Legge di stabilità 2015, terrore Iva: gli aumenti che verranno

Redazione 27/10/14
Legge di stabilità 2015, il diavolo, come al solito, sta nei dettagli. Mentre la finanziaria, pur tra mille difficoltà, si appresta a cominciare il suo cammino in aula, prende corpo un’ipotesi shock. L’Iva al 25,5% – sì, del 3,5% più alta del massimo attuale – non è un incubo, ma, nel giro di pochi anni, potrebbe diventare realtà.

Con i mille dubbi della Ragioneria di Stato, le titubanze del presidente Napolitano – che alla fine ha comunque firmato il ddl – e i tagli ad alcune misure annunciate come eclatanti – vedi il bonus bebè, che rischia di essere un flop – il cammino della finanziaria è cominciato in salita.

A quasi due settimane dall’approvazione in Consiglio dei ministri, infatti, il ddl di bilancio non ha ancora cominciato il suo esame in Parlamento, dove potrebbe comunque mutare pelle radicalmente, anche per effetto delle modifiche che i vari gruppi o ministeri chiederanno di introdurre.

Perché può aumentare l’Iva

Ma il vero rischio, per i consumatori e i contribuenti italiani, si annida nella famosa clausola di salvaguardia. E’ questo lo spettro che rischia di materializzarsi se i parametri prefissati di spending review non saranno raggiunti secondo i criteri definiti in finanziaria.

Ebbene, nella legge di stabilità 2015 sono contenuti tre aumenti dell’Iva, che potrebbero portare da qui al 2018, a un incremento record dell’imposta, con la fascia del 10% che potrebbe toccare il 13% nel 2017, e quella del 22% che dovrebbe arrivare al 24% nel 2016, per poi assestarsi a un incredibile 25,5% nel 2018. Nell’arco di quattro anni, insomma, questo potrebbe essere il quadro se gli obiettivi di risparmio che il governo ha fissato per ottener ei vari via libera – con riserva – sulla manovra non saranno raggiunti. Per non farsi mancare nulla, poi, aumenteranno anche le accise sui carburanti.

E, a vedere gli esempi recenti, non c’è molto da stare tranquilli. Nei casi più recenti in cui si è fatto ricorso a questo strumento, infatti, si è registrato sia l’ultimo aumento dell’imposta sui consumi, che la mancanza di detrazioni sulla Tasi, che avrebbero dovuto allinearla al regime fiscale dell’Imu che l’aveva preceduta.

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