L’iniziativa legislativa, attualmente in fase di gestazione, si pone l’ambizioso obiettivo di modificare e far confluire in un unico testo normativo le principali direttive UE in materia di diritti dei consumatori e più precisamente quelle relative ai contratti a distanza, ai contratti conclusi fuori dei locali commerciali, alle clausole abusive ed infine alle garanzie dei beni di consumo.
Secondo l’Unione europea, il diverso modo in cui gli Stati membri hanno attuato tali Direttive nei rispettivi ordinamenti ha portato alla creazione di un quadro normativo assolutamente disomogeneo, in cui le regole relative ai contratti conclusi con i consumatori cambiano da Paese a Paese.
Secondo quanto si legge nella Relazione alla proposta, il diverso atteggiarsi delle discipline sulla tutela dei consumatori costituisce un ostacolo al commercio transfrontaliero cui la nuova Direttiva mira a porre rimedio attraverso l’indicazione di regole certe, valide per tutta l’Unione europea.
Al riguardo, non sono poche le norme destinate ad avere un notevole impatto sul commercio elettronico.
Vediamo in breve cosa potrebbe cambiare qualora la Direttiva fosse approvata nella sua attuale formulazione.
Innanzitutto i siti di e-commerce dovranno indicare in maniera chiara nella loro pagina di benvenuto se esistono restrizioni alla consegna in determinati Stati membri, qualsiasi sia la natura di tali restrizioni, inclusi i mezzi di pagamento. Peraltro, la nuova Direttiva prevede un vero e proprio diritto del consumatore a chiedere al professionista la consegna del bene in un altro Stato membro, qualora ciò sia tecnicamente possibile ed il consumatore accetti di sostenere tutti i costi correlati.
Si allungano anche i tempi per esercitare il recesso.
Oggi il consumatore dispone di un termine di 10 giorni per recedere dal contratto concluso; qualora la proposta di Direttiva fosse approvata, tale termine salirà a 14 giorni, a decorrere dalla consegna della merce, ovvero in caso di più ordini effettuati con un solo click, dall’ultimo bene consegnato.
Pesanti le conseguenze nel caso in cui il professionista non informi adeguatamente il consumatore sulla possibilità di recedere dal contratto: in questo caso, il consumatore può esercitare il proprio diritto di recesso fino a un anno dopo la scadenza del termine ordinario di 14 giorni.
Si accorciano anche i tempi per il rimborso del pagamento ricevuto dal professionista, che passano dai 30 giorni dell’originaria formulazione della proposta agli attuali 14, sempre a decorrere dal momento in cui il professionista ha notizia del recesso.
Il rimborso comprende le spese di spedizione, fatta eccezione per quelle connesse a consegne rapide o comunque diverse dalla consegna standard.
Per scongiurare il rischio che il professionista si trovi a dover restituire il pagamento ricevuto prima ancora di aver ripreso in consegna la merce, è tuttavia prevista la possibilità di subordinare il rimborso alla prova, offerta dal consumatore, che i beni acquistati sono stati restituiti.
L’unico onere a carico del consumatore è proprio quello relativo alle spese di spedizione della merce da restituire al professionista; quest’ultimo, tuttavia, sarà costretto a sopportare anche tale costo qualora il valore delle merce superi l’importo di € 40,00.
La Direttiva interviene anche sulle modalità di conclusione dei contratti, prevedendo che i contratti conclusi mediante l’uso di internet non siano vincolanti per i consumatori qualora gli stessi non confermino di aver preso chiaramente visione del prezzo e di tutte le sue componenti.
Quelle sopra menzionate sono solo alcune delle disposizioni che potrebbero entrare in vigore qualora la proposta di Direttiva fosse approvata nella sua attuale formulazione.
Come si è già detto, quest’ultima è dovuta agli emendamenti inseriti dal Parlamento europeo, che ha accolto le istanze provenienti dal mondo delle associazioni di consumatori.
Non è pertanto escluso che a maggio, quando Consiglio e Parlamento torneranno a votare sulla proposta, il testo della Direttiva subisca ulteriori modifiche in grado di realizzare un più equo contemperamento degli interessi in gioco.
All’indomani dell’approvazione degli emendamenti del Parlamento europeo, infatti, si è levato un coro di voci critiche dalle associazioni di categoria preoccupate dal fatto che i nuovi oneri posti a carico dei professionisti possano comportare un sensibile aumento dei costi ed il conseguente declino del commercio elettronico.
Il dibattito sul testo finale della Direttiva è quindi tutt’altro che chiuso: occorrerà tornarne a parlarne nei prossimi mesi.
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