Nel caso in esame, un soggetto, indagato del reato di produzione e traffico illecito si sostanze stupefacenti o psicotrope, era sottoposto alla misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
La misura cautelare era stata applicata dal Tribunale del riesame, in seguito all’appello del pubblico ministero, proposto avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari che ne aveva inizialmente rigettato la richiesta.
Proponendo ricorso per Cassazione, il ricorrente eccepiva la nullità dell’ordinanza di applicazione della misura cautelare, per mancanza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari, e per avere il Tribunale del riesame motivato in modo generico la sussistenza del pericolo di reiterazione del reato e di inquinamento probatorio.
La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso fondato. In particolare, seppur confermando il ragionamento dei giudici di merito nel ritenere sussistenti i gravi indizi di colpevolezza, che legittimano l’applicazione della misura cautelare sotto il profilo del fumus commissi delicti, per la presenza di diverse intercettazioni telefoniche in cui veniva utilizzato un linguaggio convenzionale volto a dissimulare il vero oggetto delle conversazioni (quantità di sostanze stupefacenti), la Corte ha affermato la mancanza del secondo profilo necessario per l’applicazione della misura cautelare, ossia il periculum libertatis, cioè le esigenze cautelari così come specificate nell’articolo 274 c.p.p. Dunque, le doglianze circa le “disinvolte e ripetute modalità della condotta” che il Tribunale aveva utilizzato per desumere le esigenze cautelari special-preventive, sono ritenute effettivamente fondate.
Come prescritto dal codice di procedura penale all’articolo 292, comma secondo, il giudice, nell’ordinanza con la quale dispone l’applicazione della misura cautelare, deve motivare la sua decisione, esprimendo una valutazione sulla pericolosità del soggetto in proporzione diretta al tempo trascorso tra il momento di commissione del reato e la decisione stessa, giacché ad una maggiore distanza temporale dai fatti corrisponde un affievolimento delle esigenze cautelari (SU n. 40538/2009).
Come specificato dalla Corte, “il maggior tempo trascorso dal fatto richiede in maniera ancor più concreta e rigorosa di accertare la già necessaria concretezza e specificità degli elementi che innervano il giudizio di persistente sussistenza delle esigenze cautelari (nel caso in esame, special-preventive). A tal fine era necessario indicare gli elementi concreti sulla base dei quali affermare che l’imputato avrebbe commesso reati della stessa specie quando se ne fosse verificata l’occasione.
Il giudizio prognostico compiuto dal giudicante, infatti, non può più fondarsi sullo schema logico “se si presenta l’occasione sicuramente, o molto probabilmente, la persona sottoposta alle indagini reitererà il delitto”, ma dovrà seguire la diversa impostazione secondo la quale “siccome è certo o comunque altamente probabile che si presenterà l’occasione del delitto, altrettanto certamente o comunque con elevato grado di probabilità la persona sottoposta alle indagini/imputata tornerà a delinquere”.
La Cassazione ha accolto, dunque, il ricorso, annullando l’ordinanza cautelare che imponeva l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, rinviando gli atti al Tribunale del riesame per una nuova decisione.
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