La Corte di Appello di Milano ne rigettava la domanda così motivando la propria decisione:
a) la parte attrice non aveva fornito la prova circa il tenore di vita mantenuto durante il matrimonio.
b) non aveva adeguatamente dimostrato, al di là di mere asserzioni, la natura ed emolumenti derivanti dalle attività lavorative che pur aveva ammesso di esercitare, sia pure in maniera saltuaria.
Con la citata sentenza il Tribunale di merito in particolare rilevava che la moglie possedeva un’ idonea capacità lavorativa, mentre al contrario l’ appellato aveva dimostrato il peggioramento delle proprie condizioni economiche, sia per la nascita della figlia avuta con la nuova compagna sia per la perdita del lavoro.
Per meglio comprendere la dinamica della decisione dei giudici di merito occorre risalire alla disciplina sull’ assegno divorzile.
Il fondamento giudico di riferimento può ricavarsi dalla L. 898 del 1970 , art. 5 secondo cui: “ il diritto all’ assegno divorzile deve essere effettuato verificando l’ inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente, raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso o quale poteva legittimamente e ragionalmente configurarsi sulla base di aspettative maturate nel corso del rapporto, mentre la liquidazione in concreto dell’ assegno va compiuta tenendo delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione e del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ognuno e di quello comune, nonché del reddito di entrambi, valutandosi tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio” ( Cassazione, Sez. I, 15 maggio 2013, n. 11686).
Tanto premesso, i giudici di legittimità chiamati a pronunciarsi ne sottolineavano l’ infondatezza delle violazioni lamentate dalla parte attrice stabilendo al riguardo che : “ la liquidazione dell’ assegno divorzile va compiuta avendo riguardo non soltanto ai redditi e alle sostanze dei richiedenti, ma anche a quelli dell’ obbligato, i quali assumono rilievo determinante sia ai fini dell’ accertamento del livello economico- sociale del nucleo familiare, sia ai fini del necessario riscontro in ordine all’ effettivo deterioramento della situazione economica del richiedente in conseguenza dello scioglimento del vincolo”.
Ne consegue che per poter determinare lo standard di vita mantenuto dalla famiglia in costanza di matrimonio, occorre ricercare per approssimazione le condizioni economiche dipendenti dal complesso delle risorse reddituali e patrimoniali di cui ciascuno dei coniugi poteva disporre e di quelle da entrambi effettivamente destinate al soddisfacimento dei bisogni personali e familiari, mentre per poter valutare la misura in cui il venir meno dell’unità familiare ha inciso sulla posizione del richiedente è necessario porre a confronto le rispettive potenzialità economiche intese non solo come disponibilità attuali di beni ed introiti, ma anche come attitudini a procurarsene in grado ulteriore” (Cassazione, Sez. 1, 12 luglio 2007, n. 15610).
Alla luce di quanto sopra indicato, la donna non potrà vantare il diritto all’ assegno divorzile per insussitenza dei presupposti che condizionano il riconoscimento dell’ assegno divorzile.
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