Proseguiamo il nostro approfondimento sull’audizione dei minori in giudizio, con qualche cenno sull’audizione nei procedimenti di natura penale, partendo come sempre dall’analisi di un caso.
Il caso in esame riguarda alcuni bambini della scuola materna di Rignano Flaminio, paese a nord di Roma, noti alla cronaca per aver subito minacce, violenze, atti sessuali da parte di alcune maestre, altro personale scolastico e soggetti esterni alla scuola.
I bambini raccontano che “a volte, durante le ore di lezione, la maestra li faceva uscire da scuola per andare in una grande casa bianca…”. Seguono numerosi i racconti con particolari ben delineati. Compare, inoltre, un video domestico, che diventa ‘’pietra angolare’’ dell’inchiesta sugli abusi ai minori. Quest’ultimo per l’accusa diviene “un mero testamento degli orrori”; mentre, per la difesa “una mera prova di come l’indagine sia stata eterodiretta dagli adulti“. A dire della difesa, infatti, le parole dei bambini sembrerebbero emergere da testimonianze inducenti degli adulti. Nell’incidente probatorio concretizzatisi in tali circostanze, e in questa sede richiamato, la psichiatra domanda ad una bambina “come fa a sapere delle maestre cattive” e la bimba risponde che “gliel’ha detto sua madre…“.
Ebbene, l’audizione di un minore è un’esigenza complessa e delicata, che può sorgere in ambiti differenziati e con finalità estremamente differenziate (si pensi all’audizione in ambito civile, in ambito amministrativo, in ambito penale).
In ambito penale, la testimonianza dei minori è importante ma altrettanto delicata. Nella prassi penalistica “si usa” effettuare un concreto bilanciamento tra le esigenze di accertamento del reato (con ricerca della verità) e le forme di salvaguardia dell’integrità psico-fisica del minore.
Il codice di procedura penale, ad oggi, non possiede in materia di ascolto del minore una normativa completa e delineata. Nell’ambito del procedimento “accusatorio”, inoltre, le garanzie poste a tutela del minore sembrerebbero limitate alla sola fase del “processo penale” vero e proprio, venendo in sostanza ignorato l’intero complesso delle investigazioni affidate al Pubblico Ministero e alla Polizia Giudiziaria (artt. 351, 362 c.p.p.).
Dovendo delineare le modalità tecniche oggi attuate, in tema di ascolto del minore, è necessario andare per gradi: per prima cosa, gli operatori sono tenuti ad accertare (mediante l’ausilio di un perito) le capacità cognitive, emotive e sociali del bambino. A seguire, deve essere stabilito il luogo dove ascoltare il minore: la Procura e gli uffici di Polizia non sempre sono i luoghi migliori per svolgere l’audizione. Per tali ultime ragioni, nella prassi, si preferisce effettuare l’ascolto in un ambiente noto al minore (“casa famiglia”, “consultorio”, etc.). In fase processuale, ad ogni modo, la sede privilegiata per l’acquisizione delle dichiarazioni è “l’incidente probatorio”.
Per quanto riguarda il piano comunicativo, l’orientamento attuale è quello di considerare credibile il racconto di un minore caratterizzato da una modalità di esposizione dei fatti spontanea e coerente (il bambino più piccolo tende ad essere più spontaneo e a dire tutto quello che sa, mentre la persona più grande può volere non dire o volere dire cose diverse dalla verità). In tal senso, si attua una vera e propria tecnica di raccolta delle dichiarazioni: l’audizione deve essere condotta con domande aperte, stimolando un racconto libero. Le domande da porre al minore devono essere necessariamente semplici e le dichiarazioni devono essere raccolte con la massima precisione, non tralasciando il dettaglio, seguendo il flusso del racconto e e invogliando una libera narrazione. A seguire, è richiesta la più fedele riproduzione del racconto del minore, che vada a consacrare le domande, le risposte e le condotte tenute nel corso delle medesime risposte. In ogni caso possibile, si deve ricorrere alla video registrazione, o quanto meno all’ audio registrazione, delle attività di acquisizione delle dichiarazioni e dei comportamenti dei minori.
Le modalità, per gradi, appena descritte, risultano essere ad oggi le “uniche” utilizzate all’ interno del procedimento penale.
In merito, la giurisprudenza non si limita ad affermare che “la fase dell’audizione è una fase estremamente delicata, che richiede un’attenta osservazione del minore e delle sue dichiarazioni…”, ma aggiunge ed evidenzia “il fondato rischio per il minore dell’ulteriore traumatica rievocazione dei fatti“; “rievocando i fatti si porrebbe in pericolo non solo la salute mentale ma anche la vita stessa del minore”.
Nel 1996 è stato creato un peculiare documento in materia di ascolto e documentazione dell’ascolto del minore, vittima nello specifico di abusi, la Carta di Noto (v. provvedimento).
Tale Carta, aggiornata nel 2002, intende esprimere i principi base che possono favorire la formazione del giusto processo e detta al riguardo delle vere e proprie “linee-guida” la cui mancata osservanza fa ancora sollevare delle eccezioni di nullità o inutilizzabilità dell’audizione. Queste “linee-guida” provano a tracciare dei validissimi suggerimenti diretti a garantire dei risultati, rispetto agli accertamenti tecnici effettuati, ma soprattutto tendono a garantire la genuinità delle dichiarazioni, assicurando al contempo al minore la protezione psicologica.
Concludendo, si può affermare che nel procedimento penale, a differenza del procedimento civile, non si rileverebbe tanto un problema di modalità dell’ascolto del minore, quanto un problema di modalità di acquisizione della notizia di reato (che deve essere “non contaminata”) e un problema di modalità di acquisizione delle medesime dichiarazioni.
Ci si chiede allora: perché uno strumento “così delicato”, come l’ascolto del minore, soffre ancora di evidenti lacune normative, nonostante i ripetuti casi di cronaca? Come limitare le eventuali “contaminazioni” della notizia di reato quando le vittime sono dei minori? Ma soprattutto, quali debbono essere “le comuni modalità di analisi del testo” applicabili alle video registrazioni degli incidenti probatori e delle audizioni protette?
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