizzati nei cantieri stradali, devono essere riportati, inoltre, gli estremi dell’ordinanza di apposizione.
La sentenza con cui la Cassazione è intervenuta, trova fondamento sul ricorso che denunziava la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 5 e ss. codice della strada, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., per avere il Tribunale adito erroneamente ritenuto che fosse precluso al g.o. l’esame dei provvedimento amministrativo che istituisce il divieto di sosta. Tanto, in particolare, con riferimento al punto della decisione gravata con cui (citando Cass. n. 12431/2010) si considerano parallelamente il motivo di ricorso col quale si sia “voluto contestare la validità del segnale” e quello con cui, invece, “si ponga in dubbio la stessa esistenza del provvedimento amministrativo”. Evidenziando che, in effetti, nella fattispecie si contestava la sola validità dell’ apposto segnale (per mancata indicazione sul retro del cartello del richiamo all’ordinanza amministrativa), senza fare questione della sua pacifica materiale esistenza, va rilevato quanto segue.
Il motivo è infondato.
L’eventuale mancata apposizione sul retro della segnaletica stradale della indicazione della relativo provvedimento amministrativo regolante la circolazione stradale non determina di per sé l’illegittimità del segnale.
Infatti “in tema di segnaletica stradale, la mancata indicazione,
sul retro del segnale verticale di prescrizione, degli estremi della ordinanza di apposizione, come invece imposto dall’art. 77, comma 7, del Regolamento di esecuzione del codice della strada (D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495 e successive modificazioni) , non determina la illegittimità del segnale e, quindi, non esime l’utente della strada dall’obbligo di rispettarne la prescrizione, con l’ulteriore conseguenza che detta omissione non comporta l’illegittimità del verbale di contestazione dell’infrazione alla condotta da osservare (Cass. civ., Sez. Seconda, sent. 20 maggio 2010, n. 12431).
In ogni caso, inoltre, la detta mancata indicazione degli estremi non ha investito il profilo della legittimità dell’atto amministrativo del divieto, pur sempre sindacabile dal G.O.
“al fine della sua eventuale disapplicazione ” ( Cass. civ., Sez. Seconda, Sent. 30 ottobre 2007, n. 22894).
Il motivo in esame, in quanto infondato, va dunque respinto.
Pertanto, la Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della parte conto ricorrente delle spese dei giudizio.
Questa sentenza afferma che le sanzioni amministrative relative alla disciplina della circolazione stradale restano valide e che l’utente della strada, deve essere rispettoso delle norme dettate dal Codice della Strada e rese “pubbliche” dall’apposizione della segnaletica stradale verticale.
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