La disamina degli interventi apportati dal D.lgs n. 156/2015, relativi alle “Misure per la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario” non deve trascurare le novità legislative tracciate dal precedente decreto, n. 128/2015, contenente disposizioni sulla certezza del diritto, nei rapporti tra fisco e contribuente, in particolare sull’abuso del diritto, sul raddoppio dei termini per violazioni penali, sull’adempimento collaborativo e sulla voluntary disclosure, né quelle connesse al successivo Dlgs 158/2015, relative alla revisione del sistema sanzionatorio. Detta puntualizzazione trova le proprie giustificazioni in motivi di ordine sistematico, in quanto i decreti legislativi indicati sono profondamente collegati, poichè con la legge 11 marzo 2014, n. 23, è stata conferita delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita (in particolare, l’articolo 5, in materia di abuso del diritto ed elusione fiscale, l’articolo 6, in materia, tra l’altro, di gestione del rischio fiscale, di governance aziendale e di tutoraggio, nonché l’articolo 8, comma 2 in materia di raddoppio dei termini per l’accertamento).
Giova rammentare che se, da un lato, con il Dlgs 128/2015, inter alia, è stato inserito l’art. 10 bis nello Statuto del contribuente e data certezza alla disciplina per il raddoppio dei termini, di cui agli art. 43 e 57 rispettivamente del DPR 600/1973 e del DPR 633/1972, già in viogre, dall’altro, con il Dlgs 156/2015 si assiste a una revisione del sistema degli interpelli e a una serie di importanti modifiche all’impianto normativo che regola il contenzioso tributario, che invece entreranno in vigore a partire dal 1 gennaio 2016.
Gli obiettivi che emergono, da una prima lettura delle “Misure per la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario”, vanno in due direzioni tax governance, con il potenziamento e ammodernamento dello strumento dell’interpello, e tax compliance, evidenziata dal potenziamento della conciliazione nel processo tributario, per deflazionare il contenzioso, garantendo una parità di diritti alle parti (ad esempio in tema di esecutività delle sentenze e tutela cautelare).
Dunque il restyling avviato va salutato positivamente in quanto potenzia l’efficienza e garantisce una maggior efficacia ponendo le basi giuridiche per il perseguimento di una leale collaborazione tra amministrazione finanziaria e contribuente.
1.1. L’istituto dell’interpello, quale elemento fondamentale nel rapporto Fisco-contribuente
Il ricorso all’interpello costituisce uno strumento di civiltà giuridica, in quanto consente di conoscere – in via preventiva –l’orientamento dell’Ufficio finanziario per quanto concerne interpretazione e applicazione (ovvero disapplicazione) della normativa fiscale, sull’argomento.
Gli obiettivi della disciplina sono così sintetizzabili:
- maggior specificità in merito alla tipologia di richiesta formulata, introducendo plurime fattispecie di interpello;
- maggiore tempestività e omogeneità di risposta; qualora l’istanza rimanga inevasa si forma il silenzio assenso dell’Amministrazione finanziaria, sulla soluzione proposta dal contribuente;
- non obbligatorietà di presentazione dell’istanza con l’obbligo però di indicare in sede dichiarativa, in caso di mancata proposizione dell’interpello la specifica fattispecie. Dunque viene meno il problema dell’impugnabilità, in sede giurisdizionale, dell’eventuale diniego alle istanze da parte dell’Agenzia delle entrate, fatta eccezione per le istanze disapplicative (ex artt. 84 e 172 TUIR), che sono obbligatorie.
Le nuove regole sul diritto di interpello impongono al contribuente – che intende ottenere certezza, in via preventiva, rispetto al comportamento adottato – di identificare, preliminarmente all’adozione di determinati comportamenti fiscali, la tipologia di domanda che intende proporre e le regole istruttorie ad essa corredate. Ciò ha determinato una profonda revisione dell’art. 11 dello Statuto del contribuente con l’inserimento di diverse tipologie di interpello (ordinario, probatorio, antiabuso in cui il legislatore ha cercato, sul piano procedimentale, di fissare determinati principi comuni a tutte le forme di interpello (chiarezza, in termini di tipologia dell’istanza, circostanziata descrizione della fattispecie, ovvero indicazione delle disposizioni di cui si richiede la l’interpretazione, l’applicazione o la disapplicazione, corredate dalla necessaria documentazione e dall’esposizione della soluzione prospettata, preventività, assenza di attività istruttorie e di controllo, alla data di presentazione dell’istanza, sulle tematiche oggetto di anticipato chiarimento, facoltatività e termini).
Ma vediamo brevemente le varie tipologie di interpello, attraverso la proposizione di una tabella sinottica (CLICCA QUI PER CONSULTARE LA TABELLA).
1.2. Le altre importanti innovazioni introdotte dal Dlgs 156/2015 riguardano un restyling del contenzioso tributario, in particolare un ampliamento a tutto campo della tax compliance, cioè della possibilità di addivenire alla conciliazione della lite con l’ente impositore, deflazionando il contenzioso, sia in primo grado, ancorchè sia stata esperita la procedura di reclamo, sia in appello, seppur con diversi profili sanzionatori 40% del minimo per il primo grado, 50% in secondo grado (esclusa la cassazione). Un’ulteriore novità riguarda la compensazione delle spese di lite che dovrà esser attentamente vagliata dal giudice tributario, relegandola sola a casi sporadici, quando sussistano “gravi ed eccezionali ragioni”; in linea di massima si applica l’art. 92, co. 2, del cpc, a mente del quale le spese seguono la soccombenza.
1.3. Un’ ulteriore novità riguarda l’immediata esecutività delle sentenze, in cui viene stabilita una sostanziale parità di diritti tra le parti: per le pronunce a favore dell’A.F. continua a trovare applicazione l’art. 68 del Dlgs 546/92 (2/3 dell’importo dopo la sentenza di primo grado, intero importo dopo la sentenza di secondo grado), mentre per le pronunce a favore del contribuente, senza dover aspettare il passaggio in giudicato delle sentenza, si avrà restituzione di quanto eventualmente versato in pendenza di giudizio, rimborso di quanto oggetto di condanna a carico di Parte erariale, con rilascio di apposita garanzia, per importi superiori a 10.000 euro. Per rafforzare tale previsione riconoscendo apposita tutela, il contribuente potrà avvalersi del giudizio di ottemperanza anche in assenza del passaggio in giudicato della sentenza. In modo speculare è stata prevista la tutela cautelare estesa a tutte le fasi del giudizio.
2. Le ipotetiche conseguenze dell’allargamento dell’istituto della mediazione tributaria a tutte le liti al di sotto dei 20mila euro
2.1. Il reclamo consiste come noto in un atto che deve esser notificato alla Direzione Provinciale ovvero alla Direzione Regionale delle Entrate, nel caso in cui il provvedimento impositivo, risulti non superiore a ventimila euro, e ciò ai sensi dell’art. 17 bis del Dlgs 546/1992. Volendo sintetizzare le principali novità connesse con il reclamo e la mediazione, che entreranno in vigore dal 1° gennaio 2016, consiste nell’allargamento della procedura a tutti gli atti emessi dagli altri enti impositori, in aggiunta agli atti emesse dall’Agenzia delle entrate, e dall’agente della riscossione, semprechè gli stessi siano di ammontare inferiore a 20.000 euro (nel conteggio rilevano le imposte, senza considerare sanzioni, interessi e contributi previdenziali). Un’ulteriore novità è data dalla possibilità di accedere alla conciliazione giudiziale anche per gli atti reclamabili, possibilità questa preclusa, nel vigente regime.
In realtà la modifica più incisiva è di natura sostanziale in quanto viene chiarito che il reclamo ha natura giurisdizionale: nella formulazione attuale dell’art. 17 bis “chi intende proporre ricorso è tenuto preliminarmente a presentare reclamo” e inoltre “decorsi 90 giorni senza che sia stato notificato l’accoglimento del reclamo o senza che sia stata conclusa la mediazione il reclamo produce gli effetti del ricorso” dunque, nel regime vigente è il reclamo che si tramuta in ricorso; ex adverso, nel nuovo impianto normativo, viene invece sancito che “il ricorso produce anche gli effetti di un reclamo e può contenere una proposta di mediazione con rideterminazione dell’ammontare della pretesa”, assumendo dunque a pieno titolo natura giurisdizionale, con tutte le conseguenze collegate. Per quanto concerne le liti minori ad avviso dello scrivente i contribuenti vanno indotti a delle attente riflessioni, in quanto il costo della lite a seguito dei tre gradi di giudizio potrebbe lievitare in modo considerevole, non solo per effetto di imposte, sanzioni e interessi, ma anche per le spese di lite, dirette e indirette, in caso di soccombenza. Il potenziamento della conciliazione potrebbe costituire un momento di opportuna riflessione.
3. I pratici vantaggi e i risparmi per le casse dello Stato che potrebbero derivare dall’avvio del processo tributario telematico
La direttiva della delega, ancorché circoscritta alle sole comunicazioni e notificazioni degli atti a mezzo pec, dovrebbe servire, quanto meno, da stimolo per aprire finalmente le porte alla nuova organizzazione telematica del processo tributario, oltretutto, sicuramente più vantaggiosa e meno costosa di quella tuttora in atto. L’inserimento dell’art. 16 bis nel corpus normativo del Dlgs 546/92 è finalizzata al massimo ampliamento dell’utilizzo della pec per comunicazioni e notificazioni nel processo tributario. In particolare, il comma 4 del citato art. 16 bis dispone che notificazioni tra le parti e deposito degli atti presso la Commissione tributaria possano avvenire in via telematica, tenuto conto di quanto stabilito dal regolamento del processo tributario telematico, n. 163 del 23 dicembre 2013. Ai sensi dell’art. 3 del predetto regolamento le modalità attuative saranno stabilite dai decreti del Ministero dell’Economia e della Finanze.
L’avvio del processo telematico dovrebbe introdurre una notevole semplificazione nelle procedure di notifica che sicuramente consentirà alle parti di ridurre i tempi dedicati alla notifica degli atti, alla preparazione del fascicolo di causa, garantendo alle segreterie di sezione una maggior efficienza, oltre a un miglior monitoraggio dell’attività svolta dalla CTP.
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