Infatti, non basta per un buon avvocato saper comunicare con il cliente, occorre un quid plus, ovvero avere la capacità comunicativa davanti al Giudice, ad un Collegio giudicante e saperlo fare in modo convincente, fermo e sicuro.
Il saper convincere, regolare il tono di voce alle argomentazioni dipende dalla capacità dell’avvocato di estrarre dai fatti il diritto. Occorre, perciò, che i fatti siano esposti nel modo più dettagliato possibile perché solo così l’avvocato riuscirà a costruire la strategia difensiva che poi dovrà argomentare.
Non va dimenticato che nel processo penale tutto si complica perché l’avvocato non ha a che fare solo con il Giudice, ma si trova a dover sostenere la sua tesi difensiva scontrandosi con la tesi accusatoria del Pm, parte attiva del processo penale.
E’ proprio dall’incontro – scontro di queste tesi che si raggiunge la c.d. verità processuale che non è la verità autentica in quanto emerge dalle prove fornite dalle parti, insomma è la verità che io definisco “ verità umana” perché la verità assoluta non fa parte dei poteri dell’uomo.
La voce dell’avvocato durante un’arringa deve essere seria, autorevole, coinvolgente che genera emozioni perché solo così sarà un’arringa senza precedenti.
Insomma, l’avvocato oratore di successo è colui che prepotentemente crede in ciò che sostiene e che, con toni ora bassi ora alti, riesce sapientemente ad indurre chi lo ascolta a ritenere le sue argomentazioni valide e veritiere.
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