Occorre preliminarmente analizzare la normativa in materia.
In particolare, l’ art 1810 c.c., disciplina il comodato senza determinazione di durata ed afferma che: “se non è stato convenuto un termine di durata, né questo risulta dall’ uso a cui la cosa doveva essere destinata, il comodatario è tenuto a restituirla non appena il comodante lo richieda”.
In tale ambito occorre ricordare alcuni orientamenti passati che ribadivano che in assenza di una destinazione qualificavano il bene a tempo indeterminato e perciò revocabile ad nutum da parte del proprietario (Cass, se. un. n. 316872011).
Nella stessa direzione, la sentenza della Cassazione n. 5987/2000 secondo cui il comodatario che rifiuti la restituzione della cosa, viene ad assumere la posizione di detentore “sine titulo” e quindi abusivo del bene altrui, salvo che dimostri di poterne disporne in base ad altro rapporto diverso dal precario.
Tanto osservato, la vicenda riguardava una donna separata con un figlio assegnataria della casa coniugale che in Appello era stata condannata alla restituzione dell’ immobile all’ ex suocero che l’ aveva concesso al figlio con contratto di comodato senza durata.
La ricorrente, in Cassazione denunciava violazione degli artt. 1809 e 1810 c.c. poichè l’ immobile era stato considerato dinanzi al giudice territoriale “destinato ai bisogni della famiglia” (Cass. civ. S.U. n. 13603/2004).
Sul punto i giudici di legittimità che cosi si pronunciavano : “dall’ atto scritto risulta che il contratto è stato concluso a tempo indeterminato, senza alcuna menzione del vincolo di destinazione”.
Ne consegue, che ” in tale fattispecie il bene oggetto di comodato deve essere restituito ai sensi dell’ art. 1810 c.c. non appena il comodante lo richieda “.
L’ assenza di patti aggiunti al contratto debitamente consacrati per iscritto o suscettibili di essere dimostrati ai sensi dell’ art. 2723 c.c. non incidono sulla decisone.
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