Ma se un processo del genere ha di fatto degli aspetti positivi che migliorerebbero il nostro approccio alle semplici attività quotidiane è anche innegabile che il confine tra l’utilità e il rischio di questa digitalizzazione è davvero sottile. Internet è infatti un mondo aperto con tutte le conseguenze del caso.
Un esempio lampante del cambiamento digitale che stiamo attraversando è evidente se pensiamo alle nostre auto. L’innovazione che stanno attraversando le riversa sempre più nel mondo della tecnologia. Auto connesse, auto costantemente in rete, auto che non sono più soltanto un elemento meccanico. Non c’è dubbio sull’importanza di questi dati a livello di business, poiché permettono la profilatura dei conducenti e, magari, la possibilità di inviare tramite il semplice navigatore proposte per il pranzo o luoghi dove fermarsi a sostare. Ma sebbene gli aspetti positivi siano molteplici e il guidatore può godere di una comunicazione costante con l’esterno, dove l’auto non è più un ecosistema chiuso e isolato, i rischi che corriamo in ogni momento sono anch’essi molteplici.
Pensiamo alla moltitudine di dati che fa si che la nostra auto, esattamente come il nostro PC, possa diventare bersaglio di hacker e malintenzionati informatici. Infatti anche solo tramite l’attivazione del bluetooth della macchina, un pirata della Rete sarebbe già in grado (utilizzando un semplice PC) di prendere il controllo dell’auto, gestendone i freni, lo sterzo o addirittura l’apertura della portiera.
Lo hanno dimostrato Charlie Miller e Chris Valasek, due ingegneri informatici che negli USA hanno eseguito un esperimento dove una Jeep Cherokee (l’auto di Miller) è stata perfettamente controllata a distanza con il solo utilizzo di un computer connesso ad Internet. Questo dimostra quanto pericolose possano essere le falle nei software che governano le nuove auto costantemente connesse alla rete e i rischi che ne possono derivare.
MA COSA RENDE L’AUTO FIGLIA DELL’INTERNET OF THINGS?
Se pensiamo al lontano 1958 dove per la prima volta nasceva il cruise control su alcune Crysler, che permetteva solo di mantenere una velocità costante senza dover usare l’acceleratore, ci si rende conto degli enormi passi avanti. Adesso all’interno delle nostre auto iniziano ad essere sempre più presenti tutti quei dispositivi che la rendono appunto intelligente. Alcuni di questi sono:
- Il TMSP è un sistema che permette il monitoraggio della pressione dei pneumatici; Proprio la comunicazione tra i sensori dei pneumatici è un sistema semplice da intercettare che modificato può inviare indicazioni errate a chi guida.
- Il Bluetooth, è la via più semplice che permette di hackerare un auto.
- Lo Streaming radio, poiché ascoltare una canzone da una radio virtuale può consentire l’accesso da parte di un software pirata.
- La Keyless è il sistema di dialogo tra la chiave e la vettura, rimane comunque un elemento vulnerabile dell’auto.
- Le App e gli Smartphone consentono una comunicazione costante tramite dati che possono essere facilmente hackerati.
Eppure nonostante alcuni fattori che rendono l’auto intelligente pericolosa per la nostra privacy, rimane il fatto che possono garantirci un livello sempre più alto di sicurezza sulle strade.
A questo proposito è importante citare l’esperienza della Google Car, che recentemente è stata al centro delle cronache per il suo rispetto “maniacale” del codice della strada: un elemento che ha rischiato di provocare incidenti e ingorghi sulle strade affollate di utenti (ancora) umani.
E intanto anche da casa Nissan arriva l’annuncio che nel 2020 sarà lanciato un prototipo di auto a guida autonoma in diretta concorrenza con la Google Car e chissà con quali altri veicoli avveniristici.
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