L’economia del benessere, che punta sulla disponibilità dei beni materiali e sulla crescita del reddito, è adeguata per una migliore qualità della vita?
Io non sono in grado di rispondere a questa domanda, ma lo può fare Sen Amartya Kumar, di cui vorrei essere un’attenta discepola.
Intanto mi avvio al tirocinio, descrivendone il pensiero, che spero, almeno questo, di aver compreso per la sua profondità.
La scienza economica si focalizza sulle utilità, sui redditi e sulla ricchezza, Sen, invece, pone l’attenzione sul valore della libertà e dei diritti umani. La sua analisi guarda al comportamento individuale e alle conseguenze sociali e politiche delle decisioni economiche, affermando l’importanza di assicurare a ogni individuo, anche attraverso adeguate politiche sociali, la libertà di condurre l’esistenza che ciascuno sceglierebbe di condurre.
Per raggiungere detto obiettivo bisogna, per Sen, eliminare gli ostacoli istituzionali, culturali, sociali e religiosi che creano discriminazioni. Le ingiustizie, infatti, sono la conseguenza della diversità tra gli esseri umani in relazione alle caratteristiche personali e ambientali.
La ricerca delle cause che rendono gli individui diseguali connoterà il cammino faticoso di Sen, volto ad attribuire al concetto di eguaglianza un significato diverso dalla prospettiva utilitaristica.
Tutti debbono potere effettuare le scelte fondamentali in ambito sociale, politico ed economico, rispetto alle quali la volontà del singolo è sovrana.
La libertà, quindi, deve essere il principio guida per quei soggetti che danno rilevanza all’agire libero e all’essere in grado di scegliere.
Sen muove delle critiche nei confronti dei due principi che caratterizzano la tradizione utilitaristica: la sostanziale identità tra i concetti di utilità e benessere e l’esistenza di una diretta relazione tra quantità di beni posseduti e utilità acquisita.
Dette obiezioni nascono da una considerazione semplice: il significato di persona non può circoscriversi alla sola attività di consumo. L’utilità, infatti, non è l’unica fonte di benessere, dato che questo è determinato anche da motivazioni personali e morali.
Nel pensiero di Sen sono incisi i valori di eguaglianza, libertà e capacità.
Ma la domanda fondamentale a cui bisogna dare una risposta, è: “eguaglianza di che cosa?”.
Questa domanda accompagnerà la vita di Sen, che a seguito di un evento drammatico (la morte per inedia di un uomo sui gradini della scuola del villaggio del Bengala dove Sen vive da bambino), cercherà di analizzare le cause che rendono gli esseri umani diseguali.
E’ proprio la risposta a questa domanda che rende differente l’approccio alle esigenze di eguaglianza, che seguirà la faticosa ricerca di idee astratte utili per affrontare orrori concreti come le carestie.
La scelta dell’uguaglianza di base, aspetto fondamentale per una giusta considerazione della giustizia sociale e dell’etica politica, ha un significato pratico visto che, a tale scopo, bisognerà definire le esigenze fondamentali di base, accettando, all’occorrenza, le diseguaglianze in spazi considerati periferici.
L’approccio di Sen delle capacità riguarda, non solo la valutazione dello star bene, ma anche quella della libertà. Ed è perciò che guarda la povertà dal punto di vista dell’insufficienza della capacità di base piuttosto che dell’insufficienza del reddito.
La rilevanza del reddito sta nel fatto che esso rappresenta un mezzo, tra tanti, per ottenere la libertà.
Libertà ed uguaglianza, per Sen, sono complementari.
La libertà è uno dei possibili campi d’applicazione dell’eguaglianza, e l’eguaglianza è una delle possibili configurazioni della distribuzione della libertà. Il superamento delle condizioni di povertà e di sottosviluppo si ottiene attraverso la promozione delle libertà e le opportunità di scelta.
Per avversare le diseguaglianze bisogna, perciò, combattere le diseguaglianze sostanziali e le gravi ingiustizie.
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