Per la tesi opposta si esprime autorevolissima dottrina [1] secondo la quale, invece, la disciplina contrattuale troverebbe in sé il rimedio all’assenza della stipulazione del contratto decentrato.
Secondo detta dottrina si deve “sgombrare il campo” dal “grossolano convincimento che, pare, si stia diffondendo tra le amministrazioni pubbliche” secondo il quale la mancata stipulazione del contratto comporterebbe il problema, considerato falso, della corretta gestione finanziaria.
La carenza della stipulazione del contratto decentrato, osserva la dottrina citata, non determinerebbe la conseguenza derivante dall’applicazione del principio contabile 4/2, punto 5.2 allegato al d.lgs 118/2011. Sicchè, le risorse decentrate non subirebbero il convogliamento “nel risultato di amministrazione non vincolato dell’esercizio successivo, con relativa perdita della possibilità di utilizzo delle stesse, non potendosi costituire il vincolo di destinazione nascente dall’impegno di spesa correttamente generato nell’esercizio di riferimento”. Si tratta, a dire dell’Autore, di un’ipotesi che “appare ben lontana dalla realtà giuridica del nostro sistema contrattuale e contabile, se solo si pensi, infatti, che un’obbligazione contrattuale di natura integrativa è sempre presente nel nostro assetto negoziale di secondo livello, in virtù di quell’assai poco noto principio inderogabile di continuità operativa delle obbligazioni contrattuali che, in assenza di nuova stipulazione, rassegnano ultrattività al contratto collettivo decentrato integrativo da ultimo sottoscritto”.
In effetti, l’articolo 5, comma 4, del Ccnl 1.4.1999 prevede l’ultravigenza dei contratti integrativi, prevista espressamente allo scopo di scongiurare proprio rischi di vuoto normativo nella regolazione delle risorse decentrate. Sicchè, l’ordinamento appresta un sistema tale per cui “un’obbligazione giuridica, nascente dal sistema contrattuale decentrato integrativo e relativa alla gestione del trattamento economico accessorio del personale dipendente, sia sempre presente e produttiva di effetti presso l’amministrazione pubblica”
Tale circostanza, conclude la dottrina citata “esclude, in radice, ogni possibilità di dover confluire, le relative risorse economiche, nel risultato di amministrazione non vincolato inerente l’esercizio successivo e di improponibile perdita del corrispondente utilizzo, anche in presenza dell’omesso rinnovo del contratto collettivo decentrato integrativo nell’esercizio di competenza”.
Così posti, tuttavia, i termini della questione non colgono nel segno. Infatti, il principio contabile condiziona l’afflusso delle risorse decentrate nell’avanzo di amministrazione non vincolato solo alla mancata costituzione del fondo e non alla mancata stipulazione del contratto decentrato. Il principio afferma: “alla fine dell’esercizio, nelle more della sottoscrizione della contrattazione integrativa, sulla base della formale delibera di costituzione del fondo, vista la certificazione dei revisori, le risorse destinate al finanziamento del fondo risultano definitivamente vincolate”; e prosegue disponendo che “in caso di mancata costituzione del fondo nell’anno di riferimento, le economie di bilancio confluiscono nel risultato di amministrazione, vincolato per la sola quota del fondo obbligatoriamente prevista dalla contrattazione collettiva nazionale”.
Quindi, la mancanza della stipulazione non pregiudica la costituzione del vincolo finanziario sulle risorse decentrate. E’ solo l’assenza della costituzione delle risorse che cagiona simile problema.
Qui si consenta una breve divagazione: è il caso di chiedersi perché per la costituzione del fondo si pretenda un formale provvedimento, quando allo scopo dovrebbe considerarsi più che sufficiente il bilancio di previsione. Semmai, il formale provvedimento (che deve consistere, comunque, in una determina dirigenziale) è utile laddove per qualsiasi ragione slitti l’approvazione del bilancio in termini non conciliabili con l’esigenza di attivare gli istituti contrattuali decentrati con l’urgenza che la normativa richiederebbe: sebbene sia prassi radicatissima e diffusissima stipulare i contratti decentrati praticamente ad anno finanziario terminato, è evidente che, al contrario, essi dovrebbero stipularsi al massimo entro febbraio, vista la durata annuale degli istituti che finanziano.
Chiusa la divagazione, è opportuno tornare sulle affermazioni della citata dottrina. Come visto, il problema che essa pone è, per una parte, già risolto dal principio contabile.
Per altro verso, tuttavia, si deve ritenere che allo scopo di costituire il titolo giuridico in base al quale gli impegni di spesa consentono di finanziare le destinazioni del fondo delle risorse decentrate, la sola costituzione del fondo non sia sufficiente, così come non lo è nemmeno l’ultrattività dei contratti decentrati.
Purtroppo, è l’armonizzazione dei bilanci (che ad ogni approfondimento operativo e di analisi appare sempre più farraginosa ed inopportuna) a creare un problema nuovo e diverso, rispetto al quale l’articolo 5, comma 4, del Ccnl 1.4.1999 non può essere la soluzione, anche solo ragionando sulla circostanza che si tratta di una norma antecedente e riferita ad un regime giuridico-finanziario diverso, che consentiva il trascinamento dei residui con “impegno generico”.
La nuova contabilità, come noto, non consente più tale meccanismo e pretende un titolo giuridico perché si costituiscano le obbligazioni giuridiche e le scritture contabili, con l’ulteriore problema della fissazione chiara della loro imputazione in un preciso esercizio finanziario.
Ora, all’ingrosso dalla stipulazione del contratto decentrato integrativo discendo due macro gruppi di spese. Il primo è quello relativo alle indennità varie finanziate con la parte stabile del fondo, oltre alle progressioni orizzontali e all’indennità di comparto; tale gruppo prevede necessariamente l’imputazione della spesa nel medesimo anno finanziario al quale si riferisce il contratto decentrato. Il secondo gruppo ricomprende il salario accessorio legato al risultato, composto sia dalle risorse finanziate con la parte stabile non destinate ad altre indennità, sia le risorse finanziate con la parte stabile non utilizzate, sia dalle risorse di parte variabile, comprese quelle di cui all’articolo 15, commi 2 e 5, del Ccnl 1.4.1999; tali risorse non possono che essere imputate all’anno finanziario successivo a quello di stipulazione del contratto, perché erogabili solo a seguito della conclusione del processo di valutazione, il quale considera ovviamente l’intera annualità precedente.
Se, però, il contratto decentrato integrativo riferito all’anno A si stipula nell’anno A+1, succede che l’imputazione verrebbe disposta retroattivamente.
Inoltre, poiché il contratto decentrato integrativo finalizzato alla destinazione delle risorse decentrate è necessariamente e solo annuale, esso può costituire fonte di imputazione solo ed esclusivamente per l’anno di riferimento (con la sola eccezione delle risorse destinate alla produttività, come visto sopra).
Per quanto, dunque, tale contratto risulti ultrattivo, non è per nulla ultrattiva, a causa dell’armonizzazione contabile, l’imputazione delle risorse.
Il che porta necessariamente a concludere:
- il principio contabile è scritto in maniera sommaria ed insufficiente ed andrebbe urgentemente rivisto e corretto (anche se meglio sarebbe una revisione e semplificazione radicale dell’armonizzazione, che sta comportando solo problemi operativi, con pochissimi vantaggi);
- il contratto decentrato deve necessariamente essere sottoscritto ben all’inizio dell’anno finanziario a cui si riferisce; di certo non si può più ammettere che la stipulazione slitti a fine anno o addirittura all’anno (o agli anni successivi).
La seconda conclusione risulta tanto più avvalorata non solo dalla necessità di conciliare la disciplina contrattuale con quella finanziaria, ma dalla presenza della possibilità, che diventa, alla luce dell’armonizzazione contabile, un vero e proprio dovere, di adottare un atto unilaterale sostitutivo temporaneamente della prestazione del consenso, ai sensi dell’articolo 40, comma 3-ter, del d.lgs 165/2001. Si tratta di una norma pensata allo scopo di evitare che il datore di lavoro pubblico resti “ostaggio” di tattiche dilatorie delle organizzazioni sindacali nella stipulazione dei contratti, già non conformi al precedente sistema, ma oggi divenute certamente non più sostenibili, anche alla luce delle difficoltà poste dall’armonizzazione contabile.
[1] L. Tamassia, Salario accessorio, risorse «salve» anche se l’integrativo non è rinnovato, ne Il Quotidiano degli Enti Locali, ed Il Sole 24 ore
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