Infatti il testo approvato (comma 256 dell’art. 1 del ddl AC2679-bis-B approvato dalla Camera in via definitiva) prevede che le disposizioni recate dall’articolo 9,comma 21, primo e secondo periodo delDL 78/2010, prorogate fino al 31 dicembre 2014 dal DPR 122/2013, sono ulteriormenteprorogate fino al 31 dicembre 2015.
Per l’effetto, quindi la proroga non riguarderebbe il blocco del trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti e (DL 78/2010 articolo 9, comma 1), il blocco del trattamento accessorioall’ammontare erogato nel 2010 (comma 2-bis), e il blocco deglieffetti economici delle progressioni di carriera, per il personale contrattualizzato e non contrattualizzato (comma 21, terzo e quarto periodo medesimo articolo).
Ma, perdurante il blocco della contrattazione collettiva nazionale, quali risorse sarebbero oggetto della contrattazione decentrata?
Se non è prorogato il blocco del trattamento accessorio all’ammontare erogato nel 2010, il fondo può essere incrementato mediante le c.d. risorse aggiuntive. Per esempio, con la RIA del personale cessato in sanità, con le somme derivanti da disposizioni che incentivano nei Comuni la lotta all’evasione fiscale, e altre disposizioni specifiche.
Inoltre, com’è noto, in presenza di diminuizioni di personale l’amministrazione era obbligata a ridurre proporzionalmente il fondo per il trattamento accessorio. Le modalità di calcolo sono state illustrate nella Circolare della Ragioneria Generale dello Stato n. 12/2011 e nel documento della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome del 13/10/2011.
In sintesi, si procedeva alla riduzione facendo riferimento ad un valore medio, cioè ipotizzando che ogni lavoratore “pesa” sul fondo in modo uguale a tutti gli altri.
Evidentemente così non è, per cui quando sono andati in pensione i lavoratori “anziani” con fasce retributive più elevate, l’importo ridotto nel fondo è minore di quello effettivamente riferibile al lavoratore cessato.
La differenza non era utilizzabile tramite il meccanismo delle progressioni economiche, cioè con l’attribuzioni di fasce economiche più alte, attesi i divieti posti dal D.L. n.78/2010.
La conseguenza, è che in questi anni (dal 2011 al 2014) ormai gli enti dovrebbero aver accumulato (soprattutto quelli più grossi) un discreto “tesoretto”.
Quindi, in conclusione, dal 1° gennaio 2015 le progressioni economiche possono essere disposte, utilizzando le risorse risparmiate in questi anni e incrementando l’ammontare delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, alle condizioni previste dall’attuale contrattazione nazionale.
Quali accordi? Il nuovo avvio della contrattazione integrativa/decentrata dovrebbe sicuramente porre al centro l’adeguamento dei contratti al D.Lgs. 150/2009.
Infatti i contratti decentrati stipulati prima dell’entrata in vigore del citato decreto, hanno cessato ope legis (art. 65 D.Lgs. 150/2009) la loro efficacia al 31/12/2012, per cui ogni utilizzazione del fondo in riferimento a tali contratti è illegittimo (cfr. Servizi Ispettivi della Ragioneria Generale dello Stato, “Relazione sulla verifica amministrativo contabile a Roma Capitale“, p. 202).
Inoltre in questi anni la Corte dei Conti (ex multis: Corte dei Conti Appello sent. 298/2013, 359/2014, 387/2014, Corte dei Conti Campania sent. 231/2013, 1006/2014, ) e la Ragioneria Generale dello Stato (cfr. “Massimario dei rilievi ispettivi 2010″, e “Le risultanze delle indagini svolte dai SIFIP in materia di spese di personale del comparto regioni ed enti locali-2011“) hanno fortemente criticato la distribuzione di premialità “a pioggia”. Quindi la nuova tornata contrattuale a livello locale, dovrebbe prevedere dei meccanismi di distribuzione del trattamento accessorio non più legati a criteri automatici (presenza in servizio, qualifica posseduta), ma con criteri legati alla valutazione delle prestazioni, esigendo un’adeguata differenziazione della stessa.
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