La Corte, sostanzialmente, annulla un provvedimento del Tribunale di Treviso che aveva confermato il sequestro di un tavolo da poker in un esercizio commerciale, rilevando che la presunzione di liceità derivante dall’aver utilizzato un gioco autorizzato dallo Stato non può essere superata da una semplice ipotesi investigativa, ma deve essere supportata da concreti elementi di prova, che nel caso di specie sembrano mancare.
Una pronuncia che conferma l’orientamento dottrinale secondo il quale la Legge, attualmente, non vieta l’uso dei tavoli da poker on line nei locali pubblici, ma l’utilizzo di apparecchiature telematiche ai concessionari che non sono autorizzati alla raccolta on line.
Come spesso accade, dopo la pubblicazione della suddetta circolare, erano iniziati sequestri a macchia di leopardo su tutto il territorio nazionale, da parte della Guardia di Finanza, per la presunta violazione della Legge 401/1989, che avevano ovviamente colpito soprattutto i concessionari autorizzati alla raccolta di gioco on line.
Molte erano state, immediatamente, le perplessità degli addetti ai lavori, soprattutto in riferimento al bene giuridico da tutelare.
L’installazione dei tavoli elettronici da poker, all’interno dei locali pubblici, non sembrava in contrasto con le norme del settore, considerando che le piattaforme di gioco per il poker on line sono certificate all’origine da Sogei, la Società Generale d’Informatica che supporta l’Amministrazione dei Monopoli di Stato nella scelta dei giochi leciti. A ciò si aggiunge la circostanza che il poker, in modalità torneo (sia dal vivo che on line), non è considerato un gioco d’azzardo, ma un gioco di abilità, e che i concessionari hanno investito nel settore ritenendo il mercato libero e non contingentato, mentre con una simile preclusione probabilmente avrebbero valutato diversamente l’iniziativa.
Inoltre, abbastanza discutibile appariva la scelta di tutelare il cittadino vietando l’uso dei tavoli nei locali pubblici, dove il controllo da parte delle Forze dell’Ordine è certamente più incisivo che, ad esempio, a casa o negli Internet Point, dove anche l’esercente non ha alcun titolo per controllare l’attività svolta in Rete dal cliente.
Una sentenza che chiarisce i dubbi degli operatori e costringe l’Amministrazione dei Monopoli ad una riflessione sul mondo dei giochi.
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