Un Tribunale del lavoro spagnolo si rivolge alla Corte di Giustizia dell’Unione europea affinchè chiarisca una questione fondamentale per la decisione di un caso sottoposto al suo esame.
Una donna è stata licenziata dal lavoro di agente di sicurezza, in un carcere, ed il giudice spagnolo ha accertato che si è trattato di un provvedimento frutto di discriminazione sessuale. Il dubbio del giudice riguarda l’ammontare del risarcimento da riconoscere alla donna discriminata, poiché la direttiva 2006/54 stabilisce che gli Stati membri dell’UE devono garantire che il risarcimento sia effettivo, “dissuasivo” e “proporzionato” al danno subito.
Tuttavia – osserva il giudice – nell’ordinamento giuridico spagnolo non esiste il concetto di danno “dissuasivo”, pertanto, chiede alla Corte di giustizia di chiarire se il risarcimento del danno debba comprendere, oltre all’indennizzo, a riparazione del danno subito dalla lavoratrice licenziata, anche i danni “punitivi” contro il datore di lavoro che l’ha discriminata.
La Corte di giustizia della Unione europea nega tale possibilità spiega che:
– la direttiva 2006/54 disciplina l’attuazione della parità di trattamento tra uomini e donne in tema di accesso al lavoro e di formazione professionale e lascia, ovviamente, liberi gli Stati membri di stabilire le modalità concrete affinché la tutela del lavoratore discriminato sia reale ed abbia sul datore di lavoro un concreto effetto dissuasivo;
– nel caso del licenziamento discriminatorio il ripristino della situazione di parità si può verificare se è previsto, accanto al risarcimento del danno in denaro ed in alternativa ad esso, la possibilità di reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro;
– se quindi questo è previsto la tutela è da considerarsi adeguata;
– infatti la direttiva stabilisce che il danno subito dal lavoratore è riparato in modo “dissuasivo e proporzionato” se gli Stati membri prevedono un risarcimento che copra tutti i danni subiti dal lavoratore : 1) o attraverso un indennizzo pecuniario; 2) o attraverso il reinserimento del lavoratore stesso nel posto di lavoro.
– la direttiva dunque non impone agli Stati membri di introdurre un risarcimento a titolo di “punizione” nei confronti del datore di lavoro.
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