Lo schema di bilancio deve essere proposto dal sindaco metropolitano, adottato dal consiglio metropolitano, in una sorta di prima lettura, e sottoposto al parere della conferenza metropolitana.
Il secondo organo assembleare dell’istituzione di area vasta esprime il proprio parere, approvandolo con una maggioranza che deve soddisfare due requisiti, la maggioranza della popolazione ed un terzo dei comuni.
A questo punto lo schema di bilancio torna al primo organo assembleare ed il consiglio metropolitano, in seconda lettura, può finalmente approvare lo strumento di programmazione.
Il consiglio metropolitano è l’organo d’indirizzo e controllo della città metropolitana, mentre la conferenza metropolitana è l’organo consultivo (soltanto eccezionalmente deliberativo). Il consiglio è composto dal sindaco metropolitano (che lo presiede) e da un certo numero di consiglieri (24 per le città metropolitane con popolazione superiore a 3 milioni di abitanti, 18 per quelle con popolazione tra 800 mila e 3 milioni, 14 nelle altre città metropolitane), mentre la conferenza è composta dai sindaci dei comuni che costituiscono la città metropolitana.
La doppia maggioranza richiesta alla conferenza metropolitana per esprimere il parere (voti che rappresentino un terzo dei comuni e la maggioranza della popolazione complessivamente residente) rischia di generare una sorta di potere di veto da parte del comune capoluogo (che vanta, in alcuni casi, un numero di abitanti superiore alla metà della popolazione complessiva della città metropolitana).
D’altro canto non è fantasiosa l’ipotesi che la doppia maggioranza non si raggiunga per un contrasto di opinioni (e di interessi) tra i comuni più popolosi e quelli più piccoli, numericamente più consistenti.
In questo caso, la complicata procedura prevista dalla L. 56/2014 rischia di paralizzare l’approvazione del bilancio.
Il parere della conferenza è sicuramente obbligatorio, per quanto la dottrina non lo ritenga vincolante.
Vi sono autorevoli commentatori che ritengono possibile che “lo statuto fissi un termine per l’espressione del parere da parte della conferenza, consentendo al consiglio metropolitano, una volta scaduto il termine, di procedere all’approvazione dei bilanci anche in assenza del parere della conferenza” (vedi “Città metropolitane, province, unioni e fusioni di comuni”, di Luciano Vandelli, Maggioli editore, 2014).
La soluzione, per quanto logica e di buon senso, non è, però, direttamente riscontrabile nella lettera della legge, che prevede l’approvazione del bilancio solo a seguito del rilascio del parere espresso dalla conferenza (comma 8, dell’art. 1, della L. 56/2014).
Non si può nemmeno ipotizzare che l’assenza del parere, entro un dato termine, possa interpretarsi come assenso alla proposta, perché la legge prevede che il giudizio sia “espresso”.
E’ vero, però, che l’ultimo capoverso del comma 8 sancisce che i poteri propositivi e consultivi della conferenza metropolitana si esercitino secondo quanto previsto dallo statuto.
In assenza di una soluzione statutaria, il mancato rilascio del parere (così come, sicuramente, la mancata approvazione dello statuto) potrebbe configurare un inadempimento rispetto ad un obbligo di legge.
La possibile attivazione dell’intervento sostitutivo non potrebbe, però, certamente estendersi allo scioglimento dell’organo, essendo la conferenza formata da sindaci democraticamente eletti per espletare, in via principale, altre funzioni.
L’architettura istituzionale della L.r. n. 8/2014 in Sicilia è diversa. Per quanto si tratti ancora di una legge-cornice, sembra potersi asserire che nell’Isola l’approvazione dei bilanci avverrà secondo le classiche procedure degli enti locali. La Giunta metropolitana adotterà lo schema di bilancio ed il consiglio metropolitano approverà definitivamente lo strumento finanziario.
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