Si tratta di un documento che fissa una serie di regolamentazioni e principi, validi su scala globale, che hanno l’obiettivo di agevolare la fruibilità, l’accessibilità, la diffusione e la comparabilità dei cosiddetti “dai aperti”.
L’adesione da parte dell’Italia è avvenuta durante l’OGP Global Summit che si è svolto in Messico. Il meeting, tra gli scopi basilari, aveva quello di promuovere e supportare l’adozione, assai recente, della nuova Agenda 2030 dell’Onu orientata allo sviluppo sostenibile.
La Carta internazionale degli Open Data, oltre a rispondere all’esigenza di facilitare l’accessibilità e la comparabilità dei dati aperti a livello mondiale, abbraccia infatti lo scopo di sostenere l’utilizzo degli open data quali possibili strumenti, oltre che di innovazione, di sviluppo sostenibile.
Seguendo i sei principi base messi nero su bianco dal documento, gli open data dovrebbero essere agevolmente individuabili, di conseguenza accessibili, e consultabili da parte di tutti, contrastando i preesistenti ostacoli di tipo soprattutto burocratico ed amministrativo.
Ai fini di una concreta e spendibile utilità, i suddetti dati aperti devono avere caratteristiche di completezza, accuratezza oltre che garantire un’elevata qualità. Vanno rilasciati in maniera rapida e tempestiva, lasciando in ogni caso la priorità alle consultazioni pubbliche.
L’ideazione e lo sviluppo dell’Open Data Charter, privilegiando un’impostazione partecipativa, sono avvenuti a seguito della Conferenza che si è svolta a Ottawa, nel corso della quale è stata l’ Agenzia per l’Italia digitale (AgID) ad aver rappresentato il nostro Paese a livello mondiale, coinvolgendo personalità della società civile ed esponenti del settore privato.
Nel corso del 2016 i membri dell’Open Data Charter provvederanno a concretizzare tutte le azioni e le strategie pensate per far aderire al documento anche le altre Nazioni e così poter realizzare “pacchetti standardizzati di dati aperti liberamente fruibili”.
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