Tale istituto è disciplinato dall’art. 23 del d.l. n. 133/2014 (decreto “Sblocca Italia”), rubricato “Disciplina dei contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili”, che si riferisce ai: “ contratti diversi dalla locazione finanziaria che prevedono l’immediata concessione del godimento di un immobile, con diritto per il conduttore di acquistarlo entro un termine determinato, imputando a corrispettivo del trasferimento la parte di canone imputata nel contratto”.
Caratteristiche sono:
– L’immediata concessione del godimento del bene al c.d. conduttore che, entro il termine determinato nel contratto, potrà esercitare il diritto di acquistare il bene, con il vantaggio di imputare a corrispettivo del trasferimento tutti o parte dei canoni versati, secondo quanto pattuito.
– In caso di inadempimento il venditore potrà ricorrere all’esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. che afferma quanto segue: “il concedente ha diritto alla restituzione dell’immobile ed acquisisce interamente i canoni a titolo di indennità, se non è stato diversamente convenuto nel contratto”.
– La trascrizione del contratto ai sensi dell’art. 2645-bis c.c. e agli effetti del 2643 comma 1 n.8 c.c. con la possibilità di estendere il godimento fino a un massimo di 10 anni.
– L’ opponibilità ai terzi ex art. 2643, comma 1 n.8 c.c.
– L’applicabilità di alcune norme in tema di usufrutto (artt. 1002 – 1007 c.c. ).
La norma lascia le parti libere di determinare la durata, gli importi e il numero dei canoni, a condizione che al venir meno del pagamento di un minimo di canoni versati non inferiore ad un ventesimo del loro numero complessivo si risolve il contratto.
Tanto premesso, l’ Agenzia delle Entrate con la circolare 4/E del 19 febbraio 2015, ha pubblicato per tali contratti il trattamento fiscale da applicare al canone corrisposto dal conduttore, diversificandolo in base:
– al godimento dell’immobile (affitto)
– acconto prezzo (acquisto).
Sul primo punto, il regime fiscale previsto per la quota di canone imputata al godimento dell’ immobile è quello della locazione.
Sul secondo punto per la quota di canone versato quale acconto al trasferimento dell’ immobile la normativa fiscale prevista è quella sugli acconti-prezzo.
Nel dettaglio la Circolare 4/E:
FASE DI GODIMENTO DELL’IMMOBILE: TRATTAMENTO DEL CANONE PER GODIMENTO DEL BENE E ACCONTO PREZZO
Trattamento fiscale per i concedenti che agiscono in regime di impresa
Imposte sui redditi e IRAP
Il concedente che applica le regole previste nell’ambito del reddito d’impresa, durante il periodo di locazione, rileva i canoni di locazione e contabilizza gli acconti sul prezzo come debiti verso il conduttore, mentre solo nella successiva (ed eventuale) fase di vendita dell’immobile emerge il componente di reddito.
Ciò premesso, si evidenzia che l’articolo 109, comma 2, lettera a), del TUIR, prevede, per i beni immobili, che i corrispettivi delle cessioni si considerano conseguiti e le spese di acquisizione si considerano sostenute “alla data (…) della stipulazione dell’atto” di compravendita.
La predetta disposizione stabilisce, inoltre, che non si debba tener conto delle clausole di riserva della proprietà e che la locazione con clausola di trasferimento della proprietà, vincolante per ambedue le parti, venga assimilata alla vendita con riserva di proprietà.
In tali ipotesi, infatti, il verificarsi dell’effetto traslativo, differito a mero scopo di garanzia, è voluto da entrambi i contraenti già al momento della conclusione del negozio e, conseguentemente, è a tale data che occorre fare riferimento per individuare il momento in cui ai fini fiscali rileva il trasferimento del bene (cfr. risoluzione n. 338/E del 1° agosto 2008).
Nella disciplina in esame, invece, si è in presenza di un negozio complesso che, oltre al godimento dell’immobile, prevede, in caso di esercizio del diritto di acquisto da parte del conduttore, l’obbligo di cessione dell’immobile stesso da parte del proprietario e l’imputazione in conto prezzo dei soli acconti sul prezzo pagati sino al momento dell’acquisto.
Non si rileva alcun vincolo che obblighi entrambe le parti del contratto al trasferimento della proprietà dell’immobile, ma è presente un diritto di acquisto attribuito ad una sola delle parti (il conduttore) che, qualora esercitato, obbliga la controparte (il locatore-proprietario) a cedere l’immobile.
Di conseguenza, lo schema giuridico che caratterizza la norma in esame non è riconducibile alla locazione con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue le parti e, pertanto, non trova applicazione la disposizione di cui all’articolo 109, comma 2, lettera a), ultimo periodo.
Nei periodi precedenti all’esercizio del diritto d’acquisto da parte del conduttore l’unico negozio a cui possa attribuirsi rilievo giuridico è la locazione. In tali periodi, quindi, il concedente determina il reddito d’impresa secondo le regole che caratterizzano la locazione, vale a dire:
1) nel caso di immobili merce o di immobili strumentali per natura, attribuendo rilevanza ai canoni pro rata temporis, a norma dell’articolo 109, comma 2, lettera b), ultimo periodo, del TUIR;
2) nel caso di immobili patrimonio, attribuendo rilevanza al confronto tra il canone di locazione e la rendita catastale, ai sensi dell’articolo 90 del TUIR.
Nel periodo della locazione non assume rilevanza reddituale, invece, la parte di canone imputata al corrispettivo del trasferimento, essendo la stessa un acconto versato dal conduttore come anticipo sul prezzo di vendita che per il concedente rappresenta un debito.
Anche ai fini IRAP, nei periodi precedenti all’esercizio del diritto d’acquisto, l’unico negozio a cui possa attribuirsi rilievo giuridico è la locazione.
Di conseguenza, il componente positivo derivante dalla locazione rileva per il concedente secondo le regole ordinarie che caratterizzano il tributo regionale.
Iva
In merito alla quota dei canoni versati per il godimento dell’immobile, atteso che i contratti in esame non contengono una clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue le parti, si ritiene che la stessa non sia riconducibile ad una cessione di beni, ai sensi dell’art. 2, comma 2, n. 2, del D.P.R. n. 633 del 1972.
Pertanto, ancorché il nuovo schema contrattuale non sia civilisticamente riconducibile a contratti già esistenti, si dovrà applicare, in primo luogo, la disciplina IVA del contratto di locazione, con la conseguenza che i canoni relativi al godimento pagati dal conduttore saranno rilevanti, ai sensi dell’art. 6, comma 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, all’atto del pagamento.
In proposito, occorre rilevare che la locazione di un fabbricato abitativo rientra, in via generale, tra le operazioni esenti di cui all’articolo 10, comma 1, n. 8, del D.P.R. n. 633 del 1972. In deroga a tale regola, è previsto che, qualora il locatore sia un’impresa costruttrice o di ripristino, lo stesso può optare per il regime di imponibilità. L’opzione per l’imponibilità IVA va sempre esercitata nello stesso
contratto di godimento di cui all’articolo 23 in esame. Anche per quanto concerne la locazione dei fabbricati strumentali, che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza trasformazioni radicali, la stessa è, per regime naturale, esente, ma in questo caso esiste sempre la possibilità per il locatore di optare per l’imponibilità.
Per queste ultime locazioni, a differenza delle locazioni che hanno ad oggetto immobili abitativi, la facoltà di optare per il regime di imponibilità è, infatti, estesa a tutti i soggetti passivi proprietari di un immobile strumentale concesso in locazione e non solo alle imprese di costruzione o di ripristino.
La parte di canone pagata a titolo di acconto prezzo, ai sensi dell’art. 6, comma 4, del D.P.R. n. 633 del 1972, rappresenta l’anticipazione del corrispettivo pattuito per il trasferimento e, pertanto, assume rilevanza ai fini IVA.
Il trattamento IVA applicabile a tali acconti è lo stesso che viene riservato ai corrispettivi per le cessioni degli immobili abitativi e strumentali. In proposito, si ricorda che, alle cessioni di immobili ad uso abitativo, ai sensi dell’articolo 10, comma 1, n. 8-bis, del DPR n. 633 del 1972, si applica, in via generale, il regime di esenzione dall’IVA, qualunque sia il soggetto passivo cedente, ad eccezione delle cessioni eseguite dalle imprese di costruzione o di ripristino cui si applica il regime di imponibilità quando gli immobili sono ceduti entro il quinquennio dalla loro ultimazione o da quando sono stati eseguiti interventi di recupero di cui all’articolo 3, comma 1, lettere c), d) ed f) del DPR 6 giugno 2001, n. 380. Decorso il quinquennio dal termine della costruzione o dagli interventi di recupero, le cessioni in parola sono soggette al regime naturale dell’esenzione, salvo opzione per l’imponibilità da parte dell’impresa di costruzione o di ripristino.
Alle cessioni di fabbricati strumentali si applica, invece, il successivo n.8-ter del citato articolo 10, comma 1, il quale prevede l’esenzione quale regime naturale, salva l’imponibilità obbligatoria per le cessioni effettuate da imprese che hanno costruito l’immobile o che vi hanno eseguito interventi di recupero, se la cessione avviene entro cinque anni dalla fine dei lavori.
Per i fabbricati strumentali resta, altresì, salva la possibilità, anche per imprese diverse da quelle di costruzione o di ripristino, di optare per il regime di imponibilità.
Nei casi in cui l’operazione sia imponibile ai fini dell’IVA, secondo le disposizioni sopra illustrate, le aliquote applicabili sono quelle vigenti al momento del pagamento dell’acconto, secondo le seguenti regole:
– aliquota ridotta del 4%, ai sensi del n. 21 della Tabella A, parte II, allegata al DPR n. 633 del 1972, modificato dall’articolo 33, comma 1, D.Lgs. 21 novembre 2014, n. 175, in vigore dal 13 dicembre 2014, se il futuro acquirente dichiara di poter beneficiare dei requisiti ‘prima casa’ e se si tratta di case di abitazione (anche in corso di costruzione) classificate o classificabili nelle categorie catastali diverse dalle seguenti:
– cat. A/1 – abitazioni di tipo signorile;
– cat. A/8 – abitazioni in ville;
– cat. A/9 – castelli e palazzi di eminenti pregi artistici e storici.
– aliquota ridotta del 10%, ai sensi del n. 127-undecies della Tabella A, parte III, allegata al DPR n. 633 del 1972, se si tratta di case di abitazione che hanno la medesima natura/classificazione catastale di quelli che potrebbero potenzialmente fruire dell’agevolazione ‘prima casa’;
– aliquota ordinaria del 22%, per gli immobili classificabili nella categorie catastali sopra richiamate (A/1, A/8 e A/9) e per gli immobili strumentali. Si ricorda che con diversi documenti di prassi (circolare 1 del 2 marzo 1994, risoluzione del 7 dicembre 2000, n. 187) è stato chiarito che è sempre possibile operare una variazione (in aumento o in diminuzione) dell’imposta, ai sensi dell’art. 26 del D.P.R. n. 633 del 1972, senza alcun limite temporale rispetto al momento di effettuazione dell’operazione, quando l’acquirente, successivamente alla fatturazione degli acconti con una certa aliquota (del 10 o del 4 per cento), all’atto della stipula del contratto definitivo, dichiari che si sono modificate le condizioni necessarie per accedere alle agevolazioni ‘prima casa’.
Registro
Com’è noto, ai fini dell’imposta di registro, gli articoli 20 e 21 del DPR 26 aprile 1986, n. 131 (di seguito TUR) dettano i principi da applicare per stabilire la corretta tassazione degli atti.
In particolare, l’articolo 20 del TUR stabilisce che “L’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente”.
L’articolo 21 stabilisce, invece, che “se un atto contiene più disposizioni che non derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, ciascuna di essa è soggetta ad imposta come se fosse atto distinto. Se le disposizioni contenute nell’atto derivano necessariamente per la loro intrinseca natura le une dalle altre, l’imposta si applica come se l’atto contenesse la sola disposizione che dà luogo all’imposizione più onerosa”.
Come si è avuto modo di chiarire con la circolare 7 ottobre 2001, n. 44, rilevano autonomamente, ai sensi dell’articolo 21, comma 1, del TUR, le singole disposizioni contenute nell’atto che siano espressione di una autonoma capacità contributiva.
Tali principi devono essere, dunque, osservati, al fine di stabilire la corretta tassazione da applicare ai contratti di godimento con diritto di acquisto. In via preliminare, si precisa che tali contratti sono soggetti all’obbligo di registrazione nel termine di 30 giorni dalla data di formazione dell’atto stesso, sia
se formati per scrittura privata che se formati per atto pubblico o per scrittura privata autenticata.
Per quanto attiene alla misura della tassazione da applicare, nel periodo precedente l’esercizio del diritto di acquisto da parte del conduttore, rileva, ai fini dell’imposta di registro:
– sia la concessione in godimento dell’immobile da parte del proprietario a fronte del pagamento di un corrispettivo (una quota del canone);
-sia la quota di canone destinata, nella misura indicata nel contratto, ad acconti prezzo, per la vendita dell’immobile.
Per quanto attiene alla disposizione che prevede la concessione del godimento dell’immobile a fronte della corresponsione di un canone, trovano applicazione le previsioni recate per i contratti di locazione di cui al combinato disposto degli articoli 3, 17 del TUR e articolo 5 della tariffa, parte prima, allo stesso allegata.
In applicazione di tali disposizioni, per il contratto di godimento che rientri nel campo di applicazione dell’IVA, trova applicazione la seguente disciplina:
– per i fabbricati abitativi, la misura dell’imposta di registro deve essere determinata in considerazione del regime IVA applicabile.
1. se il contratto è esente da IVA, si applica l’imposta di registro in misura proporzionale (2 per cento);
2. se il contratto è imponibile IVA (in quanto il concedente ha espresso l’opzione in tal senso), l’imposta di registro è dovuta in misura fissa (euro 67 se il contratto è stipulato per scrittura privata o euro 200 se il contratto è formato per scrittura privata autenticata o è redatto in forma pubblica).
Tipologia di fabbricati IVA Registro
Abitativi Esente Proporzionale (2%)
Abitativi Imponibile Imposta fissa (euro 67 o 200 a seconda della forma dell’atto).
Per gli immobili strumentali, in deroga al principio di alternatività IVA/Registro
– ai sensi del combinato disposto dell’articolo 40 del TUR e dell’articolo 5, comma 1, lett. a-bis), della Tariffa, parte prima, del medesimo testo unico, il contratto sconta l’imposta di registro in misura proporzionale (1 per cento) indipendentemente dal regime IVA di imponibilità o di esenzione al quale
l’operazione è soggetta.
Tipologia di fabbricati IVA Registro
Strumentali Esente Proporzionale (1%)
Strumentali Imponibile Proporzionale (1%)
La base imponibile è data dall’ammontare complessivo della quota dei canoni imputabile al godimento dell’immobile, per l’intera durata dello stesso, ai sensi dell’articolo 43, comma 1, lettera h), del TUR.
Ai sensi dell’articolo 17, comma 3, del TUR, l’imposta può essere assolta sul corrispettivo pattuito per l’intera durata del contratto, ovvero sull’ammontare del canone relativo a ciascun anno.
Per quanto attiene alle quote di canone da imputare a corrispettivo di vendita, soggette ad imposta sul valore aggiunto, in base al principio di alternatività IVA/Registro, di cui all’articolo 40 del TUR, l’imposta di registro è dovuta nella misura fissa di euro 200 (circolare 29 maggio 2013, n. 18).
Trattamento fiscale per i concedenti che non agiscono in regime di impresa
Imposte sui redditi
Con riferimento ai soggetti che non operano in regime di impresa, la quota del canone stabilita per la concessione in godimento dell’immobile, non essendo corrispettivo del trasferimento della proprietà dell’immobile stesso, deve essere assoggettata a imposizione in base alla disciplina dei redditi fondiari. Per quanto detto al par. 2 tale concessione in godimento dell’immobile deve essere assimilata, ai fini fiscali, alla locazione.
L’articolo 26 del TUIR prevede che “i redditi fondiari concorrono indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale….per il periodo d’imposta in cui si è verificato il possesso”. Per la determinazione del reddito derivante dal possesso di fabbricati, l’articolo 37 del TUIR stabilisce, al comma 1, che “Il reddito medio ordinario delle unità immobiliari è determinato mediante l’applicazione delle tariffe d’estimo” e al successivo comma 4-bis che “Qualora il canone risultante dal contratto di
locazione, ridotto forfetariamente del 5 per cento, sia superiore al reddito medio ordinario di cui al comma 1, il reddito è determinato in misura pari a quella del canone di locazione al netto di tale riduzione”.
Per l’applicazione delle disposizioni richiamate, assume rilievo la circostanza che il proprietario/concedente rimanga titolare del diritto di proprietà dell’immobile e sia, pertanto, il soggetto passivo cui vanno imputati i relativi redditi fondiari fino a quando il conduttore non eserciti il diritto di acquistare l’immobile (entro i termini previsti dal contratto).
Conseguentemente le quote dei canoni previste a fronte del godimento dell’immobile devono considerarsi per il proprietario/concedente quali redditi di fabbricati e devono essere assoggettate ad IRPEF in base alle regole dettate dal richiamato articolo 37, comma 4-bis, del TUIR per le locazioni, secondo cui se il canone risultante dal contratto di locazione, ridotto forfetariamente del 5 per cento, sia superiore al reddito medio ordinario (c.d. rendita catastale), il reddito imponibile è quello del canone di locazione al netto di tale riduzione. Rimangono ferme le maggiori riduzioni forfetarie previste dal medesimo comma 4-bis per talune categorie di immobili. La rendita catastale deve essere rivalutata del 5 per cento ai sensi dell’articolo 3, comma 48, della legge n. 662 del 1996. Ove ricorrano i presupposti previsti dall’articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, il canone derivante dalla locazione per finalità abitative degli immobili ad uso abitativo e delle relative pertinenze può essere assoggettato, su opzione del locatore, al regime della “cedolare secca”. La possibilità di optare per tale regime facoltativo di imposizione è riservata alle persone fisiche titolari del diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento di unità immobiliari abitative locate, che non agiscono nell’esercizio di un’attività di impresa, o di arti e professioni. L’opzione comporta l’assoggettamento del canone di locazione ad una imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle relative addizionali, nonché delle imposte di registro e di bollo sul contratto di locazione. Per approfondimenti si rinvia ai provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 7 aprile 2011 e del 10 gennaio 2014, e ai chiarimenti forniti con le circolari dell’Agenzia delle entrate, tra le quali si segnalano le circolari n. 26/E del 1° giugno 2011 e n. 20/E del 4 giugno 2012.
Registro
Come si è avuto modo di chiarire al paragrafo 3.1.3, per determinare la tassazione applicabile al contratto di godimento in argomento, soggetti a registrazione nel termine fisso di 30 giorni, trovano applicazione i principi di cui agli articoli 20 e 21 del TUR.
Conseguentemente, per quanto attiene alla disposizione che prevede la concessione del godimento dell’immobile a fronte della corresponsione di un canone, deve essere applicata l’imposta di registro nella misura proporzionale del 2 per cento sia con riferimento agli immobili strumentali che abitativi.
Tipologia dei fabbricati IVA Registro
Abitativi Esclusa Proporzionale 2 % Strumentali Esclusa Proporzionale 2%
L’imposta proporzionale può essere assolta annualmente sull’ammontare del canone relativo a ciascun anno, ai sensi dell’articolo 17 del TUR. Come ricordato al paragrafo 3.2.1, inoltre, ove ricorrano i presupposti previsti dall’articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, il reddito derivante dalla locazione di immobili ad uso abitativo può essere assoggettato, su opzione del locatore, al regime della ‘cedolare secca’.
Per quanto attiene, invece, alla quota di canone da imputare a corrispettivo di vendita, deve essere applicata l’imposta di registro nella misura del 3 per cento, ai sensi dell’articolo 9 della Tariffa, parte prima, allegata al TUR, sull’importo complessivo degli acconti pattuiti. Tale disposizione stabilisce, infatti, che “per gli atti diversi da quelli altrove indicati aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale” si applica l’imposta di registro con l’aliquota del 3 per cento.
Si precisa che qualora l’imposta proporzionale di registro applicata in relazione al canone di locazione, unitamente all’imposta proporzionale di registro sull’acconto prezzo risulti complessivamente inferiore all’importo di euro 200, deve essere corrisposta l’imposta di registro nella misura di euro 200.
ESERCIZIO DEL DIRITTO DI ACQUISTO E TRASFERIMENTO DELL’IMMOBILE
Trattamento fiscale per i concedenti/venditori che agiscono in regime di impresa
Imposte sui redditi e IRAP
Qualora il conduttore eserciti il diritto di acquisto – e si proceda, dunque al trasferimento di proprietà del bene – emerge per il concedente, titolare di reddito d’impresa, un componente positivo di reddito.
In particolare, nel caso di immobili merce concorrerà a formare il reddito ilcorrispettivo derivante dalla cessione (al lordo degli acconti) ai sensi dell’articolo 85 del TUIR, mentre nell’ipotesi di immobili strumentali o di immobili patrimonio assumerà rilevanza la differenza tra il prezzo di cessione (al lordo degli acconti) e il costo fiscale dell’immobile, ai sensi dell’articolo 86, comma 2, del TUIR.
Tali componenti positivi (ricavo o plusvalenza) assumeranno rilevanza per il concedente anche ai fini IRAP, secondo le regole ordinarie che caratterizzano il tributo regionale
Iva
Ai fini dell’IVA, in caso di esercizio del diritto di acquisto da parte del conduttore, la base imponibile relativa alla cessione dell’immobile sarà data dal prezzo della cessione decurtato dei soli acconti sulla vendita pagati fino a quel momento dal conduttore e non anche dei canoni versati per il mero godimento, e sarà applicabile la disciplina fiscale dei trasferimenti immobiliari. Il momento di effettuazione dell’operazione di compravendita immobiliare, ai sensi dell’articolo 6, primo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972 va individuato all’atto dell’esercizio del diritto di acquisto da parte del conduttore.
Per quanto concerne il trattamento IVA applicabile alle cessioni degli immobili, si rinvia a quanto già chiarito, con riferimento agli acconti pagati sul prezzo, al paragrafo 3.1.2.
Registro, ipotecaria e catastale.
Per i trasferimenti immobiliari rilevanti ai fini dell’IVA, trova applicazione il regime di alternatività IVA/Registro, di cui all’articolo 40 del TUR, che prevede, in linea generale, l’applicazione dell’imposta di registro nella misura fissa di euro 200.
Com’è noto, tale principio trova una deroga, tuttavia, per i trasferimenti di fabbricati abitativi esenti, di cui all’articolo 10, numero 8-bis), del DPR n. 633 del 1972 e, pertanto, in relazione a tali trasferimenti, si applica l’imposta di registro proporzionale nella misura del 9 o del 2 per cento, (minimo 1000 euro) e le imposte ipotecaria e catastale sono applicate nella misura fissa di 50 euro ciascuna.
Cessioni esenti ex art. 10, comma 1, n. 8-bis, DPR n. 633 del 1972
Registro Ipotecaria Catastale
‘Prima casa’ 2% Fabbricati diversi dalla ‘prima casa’ 9%.
Il menzionato principio di alternatività IVA/Registro trova, invece, piena applicazione per le cessioni di immobili strumentali di cui all’articolo 10, comma 1, n. 8-ter, del DPR n. 633 del 1972.
Ciò comporta che l’imposta di registro, sia nel caso in cui le cessioni siano imponibili IVA, sia se esenti IVA, è dovuta nella misura fissa di 200 euro. Per gli atti aventi ad oggetto immobili strumentali, soggetti ad IVA, si applica, inoltre, il trattamento fiscale previsto dagli articoli 10 e 1-bis della Tariffa 22, allegata al D.LGS 31 ottobre 1990, n. 347 (TUIC), ovvero l’imposta catastale nella misura dell’1% e l’imposta ipotecaria nella misura del 3%. Soggetto IVA ex art. 10, comma 1, n. 8-ter , DPR n. 633 del 1972
IVA Registro Ipotecari a Catastale
22% ovvero 10% ovvero esente 200 3% 1%
Trattamento fiscale per i concedenti/venditori che non agiscono in regime di impresa.
Imposte sui redditi
Il corrispettivo del trasferimento dell’immobile deve essere assoggettato ad imposizione in base alla disciplina dei redditi diversi di cui all’articolo 67, comma 1, lett. b), del TUIR che attrae a tassazione le “plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non
più di cinque anni”. Le quote del canone imputate ad acconto prezzo, costituendo parte del corrispettivo del trasferimento, devono essere assoggettate a imposizione in base alla citata disciplina dei redditi diversi. Tali quote del canone diventeranno imponibili per il proprietario/concedente non durante il periodo di godimento, ma al momento della cessione dell’immobile, ossia quando il conduttore si avvale del diritto di acquistarlo, al ricorrere delle condizioni previste dall’articolo 67 citato, tra cui quella della cessione entro il termine di 5 anni dall’acquisto o costruzione. Diversamente, se la cessione dell’immobile interviene in una data successiva, il corrispettivo che il proprietario riceve non rileva ai fini delle imposte dirette.
Ad esempio, nei confronti di un contribuente, che acquista un immobile il 3 febbraio 2014 e successivamente lo concede in locazione mediante il contratto di cui all’articolo 23 in commento, l’eventuale plusvalenza è assoggettata a tassazione, come reddito diverso, se il trasferimento della proprietà dell’immobile avviene entro il 2 febbraio 2019. Per l’acquirente il termine quinquennale decorrerà dalla medesima data di trasferimento della proprietà dell’immobile. La plusvalenza sarà determinata in base alle regole ordinarie previste dall’articolo 68, comma 1, del TUIR, quale differenza positiva tra il corrispettivo percepito dal conduttore-acquirente, comprensivo delle quote del canone imputate ad acconto prezzo, e il costo di acquisto dell’immobile.
Registro, ipotecaria e catastale
In relazione all’atto di trasferimento dell’immobile, si applica, in linea generale, l’imposta proporzionale di registro, nelle misure previste dall’articolo 1 della Tariffa, parte prima, allegata al TUR e le imposte ipotecaria e catastale nella misura di euro 50 ciascuna.
Cessioni fuori campo IVA Registro (Imposta minima 1.000 euro)
Ipotecaria Catastale
‘Prima casa’ 2% Fabbricati diversi dalla ‘prima casa’ 9%
In relazione alla base imponibile, si precisa che l’imposta di registro deve essere calcolata sul valore del bene, ai sensi degli articoli 43 e 51 del TUR, ossia sul valore dichiarato dalle parti o, se superiore, sul corrispettivo pattuito, fatta salva l’applicazione, ricorrendone le condizioni, del criterio del prezzo-valore di cui all’articolo 1, comma 497, della legge 23 dicembre 2005, n. 266.
Per la determinazione dell’imposta di registro da applicare in sede di trasferimento, si ritiene, inoltre, applicabile la disciplina dettata dalla nota all’articolo 10 della Tariffa, Parte prima, del TUR per i contratti preliminari di compravendita, secondo la quale dall’imposta di registro dovuta per il contratto definitivo deve essere scomputata l’imposta di registro corrisposta in relazione agli acconti prezzo.
La nota posta in calce all’articolo 10 della Tariffa, Parte prima, del TUR stabilisce, infatti, che “Se il contratto preliminare prevede la dazione di somme a titolo di caparra confirmatoria si applica il precedente articolo 6; se prevede il pagamento di acconti di prezzo non soggetti all’imposta sul valore aggiunto ai sensi degli articoli 5, comma 2, e 40 del testo unico si applica il precedente articolo 9. In entrambi i casi l’imposta pagata è imputata all’imposta principale dovuta per la registrazione del contratto definitivo.”
In applicazione di tale disposizione, l’imposta di registro corrisposta in misura proporzionale in relazione alla caparra confirmatoria (0,50 %), se presente, e agli acconti prezzo (3%) deve essere, dunque, scomputata dall’imposta di registro dovuta per il contratto definitivo di compravendita.
Pertanto, anche nel caso di contratto di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili, l’imposta di registro corrisposta nella misura del 3 per cento sugli acconti prezzo (se non soggetti ad IVA) o eventualmente nella misura dello 0,50 per cento sulla caparra confirmatoria, deve essere scomputata, al fine di evitare una doppia tassazione delle medesime somme, dall’imposta proporzionale di registro dovuta per il contratto definitivo di trasferimento.
Si precisa che nel caso in cui l’imposta proporzionale corrisposta per la caparra confirmatoria e per gli acconti di prezzo risulti superiore all’imposta di registro dovuta per il contratto di compravendita definitivo, spetta il rimborso della maggiore imposta proporzionale versata, secondo le regole previste dall’articolo 77 del TUR (circolare 29 maggio 2013, n. 18/E).
MANCATO TRASFERIMENTO DELL’IMMOBILE E RESTITUZIONE DEGLI ACCONTI
Come si è avuto modo di chiarire al paragrafo 1, i contratti di godimento in argomento, come disciplinati dall’articolo 23 del decreto, sono finalizzati al trasferimento dell’immobile, in quanto attribuiscono al conduttore il diritto di acquistare il bene concesso in godimento.
Nell’ambito dell’articolo 23 del decreto sono, peraltro, disciplinate anche le ipotesi in cui le parti non procedono alla conclusione del contratto di compravendita, regolando, nel contempo, le eventuali restituzioni delle somme versate a titolo di corrispettivo del trasferimento.
In particolare, il comma 1-bis dell’articolo 23, disciplina l’ipotesi di mancato esercizio del diritto di acquisto da parte del conduttore, stabilendo che le parti siano tenute ad indicare nell’ambito del contratto la quota dei canoni imputata a corrispettivo che deve essere restituita.
Il comma 5 dell’articolo in argomento disciplina, inoltre, le ipotesi di risoluzione del contratto per inadempimento contrattuale.
Tale disposizione stabilisce che, in caso di risoluzione per inadempimento del concedente, è fatto allo stesso obbligo di restituire al conduttore la parte dei canoni imputata a corrispettivo, maggiorata degli interessi legali.
In caso di risoluzione per inadempimento del conduttore, il concedente ha, invece, diritto alla restituzione dell’immobile e fa propri, in via definitiva, e per l’intero, i canoni a titolo di indennità, se non è stato diversamente convenuto dal contratto.
Trattamento fiscale per i concedenti che agiscono in regime di impresa
Imposte sui redditi e IRAP
Mancato esercizio del diritto di acquisto (articolo 23, comma 1-bis)
Qualora il conduttore non eserciti il diritto di acquisto, il trasferimento della proprietà del bene non si perfeziona e per il concedente non emerge alcun ricavo o plusvalenza rilevante nella determinazione del reddito d’impresa.
In tale ipotesi, assume rilevanza reddituale per il concedente la sola quota di acconto versata durante la locazione dal conduttore, qualora le parti, in sede contrattuale, abbiano stabilito che una quota dei canoni versati in acconto sul prezzo sia trattenuta dal concedente.
In particolare, la quota di acconto non restituita al conduttore rappresenta per il concedente un componente positivo di reddito rilevante ai fini della determinazione del reddito d’impresa.
Anche ai fini IRAP, il predetto componente positivo assume rilevanza per il concedente secondo le regole ordinarie che caratterizzano il tributo regionale.
Risoluzione per inadempimento (articolo 23, comma 5)
In caso di risoluzione per inadempimento del concedente, il comma 5 stabilisce che “lo stesso deve restituire la parte dei canoni imputata al corrispettivo, maggiorata degli interessi legali”.
In tale ipotesi, quindi, il trasferimento della proprietà del bene non si perfeziona e, per il concedente, non emerge alcun ricavo o plusvalenza rilevante nella determinazione del reddito d’impresa.
Per il concedente assumono rilevanza nella determinazione del reddito d’impresa, come interessi passivi, i soli interessi legali che lo stesso è tenuto a corrispondere al conduttore.
Nella diversa ipotesi di risoluzione per inadempimento del conduttore, il medesimo comma 5 stabilisce che “il concedente ha diritto alla restituzione dell’immobile ed acquisisce interamente i canoni a titolo di indennità se non è stato diversamente convenuto nel contratto”.
In definitiva, la risoluzione per inadempimento del conduttore determina i medesimi effetti fiscali previsti in caso di mancato esercizio del diritto di acquisto.
In particolare, per il concedente:
1) non emerge alcun ricavo o plusvalenza rilevante nella determinazione del reddito d’impresa;
2) assume rilevanza reddituale come componente positivo di reddito la sola quota di acconto versata durante la locazione dal conduttore che non deve essere restituita. Anche ai fini IRAP, il predetto componente positivo, rappresentato dalla quota di acconto versata durante la locazione dal conduttore che non deve essere restituita, assume rilevanza per il concedente secondo le regole ordinarie che caratterizzano il tributo regionale.
Iva
Mancato esercizio del diritto di acquisto da parte del conduttore (articolo 23, comma 1-bis)
In caso di omesso esercizio del diritto di acquisto, e di conseguente restituzione al conduttore della quota versata a titolo di acconto sul prezzo, il proprietario è tenuto, ai sensi dell’articolo 26, secondo comma, del DPR n. 633 del 1972, all’emissione di una nota di variazione a favore del conduttore per gli importi
restituiti.
Tale nota di variazione, per il rispetto dei principi fondamentali dell’IVA, deve essere emessa con riferimento all’ammontare complessivo versato dal conduttore a titolo di acconto sul prezzo di vendita – ovvero sia per la parte che viene restituita, sia per la parte che viene trattenuta. Infatti, non verificandosi l’effetto traslativo della cessione, il presupposto dell’applicazione dell’IVA sulle somme relative agli acconti versati dal conduttore sul prezzo di vendita viene a mancare.
Tuttavia, qualora le parti, in sede contrattuale, abbiano stabilito che una quota dei canoni versati in acconto sul prezzo sia trattenuta dal concedente, tale quota, all’atto del mancato esercizio del diritto di acquisto, assume la natura di corrispettivo dovuto per l’esercizio (a titolo oneroso) del diritto riconosciuto al conduttore e, conseguentemente, deve essere assoggettata ad IVA, con aliquota ordinaria, secondo le regole ordinarie previste per le prestazioni di servizi di cui all’articolo 3 del DPR n. 633 del 1972.
Risoluzione per inadempimento (articolo 23, comma 5)
In caso di risoluzione per inadempimento del concedente, il comma 5 stabilisce che “lo stesso deve restituire la parte dei canoni imputata al corrispettivo, maggiorata degli interessi legali”.
In tale ipotesi, il concedente provvede ai sensi dell’articolo 26, secondo comma, del DPR n. 633 del 1972, all’emissione di una nota di variazione a favore del conduttore per gli importi restituiti.
Nella diversa ipotesi di risoluzione per inadempimento del conduttore, il medesimo comma 5 stabilisce che “il concedente ha diritto alla restituzione dell’immobile ed acquisisce interamente i canoni a titolo di indennità se non è stato diversamente convenuto nel contratto”.
In tale evenienza, i canoni trattenuti perdono la natura di acconto sul prezzo di cessione per assumere quella di penalità per inadempimento del conduttore; conseguentemente, il concedente dovrà emettere una nota di variazione ai sensi dell’articolo 26 del DPR n. 633 del 1972, a rettifica del regime impositivo
originariamente applicato a tali somme, per annotarle contestualmente come importi esclusi dal campo di applicazione dell’IVA ai sensi dell’articolo 15 del DPR n. 633 del 1972.
Trattamento fiscale ai fini delle imposte sui redditi per i soggetti che non agiscono in regime di impresa.
Mancato esercizio del diritto da parte del conduttore (articolo 23, comma 1-bis)
Nell’ipotesi di cui al comma 1-bis dell’articolo 23 in cui il conduttore non eserciti il diritto di acquistare l’immobile entro il termine prestabilito, la restituzione da parte del proprietario delle quote dei canoni imputata ad acconto prezzo non assume alcuna rilevanza reddituale né per il proprietario, né per il
conduttore che non agiscano nell’esercizio di impresa. Per il proprietario, la parte dell’acconto prezzo eventualmente trattenuta costituirà un reddito diverso, derivante dall’assunzione di obblighi di permettere
ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lett. l), del TUIR, imponibile per un importo corrispondente a quanto trattenuto. Tale importo, in sostanza, remunera il proprietario per il diritto di acquisto concesso al conduttore in sede di stipula del contratto, ancorché il diritto a percepire tale remunerazione sia condizionato al mancato esercizio del diritto di acquisto da parte del conduttore.
Risoluzione per inadempimento (articolo 23, comma 5)
Nella diversa ipotesi di risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore, prevista dal comma 5 dell’articolo 23, le quote dei canoni imputate ad acconto prezzo, eventualmente trattenute dal concedente a titolo di indennità se non è stato diversamente convenuto nel contratto, costituiranno per il concedente redditi diversi derivanti dall’assunzione di obblighi riconducibili a quelli di fare, non fare e permettere, di cui alla lett. l) del comma 1 dell’articolo 67 del TUIR, atteso che anche in questo caso viene comunque remunerato il diritto di acquisto concesso al conduttore.
Registro
In caso di mancato esercizio del diritto di acquisto da parte del conduttore, ai sensi del comma 1-bis dell’articolo 23 ovvero di risoluzione del contratto per inadempimento, ai sensi del successivo comma 5, non si dà luogo alla restituzione dell’imposta di registro corrisposta nella misura del 3 per cento,
applicata in relazione alla quota di canone assimilata ad acconti prezzo, anche nel caso in cui il concedente proceda alla restituzione di tali somme al conduttore. Tale principio appare coerente con i chiarimenti già forniti da questa amministrazione in relazione all’imposta di registro corrisposta in occasione della registrazione dei contratti preliminari di vendita con la circolare 10 giugno 1986, n. 37. In tale sede, è stato, infatti, chiarito che nel caso in cui a seguito della conclusione del contratto preliminare non si proceda alla stipula del definitivo, le somme riscosse in sede di registrazione del preliminare rimarranno definitivamente acquisite all’erario.
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