Si tratta di un testo molto atteso dopo i primi tre provvedimenti approvati lo scorso mese di febbraio ed entrati in vigore il 7 marzo, a partire dal decreto attuativo che ha posto in essere il nuovo contratto a tutele crescenti.
Ora, dunque, inizia la fase due del Jobs Act, così come previsto dal disegno di legge delega che il Parlamento ha approvato in maniera definitiva alla fine del 2014.
Dei sei decreti legislativi enunciati nel testo definitivo della legge, infatti, ne mancano ancora tre e quello sul demansionamento è certamente il più atteso, poiché fu oggetto, nelle settimane di scioperi, polemiche e contestazioni in cui il Jobs Act venne esaminato in Parlamento, di feroci scontri anche all’interno della maggioranza, proprio come il nuovo contratto e le restrizioni all’articolo 18 tanto chiacchierate.
Cosa prevede il decreto sulle mansioni in azienda
Il testo che sarà presentato dal governo prevede la facoltà per il datore di lavoro di cambiare in maniera unilaterale le mansioni del lavoratore qualora sia in corso una modifica degli assetti organizzativi, tali da colpire anche il lavoratore oggetto del cambio di consegne.
Il limite entro cui dovrà muoversi il datore di lavoro è la necessità di affidare alla persona oggetto dello spostamento una mansione pari al livello contrattuale inferiore, senza intaccare il margine contributivo raggiunto, eccependo però eventuali caratteristiche contrattuali legate alle precedenti mansioni ora non più comprese, come ad esempio le trasferte.
Oggi, diversamente, è possibile per l’impresa affidare al lavoratore mansioni differenti, sempre che siano equivalenti alle ultime realizzate, cioè se rispondono al medesimo inquadramento contrattuale e se non rimane penalizzante in termini di carriera.
Con il nuovo decreto, invece, basterà che il nuovo impegno del lavoratore sia legato alla precedente mansione così come descritto dal contratto collettivo.
Viene poi garantita la possibilità di modificare anche in maniera bilaterale tra datore di lavoro e lavoratore e, insieme, anche di stipendio e di livello di inquadramento, purché la decisione preveda un concreto guadagno per il lavoratore, che ad esempio potrebbe preferire il demansionamento al licenziamento.
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