Spetta infatti alle istituzioni comunitarie definire se e in quale misura il reverse charge, così come approvato nella legge di stabilità 2015, possa effettivamente entrare in vigore.
Ecco di cosa si tratta quando si parla di reverse charge e per chi vale
In pratica, lo strumento consente alle imprese di assolvere il pagamento dell’Iva facendola ricadere direttamente sul fornitore o prestatore di servizi. La legge di stabilità ha previsto la norma per alcuni settori specifici: non solo la grande distribuzione, ma anche l’energia e l’edilizia.
Ora, dunque, Confindustria si appella direttamente alla Commissione europea, chiamata a valutare la correttezza dell’applicazione Iva sottesa al reverse charge come enunciato nella recente finanziaria.
A parere dell’organizzazione degli industriali, in Italia i rimborsi dei crediti Iva avvengono in tempi troppo dilatati e la diffusione di un simile meccanismo anche a settori chiave come l’edilizia o la grande distribuzione rischia di “acuire i ritardi nell’erogazione dei rimborsi, a scapito dell’effettiva neutralità del funzionamento dell’imposta sul valore aggiunto con effetti devastanti sulla neutralità delle imprese e sui loro piani di investimento”.
Confindustria contesta al governo come l’introduzione del reverse charge per i settori definiti nella legge di stabilità costituisca una deroga in piena regola alla normativa, che andrebbe assunta solo in presenza di rischi di frode ampiamente documentati. Per questo, l’associazione guidata da Giorgio Squinzi invita le istituzioni comunitarie a valutare approfonditamente l’impatto di una simile misura fiscale.
Secondo gli esperti, il ricorso di Confindustria potrebbe andare a buon fine, di fronte anche alla non ostilità di Bruxelles alle osservazioni mosse nel reclamo, per il solo fatto che un meccanismo emergenziale – il reverse charge – con le specifiche del governo diventerebbe di uso comune e dunque generalizzato.
Se il ricorso venisse accolto e l’entrata in vigore del reverse charge sospesa, si aprirebbe un nuovo scenario, con lo scatto della clausola di salvaguardia e l’incremento delle accise sui carburanti per assicurare la copertura di quasi un miliardo di euro, garantito con l’applicazione del pagamento invertito dell’Iva, ora sotto esame in Europa e attaccato da Confindustria. Il costo, insomma, finirebbe per riversarsi cui contribuenti.
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