Milano era percorsa da una vera e propria rete acquatica, un ampio sistema di canali, rogge, navigli, chiuse, oggi quasi insospettabile: era una città dove le merci arrivavano su barconi, le donne lavavano i panni nei canali e gli uomini si ristoravano nuotando e tuffandosi dai trampolini dei Bagni Diana. Una città scomparsa, di cui restano poche tracce che i più volenterosi possono andare a scoprire in mezzo al cemento che le nasconde. Di alcuni luoghi resta memoria solo nei nomi delle vie, come via Pantano, via Laghetto, via Molino delle Armi; altri sono poco conosciuti, ma ancora visibili (come le tre fontane ottagonali dette “dell’acqua marcia”, da cui sgorgava acqua curativa -che riecheggiano i due battisteri ottagonali paleocristiani che tuttora sopravvivono sotto il sagrato del Duomo-, la fontanella più antica di Milano che si ritiene disegnata da Luca Beltrami, la chiesa cinquecentesca di Santa Maria alla Fontana, costruita sopra una fonte ritenuta miracolosa). La mostra è come un tour virtuale attraverso le atmosfere romantiche di un mondo sparito, cancellato da un’idea di “igiene” e “progresso” che (consapevolmente o meno) nega la storia e, di conseguenza, l’identità di una città.
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