Si tratta di una misura che, in realtà, non apporta modifiche radicali al Codice attualmente in vigore, ma consente a chi è coinvolto in un procedimento al momento in primo o secondo grado, di rivolgersi al procedimento arbitrale.
Quali sono le condizioni
Oggetto della vertenza devono essere i cosiddetti diritti disponibili, a esclusione di quelle controversie che riguardino materie di lavoro, previdenza o assistenza sociale.
La richiesta delle parti in causa andrà presentata in modalità congiunta, secondo quanto contenuto nel titolo VIII del libro IV del Codice di procedura civile.
A tal proposito, il decreto 132 altrimenti noto come riforma della giustizia civile, pubblicato in Gazzetta ufficiale lo scorso 12 settembre indica come gli arbitri vadano identificati come accordo tra i due litiganti oppure su indicazione del presidente del Consiglio dell’ordine, tra i professionisti che abbiano maturato almeno tre anni di presenza nell’albo dell’ordine circondariale.
In aggiunta, l’articolo 1 prevede che la controversia approdata in sede giudiziaria, di fronte alla contestuale richiesta delle parti, debba proseguire “davanti agli arbitri. Restano fermi gli effetti sostanziali e processuali prodotti dalla domanda giudiziale e il lodo ha gli stessi effetti della sentenza.”
Da sottolineare, comunque, la previsione del comma 4 che fissa il paletto all’emanazione del lodo entro i 120 giorni dall’accettazione della nomina da parte del collegio per cause pendenti in sede di appello, il punto dell’iter giudiziale in cui arenano la maggior parte delle vertenze.
I compensi. Ancora non si conoscono con esattezza gli importi che spetteranno agli arbitri nominati, che saranno elencati con apposito decreto del ministero della Giustizia.
Di questo e altri argomenti si discuterà nel convegno del prossimo 7 novembre. QUI TUTTE LE INFORMAZIONI
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