A giudizio della Suprema Corte non sarebbe fondata nè la violazione degli artt. 2697 c.c.e 18 e 23 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’ art. 360 co.1 n. 4 c.p.c. secondo cui la C.T.R. avrebbe erroneamente addossato all’ Ufficio l’ onere di provare la sussistenza degli elementi di fatto idonei a giustificare l’ applicazione dell’ imposta, né risulta sussistente un autonoma organizzazione tale da giustificare l’ imposizione a carico del lavoratore autonomo la cui attività viene riferita per un utilizzo di beni strumentali impiegati nella misura del minimo indispensabile.
Diverso l’orientamento precedente, secondo cui l’ esercizio di una professione abituale, ancorchè non esclusiva, di attività di lavoro autonomo diversa dall’ impresa commerciale costituiva presupposto dell’ imposta soltanto qualora si trattasse di attività autonomamente organizzata ( Cass. 1662/2015).
Una definizione di autonoma organizzazione è stata data dalla sentenza n. 3672 e ss. del 16 febbraio 2007 secondo cui: “ organizzazione dotata di un minimo di autonomia che potenzi ed accresca la capacità produttiva del contribuente” ed ancora: “ un apparato esterno alla persona del professionista e distinto da lui, risultante dall’ aggregazione di beni strumentali e di lavoro altrui”.
Su questi presupposti la V sezione della Cassazione con sentenza n. 18749/2014 si era pronunciato accogliendo il ricorso dell’ Agenzia delle Entrate ritenendo che il professionista fosse tenuto al pagamento dell’ imposta in quanto sussistenti i presupposti previsti dalla normativa e cioè:
a) La responsabilità dell’organizzazione;
b) Impiego di beni strumentali eccedenti le quantità che, secondo l”id quod plerumque accidit’, costituiscono nell’attualità il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività anche in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui”.
I professionisti interessati da questa nuova sentenza potranno trarre nuovi benefici.
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