Tale innalzamento permette di raggiungere un giusto compromesso sociale ed economico tra esigenze di tracciabilità dei pagamenti e necessità di celerità negli scambi economici, soprattutto al dettaglio e in particolar modo per i commercianti di oggetti preziosi nuovi o usati (gioiellerie e compro oro) che, commercializzando beni di rilevante valore specifico, più di altri operatori economici, hanno subito le conseguenze della restrizione del contante; tanto in nome di altre opportunità di interesse generale quali una maggiore sicurezza e giustizia fiscale.
Oltre a incentivare i consumi e velocizzare gli scambi economici, un altro elemento che pone tale misura in una posizione di opportunità e appropriatezza è l’abbattimento delle difformità in considerazione dei limiti, che in questo momento sono vigenti negli altri paesi appartenenti all’Unione Europea. Vi sono, infatti, paesi come il Belgio il cui limite è fissato a 3.000,00 e la Germania che non ha imposto limiti per l’utilizzo del contante, in cui il tasso di evasione fiscale è pari circa alla metà di quello italiano.
Senz’altro, però, tra le valutazioni delle ripercussioni che l’innalzamento del limite all’uso del contante potrebbe causare, si individua il rischio di alimentare fenomeni di riciclaggio che, d’altronde, si potrebbe correre con qualsiasi soglia di limite imposto; perciò, è necessario comunque monitorare e intensificare presidi di controllo e strumenti fiscali, quali uno “spesometro” più articolato nella sua struttura onde evitare il dilagarsi di fenomeni evasivi e di riciclaggio di proventi derivanti da attività illecite.
Non vi è dubbio che con il restringimento all’utilizzo del contante, sancito dall’art. 49 del D.Lgs. n. 231/07 del 2011, si è ottenuto un forte impatto negativo sugli scambi commerciali e sull’economia; i numeri parlano chiaro. Quindi, ciò che realmente conta è l’introduzione di misure che possano meglio monitorare il passaggio di danaro contante finalizzate al contrasto e all’espansione di fenomeni criminosi: “è meglio avere più margini di utilizzo controllato del danaro contante, piuttosto che sentirsi vincolati nell’impiego ristretto dello stesso che non può che impattare sulla capacità di ogni singolo acquisto”.
Infatti, è stato registrata negli ultimi anni, al di là dell’impatto della crisi economica, una minore propensione agli acquisti da parte dei consumatori, imputabile, per alcuni versi, al timore sociologico di questi ultimi di essere particolarmente osservati da qualcuno che potesse agire nei loro confronti; a farne le spese sono stati anche i gioiellieri ed altri operatori del settore aurifero che hanno visto calare notevolmente i propri volumi di affari a danno dell’economia personale e collettiva.
Peraltro, si può sostenere che alla riduzione del suddetto limite non si è riscontrato un ritorno proporzionale e corrispondente in termini di lotta al riciclaggio e contrasto all’evasione fiscale, che, contrariamente, ha registrato un aumento fino al 16% del PIL, come da dati statistici. Dunque, l’equazione non torna!
Nel contesto, con l’abbandono del limite di 1000 euro e l’introduzione del nuovo fissato a 3000, ci si augura che gli operatori del settore aurifero (gioiellerie, compro oro, produttori orafi, ecc.) possano innalzare i propri volumi e far ritornare il comparto quale fiore all’occhiello dell’economia nazionale e, nello stesso tempo, valorizzare l’importante ruolo del “Made in Italy” così come all’export dove si registrano volumi sempre più significativi.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento