Dunque, non una, bensì due gli atti a cui i deputati hanno dato via libera: la prima mozione presentata dal Partito democratico, con capo firmatario Roberto Speranza, e l’altra in rappresentanza dell’Area popolare tra Scelta civica e Ncd-Udc. I voti a favore della mozione Pd sono stati 300, con 45 contrari e 39 astenuti, mentre la seconda ha ottenuto 237 voti a favore. Insomma, uno scarto piuttosto ampio, tenendo conto delle tantissime assenze a Montecitorio, che ha posto in calendario la discussione sul delicato tema di politica mediorientale al venerdì, quanto, notoriamente, moltissimi onorevoli sono già tornati a casa per il weekend.
Nonostante le numerose defezioni, la decisione, a cui il Parlamento era tenuto a esprimersi in tempi bravi dal pressing delle istituzioni europee, non scontenta nessuno, dal momento che le due mozioni si presentano, per toni e atteggiamento, in forte contrasto, se non proprio opposte.
Da una parte, infatti, la mozione Speranza si apre riconoscendo “il diritto del popolo palestinese ad avere un proprio Stato entro confini riconosciuti ed internazionalmente garantiti, che conviva pacificamente con Stato di Israele, assicurando ad entrambi condizioni di sicurezza e stabilità”; dall’altra, invece, la mozione che reca come primo firmatario il deputato Paolo Alli di Nuovo centrodestra impegna il governo “a sostenere sia in sede bilaterale che multilaterale, di concerto con i partner europei, la tempestiva ripresa del negoziato diretto fra israeliani e palestinesi”.
Senza fare mistero, la mozione approvata dalla Camera con il sostegno dell’area centrista riconosce “la costituzione dello Stato palestinese come “un obiettivo condivisibile anche per dare una soluzione positiva a una lunga storia di battaglie politiche e di sofferenze. Perché esso sia compiutamente conseguito è necessario tuttavia un accordo fra le due parti in campo”.
Insomma, a prima vista sembrano obiettivi comuni, ma in realtà i metodi per il loro perseguimento sembrano molto diversi, soprattutto in questa fase in cui la comunità internazionale si sta esprimendo a favore del riconoscimento dello Stato palestinese. Insomma, più che un pieno riconoscimento del diritto allo Stato palestinese, il Parlamento italiano sembra aver inferto, se non proprio una battuta d’arresto, quantomeno un’accelerazione “in retromarcia” al processo di sdoganamento della Palestina come entità indipendente.
Eloquente il commento dell’ambasciata israeliana a Roma: “Accogliamo positivamente la scelta del Parlamento italiano di non riconoscere lo Stato palestinese e di aver preferito sostenere il negoziato diretto”.
La mozione di Roberto Speranza
Atto Camera Mozione 1-00745 presentato da SPERANZA Roberto testo di Giovedì 26 febbraio 2015, seduta n. 382 La Camera, premesso che: il diritto del popolo palestinese ad avere un proprio Stato entro confini riconosciuti ed internazionalmente garantiti, che conviva pacificamente con Stato di Israele, assicurando ad entrambi condizioni di sicurezza e stabilità, è da tempo una consolidata posizione italiana ed europea; largamente condivisa, a livello internazionale, è la convinzione che l’effettivo raggiungimento di tale risultato può avvenire soltanto attraverso il negoziato sul mutuo riconoscimento dei confini a partire da quelli del 1967 ed eventuali scambi di territori tra le parti, sulla soluzione dello status di Gerusalemme, nonché sulla questione del diritto del ritorno dei profughi palestinesi; largamente condivisa, a livello internazionale, è altresì la convinzione che tale risultato non può essere perseguito tramite il ricorso alla valenza e al terrorismo, richiamando in tal senso l’importanza del rispetto dei tre principi del cosiddetto quartetto (Usa, Russia, Onu e Unione europea), che presuppone, tra l’altro, il diritto dei due popoli a vivere al riparo da ogni violenza e atti di terrorismo; preoccupante e da deplorare è lo stallo intervenuto nel processo negoziale che rischia di alimentare violenze e di creare le condizioni per sanguinosi e tragici conflitti; come ribadito anche dalla risoluzione del Parlamento europeo – approvata a larghissima maggioranza il 17 dicembre 2014 – occorre evitare tutte le azioni che mettano in dubbio gli impegni assunti a favore di una soluzione negoziata, invitando entrambe le parti ad astenersi da qualsiasi azione suscettibile di compromettere la fattibilità e le prospettive di una soluzione fondata sulla coesistenza dei due Stati, evidenziando, tra l’altro, come l’espansione degli insediamenti sia illegale dal punto di vista anche del diritto internazionale e come sia altresì necessario promuovere il raggiungimento di una intesa tra tutte le forze politiche palestinesi che, attraverso il riconoscimento dello Stato d’Israele e l’abbandono della violenza, determini le condizioni per una convivenza pacifica; l’attuale altissima tensione nell’area, con una guerra civile in atto in Siria, la preoccupante fondazione del sedicente Stato islamico in un’area compresa tra Iraq e la stessa Siria, le fasi finali del negoziato sul nucleare con l’Iran reclamano un maggiore investimento politico e diplomatico nella soluzione del conflitto, anche attraverso la massima unità possibile di intenti tra l’Europa e gli Stati Uniti; l’Italia come altri Paesi ha già effettuato alcuni passi importanti nel riconoscimento delle prerogative della Palestina, ove si pensi al voto a favore del riconoscimento dello status della Palestina quale «Stato non membro osservatore delle Nazioni Unite», all’attribuzione dello status diplomatico pieno alla rappresentanza palestinese in Italia, al costante sostegno politico alle richieste palestinesi di divenire membri in diverse organizzazioni internazionali; l’Italia ha già più volte espresso la propria disponibilità a riconoscere formalmente, al momento opportuno e nelle appropriate condizioni, uno Stato palestinese accanto allo Stato di Israele e in pace con esso; rilevante è già e ancor più dovrà esserlo in futuro il ruolo del nostro Paese – anche operando negli ambiti europei ed internazionali – per la cooperazione allo sviluppo e per il sostegno al rafforzamento delle istituzioni palestinesi nonché per rafforzare la cooperazione e la comprensione nel più vasto quadro mediterraneo e mediorientale, la pace, la sicurezza e lo sviluppo umano, sociale ed economico; la comunità internazionale deve garantire, in particolare in Europa, il pieno contrasto ad ogni rigurgito di violenza ed intolleranza nei confronti dei cittadini e delle comunità ebraiche che già hanno conosciuto, nel corso della storia, persecuzioni e, nel nostro Continente, un vero e proprio genocidio. I recenti episodi di antisemitismo, razzismo e xenofobia richiedono di riaffermare con forza che l’ebraismo è parte integrante dell’identità europea e che l’Europa è anche la casa degli ebrei, impegna il Governo: a continuare a sostenere in ogni sede l’obiettivo della costituzione di uno Stato palestinese che conviva in pace, sicurezza e prosperità accanto allo Stato di Israele, sulla base del reciproco riconoscimento e con la piena assunzione del reciproco impegno a garantire ai cittadini di vivere in sicurezza al riparo da ogni violenza e da atti di terrorismo; a promuovere il riconoscimento della Palestina quale Stato democratico e sovrano entro i confini del 1967 e con Gerusalemme quale capitale condivisa, tenendo pienamente in considerazione le preoccupazioni e gli interessi legittimi dello Stato di Israele; a ricercare, a tal fine, un’azione coordinata a livello internazionale, e in particolare in seno all’Unione europea ed alle Nazioni Unite, in vista di una soluzione globale e durevole del processo di pace in Medio Oriente fondata sulla esistenza di due Stati, palestinese ed israeliano; ad attivarsi per sostenere e promuovere il rilancio del processo di pace tramite negoziati diretti fra le parti. (1-00745) «Speranza, Locatelli, Marazziti».
La mozione di Ncd- Scelta civica
Atto Camera Mozione 1-00746 presentato da ALLI Paolo testo di Giovedì 26 febbraio 2015, seduta n. 382 La Camera, premesso che: è indispensabile una strategia generale che porti a una situazione nuova nel Medio Oriente dove sussistono conflitti in parte autonomi l’uno dall’altro, come quelli esplosi in Iraq e in Siria e determinatisi per la crisi di questi Stati e per la conseguente affermazione dell’Isis; il conflitto libico verificatosi in seguito all’eliminazione di Gheddafi senza che fosse maturato un nuovo equilibrio politico; le complesse problematiche causate dal dramma di un enorme numero di immigrati che opprime Paesi come la Giordania e il Libano; lo scontro israeliano-palestinese; in questo quadro il conflitto israeliano-palestinese è attualmente segnato da un armistizio che non elimina il rischio di una ripresa delle ostilità e che comunque non risolve in modo stabile e positivo la vicenda; le drammatiche conseguenze di carattere umanitario, politico e sociale del conflitto israelianopalestinese costituiscono fonte di allarme e di preoccupazione. La necessità di una pacificazione è resa ancora più ineludibile dall’avanzata del fondamentalismo islamico che pratica il terrorismo in forme particolarmente efferate in Siria e in Iraq, che tende ad esportarlo in molti altri Paesi, colpendo contemporaneamente il resto del mondo islamico, gli ebrei, i cristiani, i credenti in altre religioni; di fronte allo stallo negoziale è auspicabile che la comunità internazionale dia un proprio contributo come mediazione costruttiva tra le parti e non con decisioni unilaterali che potrebbero determinare esiti controproducenti; la formula dei due Stati per due popoli conserva piena validità e si fonda sulla parallela esigenza di assicurare la compiuta realizzazione dello Stato palestinese e la sicurezza di quello israeliano; è interesse strategico dell’Italia e dell’Europa contribuire alla pacificazione nel Medio Oriente nell’ottica della stabilizzazione della regione mediterranea e dell’intensificazione della cooperazione con gli Stati rivieraschi; lo Stato di Israele, pur fra contraddizioni ed errori, rappresenta nel Medio Oriente un insediamento di reale democrazia, è caratterizzato da un profondo pluralismo delle idee e delle posizioni, svolge un ruolo assai importante nella lotta a ogni forma di terrorismo ed esprime una storia dell’ebraismo che va rispettata e tutelata in contrapposizione a ogni forma di antisemitismo. È necessario che lo Stato d’Israele non proceda negli insediamenti; la costituzione dello Stato palestinese è un obiettivo condivisibile anche per dare una soluzione positiva a una lunga storia di battaglie politiche e di sofferenze. Perché esso sia compiutamente conseguito è necessario tuttavia un accordo fra le due parti in campo. Altrettanto necessario per il riconoscimento dello stato palestinese è che si arrivi ad una reale intesa politica tra Al-Fatah e Hamas che implichi il riconoscimento dello stato d’Israele e l’abbandono della violenza come strumento di soluzione del conflitto; riconoscere per essere riconosciuti è un’equazione ineludibile; un corretto processo di pace passa attraverso la libera e sincera condivisione delle responsabilità fra le parti, favorita in tutti i modi dall’Unione europea, dagli Usa e dall’Italia; in questo drammatico contesto merita di essere valorizzata la sensibilità che stanno dimostrando i Paesi arabi moderati, dall’Egitto alla Tunisia, dalla Giordania, al Marocco, dall’Algeria agli Emirati Arabi Uniti. Essi stanno svolgendo un ruolo essenziale nel contrapporsi alle correnti fondamentaliste e nell’operare in funzione di una pacificazione. È auspicabile che nel futuro lo stesso ruolo sia svolto anche da altri Stati di grande rilievo quali la Turchia e l’Arabia Saudita, e che in Iran prevalgano le tendenze riformiste, impegna il Governo: a sostenere sia in sede bilaterale che multilaterale, di concerto con i partner europei, la tempestiva ripresa del negoziato diretto fra israeliani e palestinesi, come via maestra per la realizzazione degli Accordi di Oslo; a promuovere il raggiungimento di un’intesa politica tra Al-Fatah e Hamas che, attraverso il riconoscimento dello Stato d’Israele e l’abbandono della violenza, determini le condizioni per il riconoscimento di uno Stato palestinese; a promuovere in seno all’Unione europea un’azione più determinata sulla crisi del Medioriente ripristinando l’inviato speciale per il processo di pace ma soprattutto prospettando a entrambe le parti i vantaggi di un partenariato speciale con la stessa Unione, una volta che fosse concluso il conflitto. (1-00746) «Alli, Rabino, De Girolamo, Mazziotti Di Celso, Cicchitto, Dorina Bianchi, Pizzolante, Scopelliti, Causin, Sammarco».
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