Equitalia, cartella di pagamento: il diniego di accesso agli atti

Rosalba Vitale 22/02/16
Di recente il Consiglio di Stato con sentenza n. 5410/2015 si è pronunciato in merito all’ appello proposto da una Società di servizi srl di Roma contro Equitalia Sud Spa per la riforma della sentenza del Tar Campania avente ad oggetto il diniego di accesso agli atti al fine di prendere visione ed estrarre copia integrale delle cartelle di pagamento.

La Società proponeva ricorso di fronte al Tar Campania dopo la statuizione di incompetenza formulata dal Tar Salerno inizialmente adito il quale ritenne improcedibile il ricorso.

Secondo i giudici di merito il decorso del periodo quinquennale nel quale Equitalia era obbligata a conservare gli atti ai sensi dell’ art. 26 co.4 del DPR 602/1973 non vincolava oltre l’ amministrazione.

Avverso tale decisione la Società lamentava violazione e falsa applicazione dell’ art. 22, comma 6, L. n. 241/1990, dell’ art. 26, comma 4, DPR 602/1973 dell’ art. 35 c.p.a. nonché degli artt. 3 e 8 del c.p.a., error in procedendo, eccesso di potere.

Infatti, la Società riteneva che alcune cartelle di pagamento contestate risalivano a un periodo recente altre antecedenti al periodo quinquennale rispetto alla quale Equitalia aveva l’ obbligo sia della loro conservazione che dell’ ostensione per il periodo decennale di prescrizione.

Di contro, Equitalia proponendo appello incidentale riteneva di aver soddisfatto la pretesa del ricorrente tramite l’ esibizione degli avvisi di ricevimento attestanti la notifica delle cartelle di pagamento.

Sul caso de quo, il Consiglio di Stato chiamato a pronunciarsi ribadì che: “ il contribuente vanta un interesse concreto ed attuale all’ ostensione di tutti agli atti relativi alle fasi di accertamento, riscossione e versamento, dalla cui conoscenza possono emergere vizi sostanziali procedimentali tali da palesare l’ illegittimità totale o parziale della pretesa impositiva( Cons. Stato sez. VI, sent. 15 febbraio 2012, n.766), e come “ l’ accesso ai documenti non può essere soddisfatto dall’ esibizione di un documento che l’ amministrazione e non il privato ricorrente giudica equipollente. Elemento fondamentale dell’ actio ad exhibendum è la conformità del documento esibito dal privato all’ originale” ( Cons. Stato, sez. IV, sent. 12 maggio 2014, n. 2422).

Secondo il Consiglio di stato il termine di cinque anni è un termine minimo e non un termine massimo di conservazione.

E’ onere della Concessionaria di conservare in caso di mancata riscossione nel quinquennio e in occasione di rapporti giuridici ancora aperti la copia della cartella oltre i cinque anni, in modo da conservare prova documentale ostensibile, onde poter compiutamente esercitare le prerogative esattoriali.

Il contribuente pertanto non essendo trascorso il periodo decennale di prescrizione potrà esercitare gli strumenti di tutela messi a disposizione dall’ ordinamento.

Rosalba Vitale

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