Lo scandalo degli enti locali siciliani, definitivo con scarsa fantasia “gettonopoli”, riguarda i gettoni di presenza elargiti ai consiglieri comunali per la loro partecipazione a consigli e commissioni.
Centinaia di sedute l’anno finalizzate a percepire il fatidico gettone.
Uno dei primi comuni nel quale esplose la questione fu Milazzo, in provincia di Messina. L’allora segretario generale bloccò la delibera che liquidava i compensi ai consiglieri comunali, avanzando dubbi sulla legittimità dei pregressi provvedimenti che avevano elevato il gettone di presenza sopra i 100,00 euro a seduta, mentre il regolamento esecutivo, approvato con decreto del presidente della Regione n. 19/2001, lo quantificava in lire 60.000.
Ad interessarsi della questione fu la Corte dei Conti. Secondo la Procura contabile c’era un danno di circa 17.000 euro a consigliere, per un totale di circa 500 mila euro.
In sede di giudizio, però, i consiglieri andarono tutti assolti grazie alla prescrizione ed una vacanza legislativa che apriva uno spiraglio di legittimità al provvedimento adottato.
La delibera incriminata era stata approvata il 27 novembre 2001, lo stesso giorno in cui veniva pubblicato sulla G.U.R.S. il regolamento che fissa il tetto massimo del gettone di presenza per seduta. La norma, però, secondo quanto hanno evidenziato i magistrati contabili, entrava in vigore dopo che erano trascorsi 15 giorni. Lasso di tempo che ha reso legittima la contestata deliberazione del Consiglio comunale.
Anche a Priolo Gargallo, nel siracusano, i consiglieri comunali avevano deciso di aumentarsi del 417 per cento il gettone di presenza. Un danno calcolato dal Procuratore regionale della Corte dei conti, Giuseppe Aloisio, in 650 mila euro circa.
Solo dopo dieci anni la delibera illegittima è stata modificata. Adesso a Priolo Gargallo, i Consiglieri percepiscano un gettone pari a 30,25 euro quindi pienamente in regola. Fino al 2013 ammontava a 123,50 euro.
Anche in questo caso a “notare” l’anomalia fu il segretario generale, sollevando il dubbio di legittimità sull’importo e così il Consiglio comunale, con qualche mugugno, riportò a 30 euro il gettone.
Con un’altra delibera, del 10 giugno 2014, il Consiglio Comunale si pronunciava per la retroattività della quantificazione del gettone, applicando l’importo aggiornato a partire dal 9 luglio 2013 con conseguente restituzione degli importi indebitamente acquisiti.
Ancora un segretario comunale (non è un caso che parte della politica non li ami) solleva il caso ad Agrigento. Secondo la Corte dei Conti e secondo quanto fatto notare dal segretario, i capigruppo consiliari non avrebbero dovuto incassare il gettone di presenza nello svolgimento della Commissione composta dai capi dei singoli gruppi consiliari.
Nel comune della Valle dei Templi, però, il problema dei gettoni percepiti per la partecipazione alle conferenze dei capigruppo è una goccia nel mare.
Le commissioni convocate in un anno sono 1.133. Tre incontri al giorno, sabati, domeniche e festività inclusi. Nello stesso arco temporale i colleghi di Trento si sono riuniti solo 109 volte. Il costo a consigliere è di 50,34 euro a ogni riunione.
Della questione se ne occupa la stampa nazionale e, stavolta, la magistratura, non solo quella contabile. La Procura della Repubblica apre un’inchiesta e la gente scende a protestare in piazza.
Anche a Siracusa si è mosso il segretario generale ed, intanto, ha invitato il dirigente degli affari generali a sospendere il pagamento dei gettoni di presenza ai capigruppo ed agli eventuali loro delegati per la partecipazione alle riunioni di commissione consiliare.
La decisione è stata adottata in attesa che l’ispettore inviato dall’assessorato regionale alle Autonomie locali faccia chiarezza sulla vicenda.
Il comune di Siracusa impegna e spende poco meno di 600 mila euro per i rimborsi alle società datrici di lavoro per soli 14 consiglieri comunali.
Nella città di Archimede, a fare i conti sono gli agenti della Digos, che hanno già sequestrato i verbali ed i documenti legati all’attività del consiglio comunale.
Adesso inizierà il lungo e minuzioso esame di verbali e documenti delle carte legate alle oltre 1.200 commissioni tra settembre 2013 e dicembre 2014 e alle 12 mila presenze fatte registrare dagli esponenti dell’assemblea cittadina. Una mole di lavoro costata, nel 2014 un milione e mezzo di euro.
I numeri delle sedute di Messina non sono ancora emersi, ma quello che si conosce è il costo dei gettoni nel 2014, che ammontano a 900 mila euro.
Anche nella città dello Stretto, gli investigatori hanno acquisito i verbali e gli atti del Consiglio comunale. Qui il gettone sembra sia stato elargito anche solo per la “chiamata”, senza che la commissione si effettuasse. Alcuni consiglieri si presentavano alle sedute della commissione già in prima convocazione, quando si dà per scontato il mancato raggiungimento del numero legale. Firmavano sul registro la loro presenza e andavano via.
Adesso il Governo regionale sembra volere assumere iniziative concrete per limitare il fenomeno. Nella prossima finanziaria regionale, per i sindaci è previsto un taglio del compenso del 20%, in virtù della voglia di adeguare i compensi a quelli nazionali.
Più severo l’intervento previsto rispetto ai consiglieri comunali. L’ipotesi di partenza era di prevedere il pagamento di sole sessanta sedute annue, ipotesi subito scartata. La seconda ipotesi era di limitare il compenso dei Consiglieri comunali al 25% dell’indennità del sindaco. La norma che il Governo proporrà all’Assemblea Regionale Siciliana è del tetto del 30% ma non dell’indennità del sindaco, bensì di quella dell’assessore.
Misure che vanno oltre i tagli previsti a livello nazionale. Tanto che c’è qualcuno che già parla di accanimento.
Contrarietà espressa anche dall’Associazione dei comuni siciliani. L’Anci Sicilia teme che alimentare i sentimenti di sfiducia nei confronti degli amministratori locali rischia ancora di più di compromettere l’incolumità degli unici rappresentanti che si confrontano ogni giorno con i cittadini e che nelle scelte amministrative ci mettono sempre la loro faccia.
In effetti, sono recenti i dati allarmanti sul fenomeno degli atti d’intimidazione nei confronti degli amministratori locali. In sedici mesi sono stati registrati 1.265 casi in tutt’Italia. La Sicilia è la Regione più colpita e dove sono più presenti casi di auto incendiate, aggressioni, bombe e minacce.
L’AnciSicilia si stupisce che si voglia ancora alimentare il fuoco di una polemica che rappresenta in termini finanziari una questione del tutto marginale rispetto ai problemi della Sicilia.
In effetti, a fronte di alcune decine di amministratori locali che hanno fatto del loro incarico un modo per lucrare alti compensi, ce ne sono centinaia che continuano ad operare per pure passione politica. Sono diversi i casi, specie nei comuni medio-piccoli, di amministratori che si riducono l’indennità o rinunciano del tutto a percepirla.
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