Fallimento e concordato preventivo: le novità di agosto

Marco Rubino 11/09/15
Tra le varie novità che hanno accolto i professionisti al loro rientro dalle ferie vi è la conversione in legge del D.L. 27 giugno 2015, n. 83, recante misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile (L. 6 agosto 2015, n. 132, pubbl. su G. U., n. 192, del 20 agosto 2015). Numerose le norme della Legge fallimentare e del Codice di procedura civile toccate dall’intervento normativo cha ha come denominatore comune quello di aprire maggiormente le procedure esecutive alla concorrenza di mercato (fallimento e concordato preventivo, in primis, ma anche le procedure esecutive individuali) e di agevolare il ricorso a soluzioni della crisi d’impresa che non prevedono la liquidazione del patrimonio aziendale, bensì la prosecuzione dell’attività (concordati e accordi di ristrutturazione con continuità aziendale). Volendo fare una rapida carrellata, tra le novità di maggior rilievo si segnalano l’introduzione di una soglia minima di soddisfacimento dei creditori chirografari nei concordati senza continuità aziendale (leggi: concordati liquidatori per cessione di beni e in garanzia) e la possibilità per i creditori di presentare proposte concorrenti rispetto a quella avanzata dal debitore. Per quanto riguarda la prima novità, alcuni ricorderanno che un tempo la proposta di concordato doveva prevedere il pagamento integrale dei crediti privilegiati ed il pagamento di almeno il 40% dei crediti chirografari. La novella legislativa dal 2005 (D.L. n. 35/2005, conv. L. n. 80/2005) aveva non solo cancellato la previsione di una misura minima di soddisfacimento dei creditori, ma aveva altresì introdotto la possibilità di una loro suddivisione in classi, secondo posizione giuridica e interessi omogenei, cui potevano essere offerti trattamenti differenziati. L’applicazione pratica delle nuove norme aveva tuttavia visto un proliferare di proposte di concordato liquidatorio in cui le percentuali offerte, lungi dall’eguagliare quella richiesta dalla norma ante riforma, erano estremamente esigue e destinate a ridursi ulteriormente (se non addirittura ad azzerarsi) in sede di esecuzione della proposta. Il fenomeno era poi esploso all’indomani dell’entrata in vigore del D.L. n. 83/2012 (c.d. “Decreto sviluppo”) che aveva introdotto per la votazione della proposta di concordato il meccanismo del c.d. “silenzio assenso” di modo che i voti non espressi venivano considerati come favorevoli. Tale sistema, puntando spesso sull’inerzia dei creditori, aveva determinato l’approvazione in sede di adunanza di numerose proposte che, alla prova dei fatti, si erano dimostrate inconsistenti e destinate letteralmente al fallimento. Il legislatore è ora corso ai ripari prevedendo che nei concordati senza continuità aziendale il debitore debba comunque assicurare il pagamento di almeno il 20% dei crediti chirografari. E’ stato inoltre soppresso il meccanismo del “silenzio assenso” ritornando alla precedente regola per cui la proposta è approvata solamente se ottiene il voto favorevole espresso dai creditori rappresentanti la maggioranza dei crediti ammessi e, in caso di loro suddivisione in classi, della maggioranza delle stesse. La seconda novità di rilevo è rappresentata – come accennato – dalle c.d. “proposte concorrenti” ovvero dalla facoltà concessa ad una maggioranza qualificata di creditori (quelli rappresentanti almeno il 10% dei crediti risultanti dalla situazione patrimoniale allegata al ricorso) di presentare una proposta migliorativa rispetto a quella formulata dal debitore da porre in votazione, in sede di adunanza, in concorrenza con quest’ultima. Tale norma, in correlazione ad altra norma che introduce la disciplina delle c.d. “offerte concorrenti” (ovvero all’obbligo di attivare procedure competitive finalizzate alla ricerca ed alla selezione di potenziali acquirenti anche qualora la proposta di concordato contenga già un’offerta per l’acquisto dell’azienda o di altri beni specifici), mira a stimolare una maggiore concorrenza all’interno delle procedure di concordato al fine di consentire un migliore soddisfacimento dei creditori. Come sopra anticipato, la novella ha infine introdotto una serie di norme tese ad agevolare il ricorso a soluzioni della crisi d’impresa che prevedono la prosecuzione dell’attività. In questo senso è stata ampliata, per il concordato preventivo con continuità aziendale, la possibilità di fare ricorso alla c.d. “finanza interinale”, prevedendo la facoltà di chiedere, sin dalla fase prenotativa (ovvero ancor prima di depositare il piano di concordato e la proposta definitiva), l’autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili funzionali a urgenti necessità relative all’esercizio dell’attività, ivi compreso il mantenimento delle linee di credito autoliquidanti in essere alla data di deposito della domanda. Nello stesso solco si inserisce il nuovo art. 182 septies che introduce l’accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari (nuova figura di accordo di ristrutturazione dei debiti ridisegnato ad hoc per le imprese che presentano una forte esposizione nei confronti delle banche) e la convenzione di moratoria, strumento, quest’ultimo, finalizzato a dilazionare il complessivo debito nei confronti del ceto bancario, anche quando vi si oppongano istituti creditori per non oltre il 25%. Con l’ultimo intervento legislativo, dunque, il panorama di quelle che un tempo erano chiamate “procedure concorsuali minori” (rispetto al fallimento che era considerato la procedura principale) si è ulteriormente arricchito e ampliato, consentendo all’imprenditore in crisi di scegliere tra un ventaglio di soluzioni possibili, quella più idonea a rimuovere le cause del dissesto e a rilanciare (ove possibile) l’attività aziendale.

Marco Rubino

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